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Fernando Karadima, protagonista di uno dei casi più emblematici di abusi sessuali all'interno della Chiesa Cattolica in Cile, è morto all'età di 90 anni senza aver scontato alcuna condanna. Secondo il giudizio di diversi avvocati, politici ed attivisti per i diritti umani il caso dell'ex sacerdote "rappresenta l'impunità nella sua massima espressione".
La morte dell'ex sacerdote Fernando Karadima, allontanato dalla vita religiosa da parte del Vaticano, dopo che erano stati provatamente accertati una serie di delitti sessuali su minori, ha causato reazioni furibonde nel paese dato che l'ex clerico non è stato mai condannato per i suoi crimini perché andati in prescrizione, in base alla giustizia cilena.
Juan Carlos Cruz, James Hamilton e José Andrés Murillo, denuncianti dell'ex religioso, prima con un messaggio pubblico poi attraverso i socials, hanno dichiarato: "È morto Fernando Karadima, ex sacerdote cattolico che ha abusato sessualmente e spiritualmente di molte persone, tra cui noi", e hanno sottolineato che “tutto quello che dovevamo dire su Karadima è stato detto. Era solo uno dei tanti anelli in questa cultura di perversione ed insabbiamento vigente nella chiesa".  "Noi stiamo in pace e vogliamo solo continuare a lottare affinché questi crimini non vengano più commessi e per le tante persone che li hanno vissuti e che ancora non hanno giustizia", hanno dichiarato.
Bisogna ricordare che nel 2018 il Vaticano ne aveva firmato la sentenza di espulsione dal sacerdozio per mano di papa Francesco, sentenza arrivata dopo un processo canonico derivante da una serie di denunce per abusi sessuali a suo carico.  E proprio in questo contesto le testimonianze di Juan Carlos Cruz, James Hamilton e José Andrés Murillo sono state gli elementi chiave per portare alla luce uno dei casi più emblematici che ha riguardato il clero.  Da parte sua, il direttore della Fondazione Iguales y Espacio Público, Paolo Simonetti, ha affermato che le denunce per abusi sessuali contro Karadima "hanno rappresentato l'inizio dello svelamento della orribile doppia morale della Chiesa Cattolica nel nostro paese rispetto la sessualità, che condannava la sana e libera sessualità di tutti mentre nascondeva violenze ed abusi".
"A partire da quel momento il potere che ha sempre esercitato la Chiesa attraverso le istituzioni statali, opprimendo le donne e la diversità sessuale, ha cominciato a perdere forza, tanto che alla fine potremmo giungere alla piena uguaglianza di questi gruppi storicamente discriminati", ha aggiunto. Per questo "dobbiamo manifestare la nostra riconoscenza a coloro che hanno denunciato l'ex sacerdote 'per il loro valore e la loro tenacia. Ciò che hanno fatto sembrava impossibile ma alla fine hanno messo alla sbarra tutta la chiesa cilena, complice e corrotta".

“Non ha mai ammesso, non ha mai chiesto perdono”
In base a quanto indicato su Radio ADN "non ha mai ammesso, non ha mai chiesto perdono, ed è morto senza aver fatto un minimo atto di umiltà, atto fondamentale per una persona che si professava cristiana o cattolica".  "La Chiesa Cattolica aveva cercato di contenere lo scandalo. Lo aveva sospeso dal sacerdozio, sistemato in un residence, sottraendogli tutto il potere di cui disponeva", ha concluso.  L'avvocato e costituzionalista Bárbara Sepúlveda, dal canto suo, si è lamentata del fatto che Karadima sia "l'ennesimo abusatore sessuale di minori che muore nella impunità che gli concede la Chiesa Cattolica".  Alle sue parole si sono aggiunte quelle dell'avvocato specializzato in Diritti Umani Rodrigo Mallea che ha espresso il suo parere circa la morte dell'ex clerico: "Karadima è morto e spero che bruci all'inferno".
Jaime Fuentes, avvocato ed attivista LGBTQ+, è rammaricato per il fatto che Karadima è morto "senza passare neanche un giorno in carcere per tutti quei bambini e quelle bambine dei quali ha abusato sessualmente. L'impunità nella sua massima espressione". Dopo la morte del sacerdote il giornalista Daniel Matamala ha ricordato i senatori e gli imprenditori che lo difesero pubblicamente e che, in alcuni casi, facevano parte della sua rete di protezione.  "È morto nella totale impunità, senza essere condannato dalla giustizia cilena poiché i crimini sono stati considerati prescritti. L'insabbiamento è andato avanti per molto tempo attraverso la rete di protezione presente sia all'interno che all'esterno della Chiesa", ha aggiunto. In merito a ciò ha ricordato che "l'imprenditore Eleodoro Matte, uno dei più potenti nel paese e membro del circolo intimo di Karadima, si era incontrato con il Giudice Nazionale Sabás Chahuán affinché le indagini fossero svolte in maniera rapida dato il legame di amicizia con Karadima".
Il senatore Manuel José Ossandón ha dichiarato: "Non possono aver abusato, saranno omosessuali, hanno indossato una veste che non gli appartiene. Per me questo non è abuso". Inoltre ha ricordato che "qualche anno dopo la condanna, il senatore Iván Moreira ha attaccato più volte uno dei denuncianti dicendogli 'sei un piagnone. Voi volete distruggere la Chiesa per imporre l' agenda del diavolo".  Daniel Matamala ha concluso la sua riflessione dicendo che "sono imprenditori potenti, politici importanti quelli che si sono impegnati ad accusare le vittime di un abusatore, di un predatore sessuale. Ciò ha fatto si che una persona come Karadima non venisse giudicato dalla giustizia cilena e i suoi abusi sono continuati per tanto tempo. È importante non dimenticarlo".

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