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Le definizioni classiche di dittatura, dall’antica Roma ai regimi del XX secolo, presuppongono la presenza di uno Stato, di cui il dittatore, in regime di eccezione, assume la guida per affrontare situazioni di emergenza: basti rileggersi con quali motivazioni Mussolini e Hitler ottennero dai rispettivi parlamenti i pieni poteri. Oggi, tutto questo è superato: è questa una svolta epocale. Rimane la dittatura, ma lo Stato, quale capacità di curare gli interessi della res publica, non esiste più.

La logica del profitto e il modello Usa
La vicenda McKinsey di questi ultimi giorni ne è una prova evidente, ben oltre le banalizzazioni del mainstreaming. L’estensione della logica aziendalista alla gestione di beni e servizi pubblici ha dato inizio in Italia a questo processo fin dagli ultimi decenni del Novecento: tutti ricorderanno che da allora si parla delle Forze Armate come di una “azienda che produce sicurezza”, della scuola che deve “produrre” lavoratori competenti, di “aziende” sanitarie, il cui nome già dice tutto. Tutti abbiamo assistito alla furia privatizzatrice, che ha sottratto al controllo pubblico infrastrutture strategiche essenziali del nostro Paese: autostrade, compagnia di bandiera, industria degli armamenti, elettronica, eccetera, eccetera. Tutto questo in nome di una logica del profitto che sembra aver cancellato un elemento semplice ma fondamentale: il settore pubblico non avrebbe nessun bisogno di fare profitto, basterebbe fosse efficiente, fornendo servizi funzionanti e chiudendo in pareggio, come ogni buona no-profit. Gli Usa, dove la logica del profitto non ha mai conosciuto alternative, hanno imposto culturalmente, politicamente ed economicamente questo modello a tutto l’Occidente, in quanto esso caratterizza la loro storia da sempre. Basti pensare al progetto Manhattan (bomba atomica) negli anni Quaranta, alla NASA negli anni Sessanta - proprio il periodo che ha fatto la fortuna di McKinsey, uno dei leader mondiali della consulenza pubblica.

McKinsey e pandemia
Per questo suo costante collegamento col mondo pubblico, all’esplodere dell’emergenza Covid, lo scorso marzo 2020, McKinsey è stata infatti in grado in poche settimane di rastrellare 100 milioni di dollari di fatturato di consulenze sul “mercato pubblico” statunitense. Grazie al fatto che alcune primarie agenzie pubbliche non erano in grado, a loro dire, di gestire l’emergenza Covid.
Così, la multinazionale il 20 marzo 2020 è riuscita ad ottenere un contratto da 20 milioni di dollari, con procedura di affidamento diretto, dal Veteran Affairs (VA), l’agenzia governativa che si occupa dei problemi economico-sociali di ben 9 milioni di ex-militari Usa: per intendersi i protagonisti dei vari conflitti che dalla fine della Seconda Guerra mondiale gli Stati Uniti hanno gestito in mezzo mondo. Oggetto del contratto: le procedure da adottare per l’emergenza Covid-19. Dieci giorni dopo, la Defense Health Agency (DHA) si è aggiunta al contratto VA, portando il suo valore a 22,5 milioni di dollari. La settimana dopo, anche l’US Air Force ha assunto McKinsey, sempre con un altro affidamento diretto, per sviluppare una strategia per ottenere dagli appaltatori del Ministero della Difesa Usa (DoD), molti dei quali a loro volta già clienti di McKinsey, forniture mediche per contrastare la pandemia. Infine, all’inizio di maggio, il già citato DHA ha ampliato la portata dell’accordo con McKinsey, firmando un contratto aggiuntivo per un valore di ulteriori 6,1 milioni di dollari. A ruota, trascinati da questi convincenti esempi, la Federal Emergency Management, il Dipartimento della Salute e Servizi Umani, hanno ingaggiato McKinsey, con lo stesso compito di ottenere forniture mediche. Quindi il team del governatore di New York, Andrew Cuomo, ha assunto McKinsey per elaborare, da modelli epidemiologici esistenti, la valutazione delle esigenze dello Stato in termini di capacità ospedaliera e di offerta medica, necessarie per affrontare la pandemia. Poi, la Food and Drug Administration (FDA) ha chiesto alla multinazionale di collaborare per realizzare il monitoraggio e l’analisi dei dati, sempre in relazione all’emergenza sanitaria. A questo punto, gli Stati di California, Illinois, Massachusetts, New Jersey, Tennessee e Virginia hanno stabilito collaborazioni operative con McKinsey, arrivando, a quanto pare, a oltre 100 milioni di dollari di incarichi complessivi nel giro di poche settimane.

I guadagni di McKinsey
Le tariffe di McKinsey non pare siano particolarmente vantaggiose, visto che fonti americane parlano di un consulente junior a 67.500 dollari a settimana, cioè 3,5 milioni di dollari l’anno, quando per la stessa cifra i concorrenti ne forniscono almeno due. Ma McKinsey ha subito proposto “prezzi filantropici” in onore della pandemia: le tariffe ridotte variavano da 125.000 dollari a settimana (pacchetto da due consulenti) a 178.000 dollari (pacchetto da cinque). Nel caso italiano, McKinsey avrebbe assicurato, almeno da notizie di stampa, di essere pronta a lavorare pro bono (cioè quasi gratis) per il governo italiano. Ma, senza nulla togliere ai sentimenti filantropici dell’azienda, è il caso di ricordare che il vero guadagno di questo tipo di interventi non è certo nelle ore di consulenza fornite ai vertici politici, ma nelle assai più lucrose partecipazioni alla successiva gestione operativa dei progetti, sia essa diretta o attraverso consociate e partner. Altro punto cruciale sono le economie di scala che McKinsey realizza, raccogliendo e centralizzando le informazioni, i dati, le metodiche ottenute con questo tipo di collaborazioni pubblico-private: esse diventano quindi un know-how che l’azienda può utilizzare in n-mila altri casi, facendo pagare al cliente finale ogni volta prodotti già realizzati e debitamente riconfezionati. È da notare che i dati raccolti da McKinsey, almeno negli Usa, rimangono patrimonio dell’azienda e non possono per contratto essere condivisi con altri dal cliente finale: mentre l’azienda può rivenderli o riutilizzarli quante volte vuole e a chi vuole. Siamo assolutamente certi tuttavia che la forza contrattuale dello Stato italiano, nelle cui stanze dei bottoni oggi siedono molti cari amici di McKinsey, sarà sicuramente capacissimo di strappare condizioni migliori alla multinazionale.

I costi e i risultati delle consulenze
A volte però la consulenza è vera e propria aria fritta. Sembra il caso della contea di Miami-Dade, in Florida, per esempio, rivoltasi a McKinsey per chiedere l’elaborazione delle linee guida per la riapertura delle attività economiche della contea, dopo un lock-down di più di un mese. Un caso quindi che ci potrebbe interessare molto da vicino, visto che all’azienda sarebbero state richieste indicazioni sulla gestione del Recovery Plan e del collegato atteso e sperato rilancio dell’economia italiana.
Una pubblica funzionaria della contea avrebbe rilevato, a proposito del rapporto costo-prestazioni di McKinsey, che in realtà l’azienda impegnava ben cinque persone, con l’ulteriore supporto del personale pubblico della contea, per fare quello che lei stessa dichiarava di poter fare da sola. Il costo di 142.000 dollari a settimana, alla fine, sarebbe risultato superiore all’ammontare degli stipendi annuali combinati di ben due membri dello staff pubblico, che avevano aiutato la stessa funzionaria a predisporre il piano di riapertura. I risultati finali di questa consulenza lasciano perplessi gli osservatori. Molti erano costituiti da misure ovvie, già suggerite dal personale della contea: per esempio, installare barriere in plexiglass tra cassiere e cliente! Il tutto condensato in un documento di 175 pagine in cui le varie misure combinavano cinque diverse tipologie di colori con cinque modelli di azione, non sempre integrabili fra loro: una specie di semaforo dove però delle forme sono state aggiunte alla consueta combinazione di tre colori - per cui un quadrato giallo significa qualcosa di diverso da un cerchio giallo, che significa qualcosa di diverso da un cerchio rosso.
Viene quasi da credere che gli estensori dei nostri DPCM abbiano già usufruito dei suggerimenti di McKinsey…
In termini poi di efficienza, c’è da dire che, dopo oltre tre settimane dall’attivazione del contratto, la Veteran Agency, ad esempio, non aveva ancora ricevuto da McKinsey i dati necessari a due tipologie di struttura sanitaria fondamentali per la VA, le case di cura e le strutture rurali: queste ultime da sole servono 2,7 milioni di veterani – più di un quarto di tutti gli iscritti al VA. Nel frattempo, il contagio si accresceva proprio in quelle strutture, passando da 1.685 a 5.887 casi. Non dimentichiamo che l’azienda era stata attivata proprio perché la VA non si riteneva in grado di agire nei tempi ristretti richiesti dall’emergenza: la stessa motivazione, quella dell’inefficienza delle nostre pubbliche amministrazioni, con cui oggi in Italia si giustifica la scelta di McKinsey!
Ci siamo limitati qui a ricordare come McKinsey si è inserita nell’emergenza pandemica negli Usa. Non facciamo in questa sede riferimento agli scandali in cui essa è stata coinvolta: il celebre caso Enron del 2001, Galleon nel 2009, Valeant nel 2015, Arabia Saudita nel 2018, Cina nel 2018, ICE nel 2019 e Purdue Pharma nel 2019. Il lettore potrà agevolmente documentarsi in proposito.

La neutralità di McKinsey
La presunta neutralità politica delle società come McKinsey è un altro mito da sfatare: McKinsey raccoglie oggi i frutti di una lunga semina, iniziata fin dagli anni Cinquanta, quando l’azienda, come altre del settore, sosteneva l’idea che gli uomini d’affari dovrebbero soppiantare i dipendenti pubblici, in particolare in quelle posizioni direttive in cui le decisioni politiche vengono messe in pratica – esattamente il “luogo” dello Stato italiano in cui dovrebbe agire oggi McKinsey, come altre agenzie “tecniche”, presentate come politicamente neutre.
In un documento indirizzato alla neonata NASA nel 1960, McKinsey affermava, con un appello in tutto aderente alla propaganda dei tempi della Guerra Fredda, oggi ridiventato attualissimo, che, in una “società della libera impresa (…) all’industria dovrebbe essere assegnato un ruolo il più ampio possibile”.
Non a caso uomini importanti di McKinsey hanno poi trovato, alla fine del Millennio, gradita accoglienza nelle file di uno dei gruppi politici che hanno più avuto influenza in Europa negli ultimi decenni, quello costruito intorno al laburista britannico Tony Blair, ancora oggi attivissimo su questo piano, adorato dai cosiddetti progressisti italiani.

Le nuove gerarchie
Siamo quindi arrivati ad un modello di gestione della res publica al cui vertice troviamo rappresentanti delle consorterie dei partiti, che non rispondono certo del loro operato agli elettori, ma, come abbiamo già avuto modo di dire, ai grandi gruppi di interesse economico-finanziario, ai quali i partiti, per esigenze di mera sopravvivenza economico-finanziaria, fanno riferimento.
Un secondo livello, è quello dei vertici ministeriali, dove i grand commis dello Stato operano a stretto contatto con i gruppi di pressione delle aziende private, grazie a procedure, straordinariamente complesse quando si ha a che fare con le piccole imprese, ma straordinariamente accelerate quando invece gli interlocutori sono le grandi multinazionali, soprattutto nel momento delle grandi emergenze - siano esse calamità naturali, pandemie, crisi finanziarie, cybersecurity e via dicendo. Oggi ci allarmiamo per McKinsey, ma chi parla di Microsoft o di Alphabet, la holding di Google - per esempio del loro ruolo nella didattica a distanza dilagata nel Paese, senza alcuna valutazione pubblica in proposito?

Dopo lo Stato-Nazione
Lo Stato dunque, grazie alle spartizioni partitiche ed alla superfetazione legislativa, operativamente non esiste più, come capacità di direzione strategica e tecnica di un Paese: come non pochi preconizzavano decenni or sono, oggi a disegnare il futuro a livello mondiale è un pugno di grandi aziende transnazionali, il cui effettivo controllo è in mano ad una ristretta oligarchia di grandi società finanziarie. Una direzione sovranazionale che sottrae alla democrazia i suoi stessi fondamenti: la sovranità popolare e la rappresentanza politica, arrivando ove necessario anche alla negazione di diritti civili essenziali, come la libertà di movimento, senza che vi sia più alcuna volontà politica di contrastarla. Sulle ceneri dello Stato nazionale non si sta edificando una società più libera e giusta, come forse poteva essere possibile: si sta legittimando la dittatura del profitto, ancora più pervasiva di qualsiasi dittatura politica. Il tutto con l’attiva partecipazione dei comunisti di ieri e dei sovran-populisti dell’altro ieri: tutti quanti felicemente ammassati nella corte dei miracoli del proconsole Draghi.

Tratto da: clarissa.it

Foto © Philip McMaster

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