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“Oggi purtroppo abbiamo ancora tanti compagni e compagne succubi della repressione di Sebastian Piñera, stiamo lottando per la libertà dei prigionieri politici, per la libertà dei prigionieri politici Mapuche”. Con queste parole di denuncia Geraldine Diaz, attivista della Red Internacional por la defensa del pueblo Mapuche, ha aperto la manifestazione “Solidarietà con il Cile in lotta” tenutasi a Milano davanti al consolato cileno. Un presidio svoltosi a 2 anni dalla rivolta cilena per ricordare le oltre 60 vittime della politica repressiva fascista del presidente cileno Sebastian Piñera. All’evento, al di là della Red Internacional, era presente anche il Movimento culturale internazionale Our Voice, il quale, oltre al classico intervento ha contribuito con un’esibizione artistica. Un simbolo, l’arte, per ricordare quanti sono morti in suo nome, in Cile e in altri paesi del Sud America: come il celebre cantautore Victor Jara, che per la sua arte rivoluzionaria e di denuncia venne torturato ed ucciso dalla dittatura di Augusto Pinochet.

Il messaggio generale espresso dai movimenti e dalle associazioni presenti all'evento è stato forte e chiaro. Tutti hanno ribadito la necessità immediata di “combattere questo governo dittatoriale e questo sistema capitalista neo-liberale che opprime il popolo mapuche e cileno”.


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Dopo i molteplici interventi di denuncia gli attivisti e tutti i presenti di sono uniti in un momento di raccoglimento nel quale sono stati letti i nomi di tutte le vittime uccise dall’inizio della rivolta (datata ottobre 2019). Al minuto di silenzio è poi seguita la risposta forte e collettiva “Presente!”. L’ultimo nome letto è stato quello dell’avvocatessa 43enne Denisse Cortés, uccisa una settimana fa dai Carabineros durante la Marcia della Resistenza Indigena. Un modo per esprimere vicinanza a tutti i caduti, ma anche per attaccare l’omertà del governo italiano e il totale disinteresse politico di fronte alle tragiche condizioni sociali ed umanitarie in cui riversa la popolazione cilena.

I manifestanti hanno anche affrontato la drammatica vicenda del popolo Mapuche, fortemente colpito dal governo Piñera. Nelle ultime settimane migliaia di appartenenti alle popolazioni indigene sono scesi in piazza e si sono mobilitati in varie città sud-americane per protestare contro la giornata del 12 ottobre. In effetti, in quella stessa data di 529 anni fa veniva “scoperta l’America” e iniziava allo stesso un genocidio che sarebbe durato fino ai giorni nostri.

Inoltre, è notizia recente la dichiarazione di emergenza costituzionale per la Macrozona meridionale, emanata da Piñera. Lo stato di emergenza si riferisce al territorio circostante dell’Auracania e BioBio. Le due regioni rappresentano per i Mapuche un punto di importanza ancestrale. Solo 150 anni fa, nel 1879, quelle terre furono teatro del più grande genocidio Mapuche attuato attraverso le azioni militari tra Cile e Argentina denominate dai due schieramenti rispettivamente “Pacificacion de la Araucania” e la “Conquista del Desierto”. Con questa guerra Argentina e Cile violarono in modo evidente il diritto internazionale, non rispettando una frontiera già riconosciuta dalla corona spagnola nel 1641 con il trattato di Kilìn. Tale operazione portò nel giro di 35 anni alla dislocazione e al confinamento di circa 80 mila Mapuche in 3 mila “reduciones”. In quello stesso periodo più di 9 milioni di ettari furono assegnati a stranieri e a coloni cileni.


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Capiamo dunque come oggi la scelta di militarizzare ben 72 comuni del territorio ancestrale Mapuche, oltre ad essere un’azione profondamente razzista e colonialista, rappresenti anche un attacco allo storico processo di dialogo con i Mapuche iniziato a luglio di quest’anno, tramite la stesura di una nuova costituzione scritta da un’assemblea guidata proprio dalla Mapuche Elisa Loncon. Di tale militarizzazione e profonda violazione del diritto internazionale si rende responsabile anche la comunità internazionale: con la sua indifferenza, con il suo silenzio e con la mancata applicazione di sanzioni e di azioni di boicottaggio o di disinvestimento avalla le politiche imprenditoriali e criminali del governo di Piñera. Il Cile ha urgentemente bisogno di una nuova costituzione in cui anche la popolazione indigena veda riconosciuti i propri diritti. Una costituzione in cui si risponda concretamente e finalmente alle esigenze sociali, economiche, politiche ed umanitarie di tutte le comunità degli Indios.

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