\Se c’era ancora qualcosa da fare (detestabile, sotto ogni punto di vista) all’ex amministrazione Macri (seppure ormai lontana dalla Casa Rosada) sul caso Santiago Maldonado, lo ha fatto l'ex ministra della Sicurezza Patricia Bullrich, il cui poco buonsenso e mancanza di rispetto (e malignità) rimarranno ai posteri. La Bullrich non poteva avere idea migliore (non sappiamo se il 1 agosto o in altro momento) che posare per un foto-video, seduta su una staccionata della rotta strada 40, all’ingresso del Pu Lof Cushamen, territorio mapuche, nella provincia di Chubut, avallando, con la sua "presenza" e il suo messaggio “in situ”, la sua posizione - quasi criminale e decisamente provocatoria - che il caso Maldonado è stata una "storia kirchnerista" e che "il governo insiste con la menzogna dicendo che Santiago Maldonado fu fatto sparire". Il tutto proprio nella commemorazione del quarto anniversario dalla sparizione forzata seguita dalla morte dell'artigiano, all'età di 28 anni, calpestando, nel modo più grottesco, immorale e fascista, il giusto appello della famiglia Maldonado, affinché sia fatta giustizia una volta per tutte.
Immediata la condanna e le critiche alla Bullrich, dopo la diffusione a mezzo stampa del video. La signora Bullrich, di signora ormai ha ben poco ogni volta che apre bocca, perché il ruolo che più le si addice è quello di villana, con l’immagine di estrema indecenza che rappresenta lei come persona, e nel suo incarico istituzionale, che ha distrutto, per sua stessa volontà e del suo partito, che ha uguale responsabilità nelle espressioni razziste e dispregiative verso la famiglia Maldonado e verso le comunità mapuche argentine.
Patricia Bullrich, la cui sola permanenza, oggi come oggi, nello scenario della vita politica argentina è già altamente nociva, continua ancora oggi a non avere neanche un briciolo di rimorso o educazione quando si tratta di guardare indietro, rivedere il suo percorso come funzionario pubblico, promuovendo con particolare impegno e costanza, più l’insicurezza che la sicurezza pubblica. Continua ad offendere i vivi ed i morti e, con particolare disprezzo, continua ostinata nella posizione da lei adottata sia quel 1° agosto 2017 che successivamente, nei riguardi delle comunità mapuche, dalla sua poltrona della Casa Rosada, insieme al suo alleato di malefatte, Mauricio Macri.
"Tutto questo provoca profonda indignazione e rabbia, perché ci siamo trovati completamente soli, Bullrich ha usato lo Stato ed ora un partito politico. Ogni volta che parlo di Santiago salta fuori il suo esercito di trolls ad attaccare con una bassezza terribile. Domenica hanno mostrato la foto del cadavere di Santiago, al quale avevano tolto la vita, e dopo quattro anni continuano denigrarlo”, ha detto Sergio Maldonado intervistato da giornalisti di AM 750. "Ieri ci siamo trovati soli contro questo apparato, quattro anni fa sembrava che il caso servisse elettoralmente ed ora è tutto dimenticato in qualche armadio. Vogliamo solo sapere cosa gli hanno fatto, la Corte Suprema ha paralizzata la causa”.
"Quel partito politico alza le bandiere della violazione dei diritti umani e dello sputare sulla vita delle persone, di noi familiari che continuiamo a lottare, e questo mi provoca molta tristezza, e quella donna a cavallo di una che si rende ridicola, ma il peggio non è quello, ma il fatto che la lotta è disuguale”.
“Domenica 1 agosto era un giorno soleggiato, dubito che il video di Bullrich sia stato girato quel giorno… Cioè mentono perfino sulla data in cui fanno quello che fanno. Ho fatto un comunicato accanto al posto dove fu trovato Santiago, e ho potuto comprovare che è una totale menzogna che sia stato lì, perché nel rastrellamento nelle acque non è stato trovato quel 17 ottobre, e tanto meno quando andarono a prendere le misure, il 12 dicembre”.
Il nostro redattore e collega di Antimafia Dos Mil, José Guzmán, si trovava nel luogo dei fatti lo scorso 1° agosto, insieme alle comunità mapuche, e non hanno visto un solo capello dell'ex ministra della sicurezza; al contrario, la loro partecipazione giornalistica ha testimoniato la mobilitazione pacifica dei mapuche sulla strada 40 informando automobilisti e camionisti sul caso Maldonado, affinché sia fatta giustizia e sia preservata la memoria dell'artigiano, la cui immagine e impegno, hanno fatto il giro della regione e del mondo, come esempio di solidarietà verso la causa mapuche che rientra nelle battaglie per la sopravvivenza che si trovano ancora ad affrontare in territori dell'America Latina i popoli originari, per non essere assoggettati dall'uomo bianco, seduto al potere - economico, politico e poliziesco - di turno.
Le lotte cittadine, sociali e rurali, e contadine, in terra sudamericana sono la quotidianità, così come lo sono le persecuzioni e le sottomissioni da parte dei potenti di un sistema di vita oppressivo ed estrattivo, per favorire sempre i settori più privilegiati, che hanno tra le loro file personaggi nefasti, come la Bullrich, tra altri. Ma la lotta per far emergere la verità rimane intatta, per quanto si continui a diffondere menzogne, perché ci sono donne e uomini, e molti giovani, che hanno coerenza e coscienza sociale, e che non permetteranno che si continuino a commettere oltraggi e, ancor più, non permetteranno che l’impunità la faccia da padrona.
Sono molteplici i casi di abusi commessi da wincas, ma l’amministrazione Macri ha vinto tutti i trofei possibili, in un mondo dove le avversità abbondano quando si tratta di ottenere guadagni dopo aver spogliato i legittimi abitanti di molte delle terre del pianeta. Terre che ancestralmente appartenevano a chi ama la natura, e non a chi la sfrutta con progetti specificamente speculativi. Progetti di una civiltà che, in non poche occasioni, non rispetta la Pachamama, e promuove ed incentiva pratiche denigratorie, pagando i loro servitori con potere istituzionale che li ipnotizza con le ricchezze del denaro, senza capacità di discernere, rispetto alla vita umana.
Al punto che le forze di sicurezza si trasformano in forze (di estrema insicurezza) del terrorismo di Stato, inflessibile gestrice e autrice di morti, sofferenze umane, quando ci sono repressioni e mancanza di controllo. Espressione di autoritarismo e abuso di potere, abuso di forza e abuso istituzionale che sarà sempre alimentato e coperto da personaggi sinistri - che non mancano mai - come la stessa Bullrich, Nocetti, Cané, Otranto, Avila, per citare alcuni esempi, perché l'elenco - se andiamo in profondità del governo di Macri, e anche di quello attuale - sarebbe molto più esteso, purtroppo.
Questo è avvenuto in quelle terre del Pu Lof Cushamen, dove si perse una vita, quel 1° agosto di quattro anni fa. La vita di un giovane uomo, fedele alle proprie idee e a quelle delle comunità mapuche, così come dovremmo fare tutti noi che ci sciacquiamo le labbra - a volte con esagerata ricorrenza – valorizzando i sacrifici dei popoli originari, ma che poche volte scendiamo in piazza come fece il winca Santiago Maldonado "Lo Stregone", dagli occhi celesti, dallo sguardo tenero e dalla coscienza molto elevata - esempio, innanzitutto - del senso di militanza verso la causa mapuche e il modo di mettere in pratica la lotta sociale, nei nostri giorni. E il suo esempio gli costò la vita. E a noi rimane la lotta per rivendicarlo, affinché la sua morte non sia la nostra eterna vergogna, quella che cresce con il passare dei giorni e degli anni, se l'impunità dei criminali ha la meglio su di noi e ci ruba la poca dignità che può raggiungere questa umanità, che permette questo tipo di attentati contro la vita umana e l'onestà di uomini e donne che, come Santiago, hanno dedicato la propria vita a lottare senza ipocrisie per cause giuste, dentro e fuori le frontiere argentine.
Il 1° agosto, di questo 2021, lo scenario naturale del territorio mapuche del Pu Lof Cushamen, nel sud argentino, sulla rotta 40, non è stato propizio solo per ricordare Santiago, ma anche per accogliere il messaggio di Sergio, suo fratello. Un messaggio forte, sincero e diretto, sulle rive del fiume Chubut, dove fu trovato il corpo di Santiago, dopo 78 giorni dalla sua sparizione forzata.
“Non sto chiedendo che il Potere Esecutivo intervenga nel Potere Giudiziario, la mia richiesta è che abbiano una ferma decisione e volontà politica, affinché ci siano dei progressi nella causa. Questo è necessario e urgente, per garantire il Nunca más in democrazia e che non ci siano mai più sparizioni forzate come l'anno scorso con Luis Espinoza e Facundo Castro. Stare vicini ai familiari delle vittime di violenza dello stato non significa solamente scrivere un messaggio nei social ad ogni anniversario, ma garantire un accesso reale alla giustizia, affinché possiamo arrivare alla verità. Dovrebbero avere una posizione chiara e mantenerla non solo quando si è all’opposizione, bensì quando si è al governo”.
Dovremmo tutti, avere una posizione chiara.
Foto di copertina: Cattura video, Facebook di Sergio Maldonado