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I giorni di massacro sul popolo palestinese sono momentaneamente cessati. Migliaia di video e fotografie dell'orrore circolano ancora nelle diverse reti sociali. Poco arrivava ai grandi mezzi di comunicazione, e quelli che si azzardavano a dare le notizie, generalmente lanciate in maniera parziale, utilizzando eufemismi tendenti a disegnare, o offuscare la situazione e portarla alla categoria di stato di guerra o eufemismi come "conflitto". Termine usato, sorprendentemente, dai grandi mezzi siberiani che arrivano alle nostre latitudini.
Ma il sole non si può coprire con la mano. Le proteste in tutto il mondo si sono moltiplicate. Le piazze si sono riempite di persone, per la maggior parte giovani che, a rischio delle proprie vite, tenendo conto della pandemia che minaccia il contatto umano, e dell’inevitabile repressione di un sistema che spietatamente si impone su quelle lotte che gli sono scomode, si sono radunate intonando canti e lodi che inneggiano la pace e la non violenza. Migliaia di giovani in tutto il mondo, rischiano ancora le proprie vite, per cercare di salvare altre vite che si estinguono di fronte al genocidio. Perché la cosa immorale non è manifestare contro la violenza umana, contro il sopruso dei potenti; la cosa immorale è rimanere indifferenti, o peggio ancora, essere compiacenti.
15 maggio 2021. Un gruppo di giovani di distinte nazionalità si esibisce in una performance per dare visibilità ai massacri in Colombia ed in Palestina. Non è uno spettacolo, neanche una manifestazione, è un grido disperato di aiuto. In questo momento stanno uccidendo "bambini", gridava uno degli artisti. Lungo la giornata, in uno spazio aperto, sulla costa dell'oceano, il più lontano possibile del flusso di transito normale di una città, una ed un'altra volta i manifestanti vengono ripresi da "ispettori" comunali che chiedono i meno di 50 manifestanti di disperdersi (un numero di persone che trovi in  qualsiasi pulman della città in ore di punta), che si riuniscono per avvertire, richiedere al governo di turno, che si pronunci in favore dei diritti umani, che tanto hanno ostentato in questi giorni, come fossero in campagna elettorale.
18 maggio 2021. Piazza Libertad della capitale di Uruguay, il Comitato Palestina Libre chiama alla solidarietà. Mentre ci avviciniamo al centro della piazza, ci vediamo sorpresi da un altro raggruppamento (gruppo di persone??) che protestava per la riapertura di palestre, lavoratori che reclamano al governo di poter lavorare. Circa 200 manifestanti, in orario di punta, dopo gli iniziali rispettivi preparativi si sono riversati sull’Avenida 18 de Julio, di Montevideo, occupando tutta la via, e un camioncino con altoparlanti che risuonano tra gli edifici. Nessuna dissuasione, né pattugliamenti eccessivi, nessun altoparlante dalle macchine di pattuglia, nessuna presenza della polizia nella piazza. A nessuno è stato chiesto il nome. Lentamente la colonna si è allontanata da noi in direzione "Ciudad Vieja". E restiamo nuovamente le circa 25 / 30 anime che eravamo i giorni scorsi. E questo lo chiarisco e lo dico, in caso non si capisca, con un tono riflessivo. A volte il ghiaccio è tanto freddo che brucia, e si confondono gli estremi.
Indubbiamente, senza voler anteporre una rivendicazione ad un’altra, ci sono proteste che disturbano e proteste che non disturbano. Tenendo in considerazione le circolari diffuse da diversi mezzi di comunicazione di Montevideo, allertando a “riferire qualsiasi attacco antisemita o attività sospetta”. Ed è qui, secondo questi termini, che vengono cancellati i limiti bianchi e neri per creare una diffusa concezione della realtà; dove la Propaganda, sì, con maiuscola, sopra-dimensiona le possibilità di un nemico, più inventato che creato.
Un altro 20 maggio, noi uruguaiani e riconoscenti emigranti che sappiamo di queste differenze di forze, abbiamo imparato con il sangue, e con più memoria che giustizia, le differenze tra il terrorismo ed il terrorismo di Stato.
Non è Hamas uno Stato pienamente riconosciuto dall'ONU, neanche la Palestina lo è, per tale motivo non può esserci una guerra. Il diritto internazionale condanna le azioni che il Governo israeliano di Benjamín Netanyahu compie sui territori occupati della Palestina. L'organizzazione Human Rights Watch parla di Apartheid, con tutto quello che ciò implica.
Non si può nascondere il sole con la mano. Quanto sta accadendo a Gaza è indubbiamente un genocidio, come lo ha ritenuto il direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni. E, come in ogni genocidio, si ritiene necessario il controllo della stampa e la censura di qualunque attività, non terrorista, né antisemita, né sospetta, ma di protesta di fronte all'irrazionalità della violenza.
Chi determina l'agenda di censura o repressione in Uruguay? Chi consiglia o richiama il presidente Lacalle Pou su questo tema?
“L’Uruguay esprime la sua ferma condanna di fronte agli atti terroristici e la recrudescenza degli attacchi perpetrati da Gaza contro il territorio israeliano", afferma il comunicato emesso dal governo di Lacalle Pou, la settimana scorsa. Incoraggiano allo stesso tempo "israeliani e palestinesi a compiere tutti gli sforzi alla loro portata per fermare la violenza crescente nella città, per garantire la sicurezza di tutti i posti sacri e preservare il suo status storico e religioso". È la vita la cosa sacra, Luis.
Da questo umile spazio, preghiamo il governo della Repubblica Orientale dell'Uruguay di adottare misure energiche, non contro lo Stato israeliano o il suo paese, bensì in difesa del diritto e delle libertà che vengono sistematicamente negate dall’autoritarismo di un governo despota.
Importa forse se il dittatore si fa definire comunista, nazionalista, sionista, colonizzatore, imperialista o difensore della democrazia? O quello che importa è se la sua condotta attenta contro la vita o meno?
I centinaia o migliaia di bambini e giovani che crescono nel frastuono della diaspora palestinese non hanno tempo o vita sufficiente per filosofare sull'idea di Stato o di religione. Vivono sottomessi alla volontà violenta di chi dovrebbe proteggerli.
Sono giovani quelli che attraversano giorno dopo giorno il muro da uno al altro lato irrigando con il loro sangue la Terra Santa. Non sono i potenti quelli che sanguinano. Anche la collettività ebrea deve pretendere dal suo governo la sospensione immediata di ogni ostilità. Nessuno, di mente sana, può sentirsi orgoglioso che suo figlio assassini un altro ragazzo.
Fermiamo la violenza. Abbandoniamo le armi. Abbandoniamo la paura.

Foto © Antimafia Dos Mil e Our Voice/Leandro Gómez

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