Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

I legali chiedono l’intervento della Commissione Interamericana per i Diritti Umani e l'archiviazione

I tre fratelli Peirano Basso, condannati per frode bancaria, hanno chiesto alla Corte Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) di annullare il procedimento contro di loro, e anche i precedenti penali, per presunte violazioni dei loro diritti umani e un eccesso di tempo trascorso senza ancora una condanna.
La famiglia Peirano Basso, dirigente del gruppo bancario Velox, fu responsabile nel 2002 della fusione della Banca di Montevideo e la Banca La Caja Obrera in Uruguay, lasciando l'Uruguay sommerso da una crisi finanziaria senza precedenti, accentuando notevolmente la povertà, e facendo perdere a molti risparmiatori il proprio denaro. Dietro la storica ed enorme truffa, calcolata in 800 milioni di dollari e un paese sull'orlo del fallimento, Jorge Peirano Facio e tre dei suoi figli, in possesso di gran parte delle azioni del gruppo bancario, finirono in prigione, mentre l'altro fratello, Juan Peirano, considerato il capo del gruppo, fu estradato solo nel 2006 da Miami, dove si era dato alla fuga.
Il caso è tornato sotto i riflettori dopo essere stato affidato al giudice Luis Pacheco il 10 dicembre dello scorso anno. Insieme al fascicolo, Pacheco ha ricevuto una richiesta da parte della difesa di Juan Peirano Basso che potrebbe rappresentare una "prova" determinante, a dire degli avvocati, per definire l'innocenza o la colpevolezza dell'accusato, ma poiché la richiesta iniziale risale al 2012 senza che, ad oggi, ci sia stata una risposta, Pacheco ha chiesto al giudice titolare del caso, Isaura Tórtora, di respingerla. La risposta degli avvocati del leader del gruppo economico è stata una richiesta di annullamento della causa.
Parallelamente, la Giustizia esamina la denuncia presentata dinanzi al CIDH dai tre Peirano imputati, nella quale reclamano che venga annullato il procedimento aperto contro di loro, così come i loro precedenti penali, sostenendo che sono stati violati i loro diritti umani, trovandosi ancora in attesa di una condanna dopo anni.
La loro tesi è che da agosto 2002, quando ci fu la truffa milionaria con malversazione di fondi dalla Banca di Montevideo a conti delle imprese gestite dalla famiglia, il processo contro Jorge, José e Dante Peirano Basso si sia prolungato fino al 2017, anno in cui finalmente furono condannati al carcere per frode bancaria. Tuttavia il leader del gruppo, Juan Peirano, non ha ancora ricevuto alcuna sentenza.
Quello stesso anno, gli imputati presentarono una denuncia, ancora in fase di valutazione, in cui sollecitano allo Stato l'annullamento del procedimento penale a loro carico e che i lori precedenti penali vengano eliminati.
La loro richiesta si basa sul fatto che il reato a loro contestato è stato annullato dalla legge a causa del tempo in cui si è protratto il processo, e tale giudizio è stato poi cancellato da un Tribunale di Giustizia. Mentre accadeva tutto questo, Juan Peirano rimase latitante per alcuni anni, e poi venne estradato; i resti del padre deceduto in prigione, furono riesumati per determinare la sua identità; il giudice fu coinvolto in una controversia politica e si ritirò dal caso; e la Corte Interamericana per i Diritti umani è intervenuta a causa degli anni di prigione preventiva senza una sentenza per i fratelli Peirano. Ma la Suprema Corte di Giustizia ha deciso di riaprire il caso, condannando finalmente nel 2017 i tre fratelli rimasti nel paese dopo il fallimento e la frode ai danni della Banca di Montevideo e della Caja Obrera.
Gli avvocati dei Peirano, l'uruguaiano Pablo Donnángelo e gli argentini Carlos Varela e Carlos de Casas, hanno presentato uno scritto dove sostengono che la sentenza a loro carico "rappresenta una nullità assoluta”, ed è "in netta contraddizione con le norme internazionali vigenti in materia di diritti umani”.
Aggiungono ancora che dopo circa mille giorni dall’inizio del processo contro i fratelli Peirano, "dal fascicolo giudiziale non si evinceva alcuna traccia di attività processuale di alcun tipo finalizzata al chiarimento dei fatti asseriti”.
Segnalano inoltre che lo Stato ha violato il principio legale di congruenza, poiché nel processo ci fu un "cambiamento a sorpresa ed ingiustificato" dell'imputazione a loro carico per “giustificare - secondo loro - una detenzione ingiustificabile”. E rivendicano che la Suprema Corte di Giustizia “si sia presa tre anni per esaminare il ricorso in cassazione che alla fine ha respinto".
Un'altra delle loro proteste è che quando si applicò una Legge che cercava di decongestionare le carceri, i Peirano furono esclusi, soffrendo così "discriminazione legislativa".
Ma la questione riguarda anche le autorità del Potere Esecutivo, di cui lamentano la strumentalizzazione della "causa Peirano come bottino politico", cavalcando l’onda dell’"allarme pubblico”.
Juan Peirano, senza condanna dal 2006, quando fu richiesta agli Stati Uniti la sua estradizione - dove era latitante - dinnanzi al tribunale penale di 23° turno, tramite il suo avvocato, Daniel Sellanes, sollecitò al giudice Tórtora di "disporre, senza andare oltre, l’archiviazione della causa”, considerando che era stato violato il "diritto al termine ragionevole nel procedimento penale" del suo cliente.
Al momento non ci sono accuse presentate dalla Procura e Peirano rimane quindi in un limbo giuridico, senza possibilità di essere assolto o condannato poiché il passaggio precedente, cioè l'accusa, non è stato eseguito.

In foto (tratta da www.lainformacion.com): Juan Peirano mentre viene condotto in Tribunale dopo la sua estradizione dagli USA nel 2008

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos