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Un anno fa veniva ucciso anche Mario Paciolla, in missione di pace per conto delle Nazioni Unite in Colombia

Crivellato a sangue freddo da un sicario a bordo di una motocicletta. Così è morto Michele Colosio, che da oltre dieci anni si recava in Messico, terra di cui si era innamorato e nella quale “mosso dallo spirito di servizio e aiuto verso il prossimo, si dedicava all’assistenza di bambini poverissimi”.
Così la gente lo ricorda a Borgosatollo, nel bresciano, suo comune di origine. Michele, 42enne, ex tecnico di radiologia degli Spedali Civili che, a seguito di un viaggio in Messico, aveva deciso di stabilirsi a San Cristobal de Las Casas, nel Chiapas. Qui, Colosio dedicava la sua vita al volontariato, svolgendo attività di recupero sociale e fornendo programmi d’istruzione per i bambini più poveri.
La dinamica dell’accaduto ancora non è del tutto chiara. Ma, secondo l’associazione Casa de Salud Comunitaria Yi’bel ik’ Raíz del Viento, di cui faceva parte, ad ucciderlo sarebbe stato un uomo a bordo di una motocicletta che, intorno alle 22 di sera, avrebbe esploso 4 colpi di pistola contro l’ignaro volontario bresciano di ritorno verso casa.
“Esigo giustizia per mio figlio. Era lì per fare del bene, ha sempre e solo aiutati gli altri”. Sono state lee sofferenti parole della madre Daniela Stanga che vive ancora a Brescia ed ha ricevuto la terribile notizia dal Consolato e dall’Ambasciata italiana in Messico.
Proprio quest’ultima, con l’ausilio delle autorità locali messicane, sta indagando sulla morte di Michele, sull’esecutore e sul movente.
“Il suo sorriso conosciuto si è spento, lo hanno ucciso a un isolato da casa sua, ed era così felice. Michele aveva capito che bisogna dare, aiutare, fare popolo nella fratellanza, senza distinzioni di lingue, confini, colore della pelle”. Lo ricordano così i suoi compagni della Casa de la Salud.
Nel frattempo, a San Cristobal, nella giornata di martedì, si è svolto il funerale; oggi il corpo verrà cremato. Poi, le ceneri di Colosio ritorneranno dov’è nato.
Michele Colosio, purtroppo è solo un altro nome che si aggiunge alla lista di attivisti sociali, uccisi due volte: prima dagli esecutori materiali e poi, nella maggior parte dei casi, dalla corruzione radicata su tutto il territorio che rende cieco il governo di turno.
“Miguel”, come lo chiamavano gli amici nel comune messicano, ironia del destino, è stato ucciso a ridosso dell’anniversario dalla scomparsa di Mario Paciolla. Un altro volontario italiano, morto a 33 anni, in circostanze più che misteriose in Colombia. Il giovane attivista, originario di Napoli, fu trovato senza vita, impiccato con un lenzuolo, nel suo appartamento in Colombia, più precisamente nel comune di San Vicente del Caguan, dove stava avendo luogo una missione di pace per conto dell’Onu, alla quale partecipava. È già trascorso un anno dal quel 15 luglio, giorno del terribile accaduto e quasi nulla ancora è emerso. Non conosciamo la verità dietro al caso Paciolla che, stando alle poche informazioni rilasciate all’opinione pubblica, sembra essere un mix di incongruenze e depistaggi continui. Primo su tutti, come ha denunciato in alcuni articoli su “El Espectator” la giornalista e amica di Mario, Claudia Julieta Duque: “Il giorno dopo la morte di Mario, alcuni suoi oggetti personali (tra i quali una macchina fotografica, agende, foto, materiale informatico, carte di credito, passaporto e soldi in contanti) sarebbero stati prelevati nell'appartamento, quest’ultimo sarebbe stato ripulito con la candeggina, liberato e messo in affitto”. Misure che non sarebbero state autorizzate dalla magistratura.
Michele Colosio, Mario Paciolla, Nadia De Munari (uccisa a colpi di Machete, il 26 aprile in Perù) sono solo alcuni dei nomi di volontari connazionali, partiti per dare aiuto e assistenza in terre dove impera la povertà più assoluta, e mai più tornati. Morti che purtroppo sembrano non “meritare” l’interesse del Governo Italiano e quello dei governi sudamericani i quali, nella maggior parte dei casi, garantiscono l’impunità dei responsabili di efferati crimini contro l’umanità.
Ad un anno dalla morte di Mario Paciolla il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha ribadito alla vice presidente e ministra degli affari Esteri della Colombia, Marta Lucia Ramirez De Rincon, “il sostegno italiano alle istituzioni democratiche colombiane e l’importanza di continuare a collaborare sul caso Paciolla”.
Come cittadini italiani è nostro dovere informarci e pretendere che le parole espresse dal nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, non rimangano solo retorica istituzionale, ma si tramutino in azioni concrete di sostegno alla ricerca della verità, per rendere giustizia ai familiari delle vittime e a tutta la popolazione civile.

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