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La Coalizione Internazionale a guida Saudita tra poco dovrà fare fagotto e andarsene da Marib, dove ne aveva fatto in questa guerra il suo quartier generale. I mujaheddin sono ormai vicini alla conquista della città, più precisamente a 7 chilometri dal centro cittadino.
La strategia saudita ha fallito. In sei anni non è riuscita a formare un esercito nazionale, preferendo invece aggregare un insieme di milizie farlocche controllate dai seguaci di Islah, la Fratellanza Yemenita. Riforniti periodicamente da una base costruita a 15 chilometri dal centro cittadino in cui atterravano elicotteri da trasporto provenienti dall’Arabia Saudita scortati dai celeberrimi Apache.
La capitale Sanna “era a meno di 40 chilometri” dicevano i sauditi, il colpo di grazia all’offensiva Houthi sembrava vicino, ma le cose non sono andate come previsto dal momento che le forze governative fedeli al presidente Abd Rabbu Mansour Haid si sono dissolte due giorni fa, ritirandosi dalle posizioni intorno a Marib.
Gli Houthi, i guerriglieri sciiti che dal febbraio 2015 hanno in mano la capitale Sanna si sono ritrovati a combattere contro un “esercito” demotivato, insofferente e che passa la maggior parte del tempo a masticare qat, la famosa droga nazionale. Alla loro causa hanno contribuito molto la motivazione, l’addestramento e le tecnologie messe a disposizione dall’Iran e dal Libano, istruendoli anche nuove strategie come quella dell’hybrid warfare, un misto fra guerriglia e l’utilizzo dei droni con missili anticarro i quali hanno già provocato numerosi danni alle divisioni corazzate governative.
Sul campo erano presenti anche le milizie jihadiste e gli emiratini ma entrambi hanno abbandonato i rispettivi obbiettivi, i primi persuasi alla moderazione dai dollari sauditi, i secondi sono fuggiti a Sud del Paese con l’intento di ritagliarsi un protettorato ad Aden.
Davanti a questa situazione Riad potrà intervenire soltanto con l’aviazione, ma i recenti ripensamenti di Biden sulla vendita di armi e munizioni al regime Saudita hanno ridotto il numero di operazioni militari aeree che si possono effettuare.
Dunque per riuscire a salvare il quartier generale di Marib, e la sua reputazione, il principe Mohammed bin Salman dovrà ricorrere alla diplomazia. Forse ancora gli risuonano in testa le parole di suo padre, Re Salman il quale lo mise in guardia contro il “Vietnam Yemenita che già negli anni sessanta aveva dissanguato “l’Egitto di Nasser”. Anche Joe Biden ha espresso interesse a salvare la città percorrendo la strada diplomatica, ma non per motivi umanitari, la questione e che se la città cadesse il primo a giovarne sarebbe il governo di Teheran. Il suo cavallo di battaglia è il diplomatico Timothy Lenderking il quale ha ricevuto l’ordine di non parlare con il futuro reggente ma direttamente con il Re Salman. Ma la di là della diplomazia e delle mezze misure pacifiste della neo amministrazione americana questa guerra ha già fatto più di centomila morti, ha ridotto alla miseria più nera un intero popolo e ha fatto incassare ai governi guerrafondai come quello Italiano enormi proventi economici. 

Fonte: La Stampa

Foto © Ibrahem Qasimis licensed under CC BY-SA 2.0

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