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Il leader 53enne assassinato nella sua abitazione, grave la first lady

Pieni poteri al premier Joseph: gli aggressori parlavano spagnolo e inglese

Che qualcosa di grosso stesse per accadere nella polveriera di Haiti lo si era capito già da settimane, ma nessuno si sarebbe aspettato che il presidente in carica Jovenel Moïse (in foto) potesse venire ucciso dentro la fortezza del palazzo presidenziale, scatenando un caos adesso davvero incontrollabile.
Un commando non meglio qualificato ma tra cui, secondo il primo ministro uscente Claude Joseph, diversi parlavano spagnolo e inglese, ha sorpreso il presidente e sua moglie all'una di notte. Ucciso a sangue freddo lui, lei ha riportato diverse ferite e sarebbe stata evacuata, portata in ospedale e forse già oggi trasferita a Miami. È stato decretato immediatamente lo stato d'assedio, chiuse le frontiere con la Repubblica domenicana, bloccato il traffico aereo e le principali vie d'accesso alla capitale Port- au-Prince.
Finisce così nel sangue la parabola rocambolesca e rovinosa di Moïse, un imprenditore del settore agricolo di 53 anni arrivato al potere da outsider al termine di un'elezione molto contestata dall'opposizione che ha denunciato i brogli in due differenti votazioni, con il Paese rimasto in bilico per tutto il 2016. Moïse si impose la prima volta nel febbraio 2016, ma di fatto si insediò solo un anno dopo. Per questo intendeva restare fino a febbraio 2022, mentre per i suoi rivali il suo mandato di cinque anni era già scaduto. Solo una delle numerose irregolarità in uno Stato, il più povero delle Americhe e dei Caraibi, segnato da violenza, instabilità, terrore.
Il premier Joseph ha promesso alla popolazione che i responsabili dell'omicidio saranno arrestati presto e ha assicurato che esercito e polizia hanno il controllo della situazione. Ma tutti sanno che non è così. Gli Stati Uniti e la Oea (Organizzazione Stati Americani) si sono detti preoccupati, il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunisce oggi d'urgenza. Moïse era accusato dai suoi nemici di autoritarismo, voleva cambiare la Costituzione con un referendum a settembre per inserire pure la possibilità di un secondo mandato presidenziale, il suo. Giunto al potere promettendo un periodo di pace e serenità, è stato accusato di corruzione.Tra gli scandali in cui era coinvolto, un affaire di forniture gonfiate di greggio con la Petrocaribe. Era accusato di perseguitare gli avversari. Denunciando dei tentativi di golpe dei poteri forti, ha chiuso il Parlamento e da un anno governava per decreto. Impopolare e isolato, con la popolazione stremata dall'ennesima crisi economica aggravata dalla pandemia e dal passaggio degli ultimi uragani sull'isola, Moïse restava in piedi grazie ad un'alleanza di convenienza con le gang che dominano gran parte del territorio nazionale. Si calcola che siano attive più di ottanta bande criminali, le più potenti sono alleate nella sigla «G9 an fanmi e alye». La violenza è cresciuta notevolmente dall'inizio dell'anno, con centinaia di sequestri, regolamenti di conti, omicidi in piena luce del giorno. Secondo stime Onu in un Paese di 11 milioni di abitanti circola mezzo milione di armi, molte contrabbandate dagli Stati Uniti. Solo a giugno sono stati contabilizzati 150 morti a Port-au-Prince dove i G9 controllano i quartieri più popolari, come Delmas, Bel Air, La Saline, Cité Soleil. Il loro capo è Jimmy Cherizye, in arte «Barbecue», un ex poliziotto che si atteggia a leader sociale e che partecipa, alla Pablo Escobar, a giornate di distribuzione di alimenti nelle zone più povere. Barbecue è stato alleato di Moïse, lo si è visto a marzo quando il presidente ha ammesso di aver «collaborato» con il G9 per poter liberare un medico sequestrato. Ultimamente, però, qualcosa si è incrinato, le gang avrebbero deciso di fare un salto di qualità. Il 30 giugno Cherizye ha trasmesso su YouTube una conferenza stampa per annunciare l'inizio di una rivoluzione popolare ad Haiti. In giacca e berretto nero, con la bandiera sullo sfondo e un discorso in cui citava anche gli eroi dell'indipendenza, ha sostenuto che i G9 erano pronti ad intervenire per dare «alle mamme la possibilità di portare i loro figli a scuola e alle famiglie di avere un pasto caldo». Davanti a lui, decine di ragazzini armati fino ai denti. Una settimana dopo Moïse è stato ucciso e ora, per l'ennesima volta, il caos domina a Port-au-Prince.

Tratto da: La Stampa

Foto © OEA - OAS is licensed under CC BY-NC-ND 2.0 CC BY-NC-ND 2.0

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