Oltre a Pablo Arturo Guerra Camacho, nel registro degli indagati anche l’ex presidente argentino Mauricio Macri
È stato arrestato lo scorso 23 luglio Pablo Arturo Guerra Camacho, l’ex capo di Stato delle Forze armate della Bolivia, nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria riguardante la strage di Senkata. Si tratta di un comune del dipartimento di El Alto, nel quale il 19 novembre 2019, le forze di polizia boliviane attuarono una repressione violenta contro le pressanti manifestazioni civili che si stavano svolgendo a favore dell’ex presidente Evo Morales.
La cattura, voluta dal pm Fabio Maldonado, è stata accolta dal tribunale delle indagini preliminari. L’ipotesi elaborata dalla magistratura è che Guerra, insediatosi nei vertici delle Forze Armate il 14 novembre, durante il neonato governo di Jeanine Añez, abbia ordinato la risposta militare repressiva di quello che fu uno degli eventi più sanguinosi della crisi istituzionale del novembre 2019, nel quale vi furono 11 morti e centinaia di feriti.
La questione inoltre, si aggiunge alla recente notizia (sulla quale è in corso un’indagine, sempre da parte della magistratura) del possibile utilizzo da parte della polizia boliviana di munizioni inviate illegalmente dall’Argentina.
“Abbiamo consegnato alla giustizia tutta la documentazione relativa al volo dell’Hercules C-130 e le relative comunicazioni esistenti. Nei documenti si conferma che le armi inviate sono di fabbricazione argentina e assegnate alla Gendarmeria Nazionale, ciò conferma l’ipotesi di contrabbando aggravato”, ha affermato il ministro della Difesa argentino, Agustin Rossi, aggiungendo poi che “un testimone (anonimo) ha confermato che il volo dell’Hercules, è stato fatto su richiesta verbale dell’allora ministro della Difesa argentino, Oscar Aguad”. Proprio in relazione a queste dichiarazioni, lunedì 19 luglio Eduardo del Castillo, ministro dell’Interno della Bolivia, ha presentato alla stampa nazionale le munizioni antidisturbo arrivate dall’Argentina e usate a Senkata e a Sacaba per reprimere le proteste popolari in difesa dell’ex presidente aymara Evo Morales. Sempre Castillo, ha poi spiegato la modalità con la quale fu introdotto illegalmente il carico di munizioni in Bolivia: “Ci sono due tipi di materiale, inviato la mattina del 13 novembre con un aereo Hercules C-130 dell'aviazione militare. Uno inviato legalmente con una nota del ministero degli Esteri destinato alla sicurezza dell'ambasciata argentina, e un altro tipo di materiale consistente in munizioni antidisturbo non autorizzato e per il quale non risulta nessun registro formale”.
Ma le munizioni non sarebbero arrivate sole, ma insieme ad un plotone della gendarmeria argentina. Sarebbe stato quest’ultimo a consegnare alla polizia boliviana le casse di munizioni imballate. L’invio era coordinato direttamente da Yuri Calderon, ex Comandante generale della Polizia. Ciò, secondo Eduardo del Castillo, comporterebbe la violazione della legge 400 del Paese. Legge che regola il controllo dell’importazione di esplosivi, munizioni e armi da fuoco, costituendo di fatto reato di contrabbando di armi.
Persino Mauricio Macri, ex presidente argentino, è stato aggiunto nel registro degli indagati della magistratura argentina. Oltre a lui, compaiono i nomi di Patricia Bullrich, (ex ministra della Sicurezza), Oscar Aguad (ex ministro della Difesa), Normando Alvarez Garcia all’epoca dei fatti ex ambasciatore argentino a La Paz, e tre ufficiali della gendarmeria argentina. A tutti viene contestato il reato di contrabbando di armi.
“Tutte bugie. Smentisco in maniera netta la denuncia improvvisa che funzionari boliviani hanno avanzato contro di me la scorsa settimana” ha replicato Macri, attraverso un messaggio sulla sua pagina Facebook e ribadendo che, l’unico contributo fornito dal suo governo verso la Bolivia, è solo di stampo umanitario. “Per conoscenza dell’opinione pubblica, chiarisco che nel novembre 2019, dopo le denunce di frode (alle presidenziali del mese precedente) e le successive dimissioni di Evo Morales, l’Argentina ha fornito aiuto umanitario. Abbiamo dato asilo nell’ambasciata argentina a funzionari di Evo, compresi i suoi familiari, assieme a giornalisti accreditati nel Paese”.
Per l’ex presidente boliviano Morales, invece, il coinvolgimento di Macri nel “golpe” contro il suo governo nel 2019, rappresenta “un altro elemento di un presunto Plan Condor 2, che gli Stati Uniti stanno portando avanti nell’intera regione dell’America Latina, per rovesciare e destabilizzare tutti i governi di ispirazione socialista”.
Dichiarazioni importanti e da non sottovalutare, soprattutto per il fatto che i paesi del Sud America non hanno mai conosciuto né vissuto una vera indipendenza politica ed economica da poteri esterni e le crisi di governo e le rivolte sociali anche quelle più attuali ne sono la prova. Un caso esemplare ha riguardato recentemente l’assassinio dell’ex presidente di Haiti, Jovenel Moise, ucciso nella sua abitazione da un gruppo di mercenari composto da colombiani e statunitensi. Una vicenda, anche questa, su cui ancora restano aperti diversi punti di domanda.