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Resistenza alle porte dell’Ambasciata colombiana a Montevideo
Matías Guffanti, di Our Voice, denuncia la violenza scatenata dal governo di Iván Duque

Con la forza giovanile del movimento culturale internazionale Our Voice, Matias Guffanti, suo direttore per il Latino America, ha parlato in una manifestazione di fronte all’ambasciata colombiana a Montevideo, Uruguay, dove circa un centinaio di persone hanno chiesto al governo di quel Paese la cessazione della sanguinosa violenza e la repressione scatenata contro il popolo colombiano in questi ultimi giorni.
La manifestazione ha riunito colombiani, movimenti sociali e persone solidali con la gravissima situazione in cui si trovano i coltivatori di caffè, scesi in strada per fermare le riforme che il governo di turno, diretto dall’attuale presidente Iván Duque, ha proposto di applicare. Le manifestazioni, cominciate il 28 aprile, hanno registrato circa 1000 casi di abusi di potere da parte della polizia, oltre 20 omicidi delle forze dello stato contro i cittadini, diverse vittime di abusi sessuali ed oltre 900 arresti arbitrari. Abusi che i colombiani non sono disposti a tollerare.

Tra canti e bandiere, magliette con frasi militanti, cartelli e perfino l’inno nazionale della Colombia, i manifestanti hanno reclamato le dimissioni dell’Esecutivo guidato da Duque, rappresentante del partito politico Centro Democratico, del paese coltivatore di caffè. Due bambini tenevano striscioni con slogan come: “Per il mio futuro, per la mia famiglia, no alla riforma fiscale”, e “i cattivi governi del mio paese mi hanno costretto ad emigrare, ma anche da qui appoggio totalmente il mio popolo colombiano”. Nella stessa via una ventina di candele accese per ricordare i morti su ordine del presidente colombiano e del suo Esecutivo. A distanza, una pattuglia di polizia e cinque uomini in uniforme erano il quadro di sicurezza, come disposto dal Ministero dell’Interno, alla sede diplomatica dal cui interno si poteva vedere anche altro personale destinato alla sicurezza dell’edificio, dell’angolo tra Ellauri e Juan Marìa Pèrez, nel quartiere Pocitos.
Germán Ávila, rappresentante di Convergencia Colombia por la Paz e del Foro Internazional de Víctimas del Conflitto Colombiano, ha espresso ad Antimafia Dos Mil i motivi per i quali stavano manifestando: “Chiediamo che cessi la repressione, che vengano annullate le proposte di riforma che risultano essere lesive, e che la gente possa manifestare. Affinché possiamo costruire un’alternativa, avere la possibilità di proporle senza essere messi in fuga da una pioggia di piombo”.
Si è generata un’onda di violenza contro il popolo colombiano, le organizzazioni sociali ed i firmatari dell’accordo di pace, senza precedenti. Il motivo per cui siamo qui è per dare visibilità a tutto questo nella società che ci ha aperto le porte per vivere”.
L’appello, lanciato da Convergencia Colombia por la Paz, un gruppo di colombiani residenti in Uruguay, si è condensato in una sola forza comune di lotta costituita da movimenti sociali di diversi paesi come Cile, Venezuela, Colombia, Argentina ed Uruguay. Condividiamo il proclama letto davanti all’Ambasciata Colombiana:
La Colombia è in stato in allerta rossa. La manifestazione è nata come rifiuto delle politiche economiche e sociali del governo colombiano, il quale, con una riforma fiscale, vuole tassare dei prodotti base del paniere familiare e i servizi pubblici. Questa è la soluzione che lo Stato vuole dare ad un popolo impoverito che deve scegliere tra morire di Covid o morire di fame. Da questo è nato lo sciopero nazionale, il governo di Iván Duque ha quindi ordinato lo spiegamento della polizia, dell’Esmad e dell’Esercito”.



Rifiutiamo la criminalizzazione della protesta sociale. Rifiutiamo la militarizzazione delle strade e della protesta sociale. Rifiutiamo che continuino ad assassinare i leaders sociali che difendono i diritti umani e tutte le persone che si oppongono a questo governo nefasto”.

Prendendo parte alla mobilitazione, nella quale non si sono verificati atti di violenza, la voce di Our Voice si è fatta sentire. Con la potenza e l’energia che caratterizza questo movimento di giovani, Matías Guffanti si è rivolto a questo popolo e a questi giovani che manifestavano uniti, per supportarsi a vicenda, per ribellarsi contro il mostro che opprime con la sua avarizia e con l’odio verso i popoli liberi.
Come gioventù noi ci dobbiamo preparare, dobbiamo formarci, dobbiamo studiare. Dobbiamo essere noi a cercare quei posti. Non possiamo permettere che questi delinquenti, assassini e genocida ci governino, che il fascismo ci governi in questo momento e che viviamo in una dittatura nascosta. In un paese in cui, poco dopo la firma di un patto di pace, sono stati ammazzati più di 900 leaders sociali che stavano lottando contro il narcotraffico, contro le mafie, per l’ambiente, per difendere il territorio. Uniamoci, prepariamoci, come gioventù ed abbattiamo il fascismo di Stato”.
È nelle mani dei giovani la certezza della trasformazione sociale e dell’America Latina basata su valori diametralmente opposti a quelli che ci vincolano come individui e come società. Sono ragazzi e ragazze, così freschi e pieni di sogni, che, con la loro arte, la loro forza e le loro convinzioni, sono capaci di rompere e cambiare il nostro modo di vivere in queste terre di sangue, governate da imperi economici che decidono chi deve morire e chi deve vivere, e come si deve vivere, o peggio ancora, sopravvivere, in povertà ed emarginazione, per sostenere i ricchi di sempre.
Sono gruppi di potere che prendono decisioni aberranti, ingiuste, violente ed escludenti, lasciando un mondo morto di fame e tanti milioni di esseri umani abbandonati al loro destino.
Il silenzio è complice. La protesta è la nostra voce.

*Foto di copertina e video: ANTIMAFIADuemila e Our Voice / Leandro Gómez, Romina Torres y Alina Leal

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