Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

L’Italia è al nono posto nel mondo per la vendita di armamenti, secondo i dati Sipri 2019: ovviamente molto lontano da Usa, Russia, Francia e Germania. Ma siamo pur sempre un ragguardevole commerciante di armi, nonostante le forze politiche richiamino i valori della pace e della fratellanza universale

Il Medio Oriente è l’area geopolitica in cui l’Italia realizza i suoi migliori affari con materiali bellici. Con buona pace di quanti ancora pensano di poter influire sul governo egiziano nel caso Regeni, ricordiamo, ad esempio, che l’Egitto è il principale destinatario degli armamenti venduti dall’Italia, per un controvalore di 991 milioni di euro: seguono Qatar, con 212 milioni, Arabia Saudita, con 414, 117 Emirati Arabi Uniti, con 117.
Il dato relativo a Israele appare, nella Relazione 2021, di assai minore consistenza, con “soli” 21 milioni di euro: ma il fatto interessante è che erano appena 9 milioni nel 2017, vale a dire che sono triplicati in quattro anni.
Alla luce alla luce di quanto da poco accaduto in Palestina e, più in generale, nella situazione mediorientale, ci soffermeremo oggi sulla crescente importanza dei rapporti militari che l’Italia intrattiene con lo Stato d’Israele.

Compravendita di armamenti
Nel sessennio 2015-2020, l’Italia ha venduto allo Stato ebraico sistemi militari per un valore di oltre 90 milioni di euro.
Per fare un esempio concreto, nel 2019 sono state rilasciate autorizzazioni per la vendita di 17,5 milioni di euro, nella categoria ML2, comprendente «bocche da fuoco, obici, cannoni, mortai, armi anticarro, lanciaproiettili e lanciafiamme militari». Armi, come non è difficile immaginare, che sono state utilizzate intensivamente nelle scorse settimane per colpire la striscia di Gaza.
Leonardo (ex Finmeccanica) è l’azienda che sviluppa il maggior fatturato, ma, tra le aziende italiane fornitrici di armi al Misrad HaBitakhon, il ministero della Difesa israeliano, possiamo ricordarne diverse altre: Ase Aerospace, CABI Cattaneo, Fimac, Forgital, Leat, Mecaer, MES, OMA Officine, Sicamb, Teckne.
L’Italia tuttavia non è solo un esportatore, in quanto ha a sua volta acquistato da Israele armamenti e sistemi d’arma per circa 150 milioni di euro, con i quali contribuiamo attivamente all’economia dello Stato ebraico.
Se è vero che le relazioni militari tra Israele e l’Italia hanno cominciato a svilupparsi fin dai primi anni del nuovo Millennio, rapporti di collaborazione assai più intensi sono stati stretti in particolare a partire dal 2012, con l’arrivo del governo tecnocratico di Mario Monti: in quell’anno infatti è stato concluso un accordo tra i due governi, per un importo di quasi quattro miliardi di euro.
L’italiana Aermacchi in quell’occasione piazzò in Israele trenta dei suoi jet M-346 per l’addestramento avanzato: si tratta di un velivolo che, per le sue eccellenti caratteristiche, può tuttavia essere utilmente impiegato anche in azioni di attacco nel contesto di conflitti a bassa intensità, quelli che Israele sviluppa nel proprio teatro politico-militare.
A sua volta, l’Italia, nell’ambito dello stesso accordo, acquistò da Israele un satellite spia Optsat 3000 e due sistemi di sorveglianza aerea imbarcati su bireattori Gulfstream 550: una scelta davvero interessante, poiché è ovvio che il Paese che concede queste tecnologie ad un altro Paese si assicura in genere, come minimo, la condivisione delle informazioni e dei dati che vengono acquisiti con queste sofisticate strumentazioni di intelligence; oppure, più brutalmente, è in grado di «andare a prendersi» queste informazioni, disponendo del know-how tecnico sul funzionamento dei sistemi.
Nel dicembre 2018, per menzionare un altro meno noto esempio, al salone Exponaval di Valparaiso (Cile) venne annunciato pubblicamente che Elbit System, una delle industrie leader dell’elettronica militare israeliana, aveva firmato con l’italiana Leonardo «un accordo per sviluppare e dimostrare le capacità di lancio dei siluri leggeri e dei mini siluri di Leonardo dal SeagullTM, veicolo navale a pilotaggio remoto (USV - Unmanned Surface Vessel) di Elbit, ad integrazione delle capacità dell’USV di montare e lanciare siluri leggeri».
«La soluzione - si leggeva nel comunicato ufficiale - sarà basata sulla stessa architettura utilizzata per i sistemi di lancio avio-portati, in uso da parte della Marina Militare israeliana. Il Seagull di Elbit Systems ha ottenuto eccellenti risultati nei test effettuati dal Ministero della Difesa belga nel Mare del Nord nel 2017 ed è stato regolarmente utilizzato durante esercitazioni navali internazionali volte a testare contromisure contro mine e missioni di lotta sottomarina».
Anche questo è un caso interessante, dal momento che la guerra navale a bassa intensità che si svolge da mesi in Medio Oriente (Golfo Persico, Mar Rosso, Mediterraneo orientale) tra Israele e Iran, a colpi di attacchi ai rispettivi traffici commerciali marittimi, potrebbe avvalersi proprio di questo tipo di armamenti.

L’accordo bilaterale del 2020
Nel settembre 2020, un altro rilevante accordo bilaterale tra Roma e Tel Aviv, con relativa cerimonia conclusiva via internet, è stato sottoscritto dal direttore generale del ministero della Difesa, Amir Eshel, e del suo omologo italiano, il responsabile della Direzione Generale degli Armamenti, gen. Nicolò Falsaperna.
A seguito di tale contratto, Israele, con gli ultimi cinque elicotteri così acquistati, completa il suo reparto d’addestramento elicotteri, interamente fornito sempre dalla italiana Leonardo. Si tratta di 12 elicotteri Agusta AW119 e due simulatori di volo: anche in questo caso, la pudibonda indicazione di “elicotteri da addestramento” è la classica foglia di fico, dal momento che questi elicotteri, di elevato standard operativo, possono benissimo essere utilizzati in operazioni di guerra.
L’Italia, nella stessa occasione, ha acquistato un ulteriore stock di missili controcarro israeliani Rafael Spike, oltre a sistemi elettronici, sempre della Elbit israeliana, destinati ai nuovi simulatori per elicotteri, sviluppati da Leonardo, a conferma della crescente integrazione tecnico-industriale fra le due aziende.
Compiaciuto, il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz, ha dichiarato in questa occasione che l’accordo «riflette l’importante e stretta collaborazione con il ministero della Difesa italiano, che va avanti da anni. Ed è anche di grande rilevanza per la sicurezza di Israele e per la sua industria militare».
Secondo fonti di stampa, poi, sono in corso contatti fra Israele e l’Italia anche per la valutazione dello sviluppo congiunto fra i due Paesi di un nuovo carro armato, di concezione più moderna e avanzata, destinato a sostituire i Merkava israeliani e gli Ariete italiani.
Non si può certo sottovalutare questa prospettiva, che avrebbe una rilevanza storica nella politica dello sviluppo tecnico-commerciale delle Forze Armate italiane, in quanto essa segnerebbe il passaggio da una dipendenza tecnologica dalla Nato a quella dallo Stato d’Israele - un segnale indubitabilmente eclatante di quanto l’Italia dei tecnocrati sia oramai completamente schierata con lo Stato ebraico, con tutte le conseguenze del caso quando si parla dei diritti dei Palestinesi o dei nostri rapporti con Iran, Siria, Turchia.
A sancire la rilevanza politica, oltreché economica e militare di questi accordi, lo scorso dicembre 2020, il nostro ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, in visita in Israele, ha incontrato il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ed il primo ministro Benjamin Netanyahu, celebrando entusiasticamente «l’eccellente livello di cooperazione tecnico militare ed industriale» del quale si augura, per la gioia dei Palestinesi, «l’ulteriore rafforzamento».
Ovviamente, il nostro ministro non ha potuto esimersi dal sottolineare che «le profonde radici storiche che caratterizzano i rapporti bilaterali tra Italia e Israele sono un riferimento costante della politica internazionale nell’ambito del nostro contributo alla stabilità nel Medio Oriente».
Guerini ha poi ancor meglio chiarito il punto di vista italiano, a quanto pare gradito allo Stato ebraico, dichiarando al premier israeliano in persona, la speranza «di sviluppare ulteriormente gli ambiti di cooperazione nel settore specifico della Difesa, una collaborazione che contribuisce sia alla rispettiva sicurezza dei Paesi che a ulteriori positive ricadute in termini industriali».

Esercitazioni congiunte
A dimostrazione di quanto queste non siano solo parole di occasione, è il caso di documentare brevemente, non solo, come abbiamo appena fatto, lo scambio commerciale di armamenti - ma anche la vera e propria collaborazione militare fra Italia ed Israele: una collaborazione che è andata intensificandosi, senza che la questione abbia mai dato luogo ad un pubblico dibattito in Italia.
Fin dal lontano 2003, i velivoli con la stella di David hanno cominciato ad addestrarsi nello spazio aereo italiano, nella base di Decimomannu. Nel 2006, clarissa.it se ne occupò, evidenziando la partecipazione israeliana ad esercitazioni come la Spring Flag. Nel 2009, poi, siamo tornati puntualmente ad occuparcene, menzionando un’altra esercitazione simile, la Starex 2009.
A partire proprio dall’arrivo del governo Monti, tuttavia, come già accennato, la cooperazione tra Italia e Israele sul piano militare si è ulteriormente consolidata e ampliata, sia in termini quantitativi che tecnico-operativi - assumendo il significato di una vera e propria scelta di campo dell’Italia.
Facciamo alcuni esempi, tutti documentati nelle annuali Relazioni ministeriali sulla condizione operativa delle nostre Forze Armate.
- Rising Star

Si tratta di esercitazioni bilaterali annuali Italia-Israele, che coinvolgono la Marina Militare Italiana. Citiamo il sunto della relazione ministeriale, riferita alla Rising Star 2016: «rientrando in un più ampio progetto di collaborazione a livello Difesa con Israele, rappresenta un appuntamento della Marina Militare incentrato in un programma di scambio particolarmente attivo nel settore subacqueo (EOD/IEDD, sigle che significano Bonifica ordigni esplosivi nell’ambiente Marittimo, Operazioni Subacquee con particolare riferimento alla Ricerca e Soccorso dei Sommergibili).
Oltre alle attività già consolidate su menzionate, la ISN (Israeli Navy) ha proposto di condurre anche attività relative alle forme di lotta tradizionali (ASW, AAW ed ASuW, vale a dire antisuperficie, antiaerea, antisottomarina), puntando ad incrementare l’integrazione e l’interoperabilità, l’applicazione delle procedure previste dalla normativa multinazionale, nonché la conoscenza reciproca dei mezzi partecipanti in termini tecnici ed operativi».
Come si vede, una cooperazione che apre allo Stato ebraico la completa conoscenza delle modalità operative della Marina italiana in ambito subacqueo.
Nel 2018, la stessa esercitazione è stata rivolta a «Promuovere la cooperazione ed accrescere la mutua conoscenza delle procedure tattiche ed 1 livelli di interoperabilità tra le marine di Italia e Israele nel campo delle operazioni SMER (Submarine Escape and Rescue), cui si è affiancata una esercitazione Rising Star Underwater EOD 2018, con lo scopo di «Promuovere la cooperazione ed accrescere la mutua conoscenza delle procedure tattiche ed i livelli di interoperabilità tra le marine di Italia ed Israele nel campo delle operazioni marittime EOD/IEDD».

- Blue Flag
È un’esercitazione che coinvolge in questo caso la nostra Aviazione Militare, come già clarissa.it dettagliava nel 2017. La relazione ministeriale conferma le informazioni a suo tempo proposte dal nostro giornale on line: «L’esercitazione Blue Flag 2017 è un’esercitazione organizzata dalla Israeli Air Force (IAF) con cadenza biennale e, nel 2017, è stata condotta nel periodo dal 5 al 16 novembre presso la base aerea di Ovda (Israele). All’esercitazione hanno partecipato 2 (+1 riserva) Tornado ECR e 2 Tornado IDS del 6° Stormo. Gli obiettivi erano di addestrare gli equipaggi combat ready (pronti al combattimento, N.d.R.) e ampliare la cooperazione multinazionale. All’esercitazione hanno partecipato aeromobili di Francia, Germania, Giordania, Grecia, India, Israele, Italia, Polonia e Stati Uniti».
La stessa esercitazione aerea, si è poi ripetuta tra il 3 ed il 14 novembre 2019, nella stessa base israeliana, coinvolgendo questa volta ben 6 velivoli F35 italiani, 5 F2000 ed 1 CAEW.
Sarà interessante verificare se quest’anno (2021), l’Italia, dopo quanto accaduto in Palestina, parteciperà nuovamente a questa esercitazione aerea.
Non meno rilevanti sono altre, meno note, attività di collaborazione congiunta fra Italia e lo Stato ebraico.

- Noah’s Ark
Queste esercitazioni, alle quali l’Italia ha partecipato nel novembre 2017 e nel giugno 2018, con base a Tel Aviv, in Israele, hanno come obiettivo, spiega il nostro Ministero della Difesa: «Definire le forze dei paesi invitati impiegabili sul campo nel caso di una non-combatant evacuation operation (NEO) in area medio-orientale ed identificare le aree che potrebbero essere maggiormente interessate da eventuali azioni ostili tra gli attori internazionali interessati».
Il concetto di Non-Combatant Evacuation Operation (operazione di evacuazione senza combattimento, N.d.R.) è molto interessante, in quanto si presta ad un’infinita serie di possibili contesti operativi reali, compresi quelli di una guerra guerreggiata nella quale si renda necessario mettere in salvo personale civile e militare non direttamente coinvolto.
Il termine non combant si riferisce infatti all’operazione in se stessa, ma non esclude, come si dice infatti poco dopo, con una singolare contraddizione in termini, che essa avvenga in un contesto di «azioni ostili».

- Sky Angel
Si tratta di un tipo di esercitazione che dovrebbe dare molto a pensare ai nostri politici: essa si è svolta tra il 4 novembre e il 17 settembre del 2018 in Israele, con la collaborazione dell’italiano COFS (Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali) e viene descritta dal nostro Ministero come «orientata all’addestramento delle unità di Forze Speciali nel settore del Combat Search and Rescue (SOF-CSAR)», comprendente attività di ricerca e soccorso svolte in tempo di guerra, all’interno o in prossimità di zone di combattimento.
Un tipico contesto, dunque, in cui agiscono i reparti di élite delle forze armate attuali: anche questo è in realtà un addestramento che predispone non solo ad operazioni difensive ma altresì ad operazioni di rapida e chirurgica penetrazione offensiva in territorio nemico, contro obiettivi puntiformi di alto valore strategico, politico, economico.
Il tipo di unità messe a disposizione dall’Italia ci dice molto su quanto l’organizzazione delle Forze Armate italiane sia oramai in tutto condizionata dai desiderata dei nostri partner internazionali, la NATO, in primo luogo, ma ora anche Israele.
In Sky Angel vengono infatti utilizzati il 9° Stormo dell’Aviazione Militare Italiana, un reparto di elicotteri specificamente destinato ad effettuare «operazioni speciali».
Ad esso si aggiunge il 16° Stormo, denominato “Protezione delle Forze”, il quale è nato per offrire protezione alle installazioni militari in ambito nazionale ed internazionale. Potremmo dunque trovarci ad operare per proteggere le basi militari israeliane? In quale situazione di guerra?
Il terzo reparto impiegato, infine, è il 17° Stormo Incursori dell’Aeronautica Militare, il quale è impiegato «in tutte quelle attività che caratterizzano le Forze Speciali italiane, mantenendo la propria natura di strumento strategico moltiplicatore di forza del Potere Aereo nazionale in un contesto operativo internazionale notevolmente cambiato e connotato da minaccia “asimmetrica”. Tale ambito richiede personale altamente specializzato ed addestrato, in grado di rispondere prontamente alle più disparate esigenze operative». Così recitano le pubblicazioni ufficiali.
Il fatto che le unità d’élite dell’Aviazione Militare Italiana si esercitino congiuntamente con le omologhe forze israeliane è di per sé un fatto d’importanza militare di non poco conto di cui sarebbe importante conoscere le finalità e le motivazioni politiche.

Al servizio dello straniero
Per concludere, una prima osservazione. La trasformazione delle Forze Armate italiane da esercito di popolo a esercito professionale, avvenuta tra il 2000 ed il 2010, sta facendo di esse una sorta di armata mercenaria al servizio di interessi politici ben diversi dalla difesa del territorio nazionale e dalla tutela della nostra sovranità: in spregio, occorre sottolineare, anche di quanto affermato nella nostra carta costituzionale.
Diciamo questo, senza voler minimamente disconoscere il valore individuale e collettivo di tutti quei militari che servono con onore nelle nostre Forze Armate, ritenendo essi in assoluta buone fede di servire l’Italia.
È proprio a loro che qui ci rivolgiamo, con un forte richiamo alla coscienza della sovranità nazionale dell’Italia, faticosamente conquistata nel Risorgimento, nella Grande Guerra, nella Seconda Guerra Mondiale: questi militari mettono spesso la loro vita a repentaglio in nome di valori, proclamati a a parole ma traditi nei fatti dai decisori politici, e da quei vertici militari che grazie a loro costruiscono la propria carriera.
In secondo luogo, è il giunto il momento di segnalare in modo inequivocabile l’ipocrisia di tutte le prese di posizione della nostra classe dirigente in merito ad una giusta soluzione della questione palestinese: lo schieramento a sostegno della politica dello Stato di Israele, confermato dalla collaborazione militare che abbiamo qui sinteticamente illustrata, è totale - nessuna forza politica del Parlamento italiano ha mai sollevato infatti il problema della cooperazione militare dell’Italia con lo Stato ebraico.
Infine, è fondamentale che l’opinione pubblica presti attenzione a quanto avviene intorno a noi, nel contesto mediterraneo e mediorientale, da sempre fondamentale per la sopravvivenza del nostro Paese come stato sovrano libero e indipendente, consapevole della propria identità storica, culturale e ideale: nel momento di esprimere le proprie scelte politiche, ogni Italiano dovrebbe considerare in primo luogo proprio quello che dicono e fanno gli uomini della partitocrazia e della tecnocrazia in merito al ruolo dell’Italia nelle relazioni internazionali. Il terreno su cui si misura in concreto l’indipendenza di una nazione e dunque la libertà di scelta di un popolo effettivamente sovrano.

Tratto da: clarissa.it

Foto © Royal Navy Media Archive is licensed under CC BY-NC 2.0

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos