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La testimonianza della Ocean Viking: “Era come nuotare in mezzo ai cadaveri”

Mare mosso, onde alte fino a sei metri. Queste sono state le condizioni che, combinate con l’indifferenza delle autorità, hanno portato al naufragio di un gommone con a bordo circa 130 persone, tutte annegate, che era partito dalla città libica di Al-Khums la sera del 20 aprile. C’erano tre barche in pericolo, una con 40 persone, "mai rintracciata", e due gommoni con a bordo tra le 100 e le 120 persone ciascuno. Il primo è stato ritrovato ribaltato. "Abbiamo avvistato dieci corpi - ha detto Francesco Creazzo di Sos Mediterranee -, ma il mare era molto mosso, impossibile ci siano sopravvissuti". "Era come nuotare in mezzo ai cadaveri", ha invece raccontato Alessandro Porro che a bordo della Ocean Viking non è riuscito ad arrivare in tempo. È l’ennesima tragedia del mare, dopo due giorni su un gommone in balia dal Mediterraneo, con richieste d’aiuto ignorate, secondo la denuncia di Sea-Watch International e altre ong, dalle autorità europee e da Frontex, che "hanno negato il soccorso”.

La dinamica del naufragio
Dopo aver ricevuto una segnalazione la mattina del 21 aprile, il network telefonico Alarm Phone si è subito attivato cercando di mettersi in contatto con i migranti e avvisando le autorità del fatto che ci fosse un’imbarcazione in situazione di pericolo a Nord Est di Tripoli. "Ciò significa che da quel momento in poi, i seguenti attori erano a conoscenza di questa imbarcazione in difficoltà: Mrcc Italia, Rcc Malta, la cosiddetta Guardia Costiera libica, Unhcr, e i soccorritori delle ong", ha dichiarato l’organizzazione. A causa del cattivo tempo Alarm Phone ci ha messo più di un’ora prima di ricevere informazioni utili da parte della barca sulla posizione Gps e sul numero di persone presenti a bordo. Erano circa le 13 e l’organizzazione ha passato altre nove ore in contatto telefonico con le persone presenti sul barcone, cercando di ricevere aiuto dalle autorità competenti.
“Verso mezzogiorno, abbiamo informato Mrcc Italia, il centro di coordinamento dei soccorsi marittimi di Roma, che la nave mercantile Bruna era vicina al caso di emergenza e sarebbe potuta intervenire. Tuttavia, Bruna ha proseguito la sua rotta". Alarm Phone aveva anche provato a contattare le autorità libiche la cui risposta arriverà soltanto alle cinque meno un quarto del pomeriggio, dichiarando che la motovedetta Ubari era già alla ricerca di quella e di altre due barche.
Circa alle otto di sera arriva il messaggio che la Ocean Viking avrebbe cambiato rotta per prestare soccorso alle imbarcazioni in difficoltà, che però si trovavano tutte ad almeno dieci ore di distanza.
Un areo di Frontex ha sorvolato la zona e ha fornito informazioni alle tre navi mercantili Vs Lisbeth, Alk, e My Rose, che si trovavano nei paraggi. Le ricerche sono continuate ma senza avere più informazioni dal gommone in quanto le comunicazioni si sono interrotte alle dieci e un quarto di sera.
Dal fronte libico è arrivata invece la notizia che una delle tre barche è stata intercettata ma che non avrebbero continuato le ricerche a causa delle condizioni meteorologiche. Mrcc Italia è stato subito informato del fatto che la Libia non avrebbe inviato alcun aiuto. La mattina dopo le ricerche sono continuate senza la partecipazione né delle autorità italiane né di quelle libiche che addirittura hanno affermato di non sapere della presenza di imbarcazioni in difficoltà. "Questa è la realtà nel Mediterraneo centrale” ha in seguito dichiarato Luisa Albera, coordinatrice di Ricerca e Soccorso a bordo della Ocean Viking “gli Stati abbandonano la loro responsabilità di coordinare le operazioni di ricerca e salvataggio, lasciando gli attori privati e la società civile a riempire il vuoto mortale che si lasciano alle spalle. Possiamo vedere il risultato di questa deliberata inazione nel mare intorno alla nostra nave”.
Nonostante l’incessante ricerca gli aiuti sono arrivati quando ormai era troppo tardi. L’Ocean Viking, la sera del 22, troverà infatti solamente il relitto dell’imbarcazione attorniato da una decina di cadaveri. Ciò fa presupporre che nessuna delle 130 persone sia sopravvissuta al naufragio. Queste vittime si sommano alla morte di un bambino e della sua mamma che stavano viaggiando sulla barca intercettata dalla guardia costiera libica e a quelle quaranta persone che si trovavano sulla terza imbarcazione segnalata cui di non si è più saputo nulla.

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