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La dittatura brasiliana ebbe un ruolo importante a fianco degli Stati Uniti d’America nell’operazione di destituzione del governo cileno di Salvador Allende e di sostegno alla dittatura del generale Pinochet. È questo ciò che si deduce dai documenti di intelligence declassati da Cile, Brasile e Stati Uniti, pubblicati una settimana fa dal centro National Security Archive. Questa associazione con sede a Washington, fondata da accademici e giornalisti investigativi, ha pubblicato in effetti sul suo sito web i documenti in occasione del 57esimo anniversario del colpo di Stato militare in Brasile il 31 marzo 2021. La dittatura brasiliana intervenne insieme agli Stati Uniti per rovesciare il governo socialista del presidente cileno Salvador Allende. E, sempre secondo i documenti declassificati, il regime militare brasiliano avrebbe aiutato il movimento terroristico di estrema destra Patria y Libertad e le gerarchie delle forze armate ad organizzare la destabilizzazione e il ribaltamento del presidente socialista, oltre al tentativo di infiltrare combattenti verso le Ande. Ci sarebbe stato infatti un incontro tra il generale brasiliano Emílio Garrastazu Médici e il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon per instaurare la dittatura del generale Augusto Pinochet, anche attraverso ingenti aiuti finanziari alla Giunta Militare. Il capo della dittatura brasiliana disse a Nixon che il presidente socialista cileno avrebbe dovuto essere deposto "per lo stesso motivo per cui Goulart era stato rovesciato in Brasile". In effetti Goulart, ex presidente del paese, leader di politiche di sinistra, fu deposto da un colpo di Stato militare nel 1964, dopo il quale venne imposta una dittatura di estrema destra sostenuta dagli USA che durò fino al 1985. Un documento della Cia, invece, ha svelato l’incontro tra alti funzionari brasiliani: uno di loro, di cui non conosciamo il nome, affermava che: "Gli Stati Uniti ovviamente vogliono che il Brasile faccia il lavoro sporco in Sud America". Fra i file, è emerso anche un cablogramma inviato dall’ambasciatore cileno in Brasile, Raùl Rettig, che riferiva: "L’esercito brasiliano starebbe conducendo studi sull’introduzione di una guerriglia (Anti Allende) in Cile". Nel suo messaggio Rettig spiegava che più fonti avevano informato l'ambasciata che il regime militare brasiliano stava studiando come istigare un’insurrezione per rovesciare il governo di Salvador Allende. Anche i militari brasiliani avevano istituito una "stanza della guerra" con mappe e modelli della catena montuosa delle Ande per pianificare le operazioni di infiltrazione. Altre fonti di Raùl Rettig lo avvertirono che "l’esercito brasiliano avrebbe inviato in Cile diversi agenti segreti che sarebbero entrati nel Paese come turisti, con l’intenzione di raccogliere maggiori informazioni sulle regioni in cui avrebbe potuto operare un movimento di guerriglia Anti-Allende". Questo telegramma, è solo uno delle centinaia di documenti ottenuti dal ricercatore brasiliano Robert Simon, citato anche dal centro studi, che nel suo libro "Il Brasile contro la democrazia: dittatura, colpo di Stato in Cile e guerra fredda in Sud America", ha indagato sul tema. Secondo Simon, "Il Brasile aveva le sue motivazioni, strategiche, ideologiche ed economiche per intervenire in Cile". Ormai, a quasi cinquant'anni da quell’undici settembre 1973, che marcò in modo indelebile la storia cilena e latino-americana, anche se a sprazzi, continuano a uscire pezzi di una verità, ancora non del tutto limpida. Segreti, nomi e tradimenti di persone che andarono contro la propria stessa patria. È anche vero però che, da quello stesso giorno un nome rimase, rimane e rimarrà scolpito nei pensieri e ideali di ogni giovane rivoluzionario; quello di Salvador Allende, che nei suoi ultimi istanti di vita all’interno del "Palacio de la Moneda" decise di lasciare un ultimo appello al popolo che tanto ha amato e per il quale ha dato la vita. "Trovandomi in un momento cruciale della storia, pagherò con la mia vita la lealtà del popolo, e vi dico che ho la certezza che il seme che depositammo nella coscienza degna di migliaia di cileni, non potrà essere falciato via definitivamente. Hanno la forza, potranno abbatterci, ma i processi sociali non si arrestano né con il crimine, né con la forza. La storia è nostra, e la fanno i popoli". Dinanzi a tali parole, è responsabilità di ogni cittadino cileno e del mondo, farsi carico del sacrificio di chi, come Salvador Allende, anche nel momento più buio, conscio di quello che sarebbe accaduto di lì a poco, ha avuto la forza e il coraggio di ribadire la sua fede nella patria, nel popolo e nel destino della storia. "Viva Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!".

Foto © Abode of Chaos is licensed under CC BY 2.0

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