“Our Voice è un movimento di giovani che uniscono l'arte all'attivismo per trattare tematiche sociali attuali", spiega Sonia Bongiovanni, fondatrice di Our Voice. Siamo a 10 giorni dall’ultima tappa del percorso processuale che si sta svolgendo a Londra, per consegnare Julian Assange agli Stati Uniti, un paese che si erge a baluardo della libertà e democrazia e nel quale un giornalista, per aver fatto emergere crimini compiuti da governi ed esercito, rischia l’ergastolo o la pena di morte. In Italia, un altro paese nel quale intellettuali e giornalisti, personaggi pubblici di ogni tipo, si riempiono continuamente la bocca diritti umani, di Assange non si parla assolutamente perché non è conveniente. In questo paese però si sta alzando la voce di un gruppo di ragazzi liberi e indipendenti a lanciare un’iniziativa semplice e bellissima.
Da cosa nasce questa iniziativa?
Nasce dall’assordante silenzio mediatico che continua ad avvolgere la vicenda di Julian Assange. Noi, società civile, abbiamo il dovere di contrastare questo silenzio e dare al caso la più ampia visibilità possibile. Spesso tendiamo a sottovalutare la nostra energia e il fatto che mobilitazioni di massa riescano a produrre importanti pressioni politiche e mediatiche. Noi siamo l’ostacolo principale di chi vuole distruggere Julian Assange. È uno scontro ad armi impari ed è per questo che ognuno di noi può avere un ruolo fondamentale. Come nel video, è nostro dovere alzarci in piedi su quella sedia per difendere un uomo “colpevole” di aver detto la verità.
Come ti spieghi il muro di gomma dell'informazione e dei programmi televisivi intorno ad Assange?
L’informazione, soprattutto quella dei media mainstream, ha dimostrato clamorosamente di essere uno strumento in mano alla politica. L’omertà, il silenzio e la distorsione delle notizie in merito alla vicenda di Julian Assange derivano chiaramente dalla volontà di quelle organizzazioni, che hanno fatto della segretezza la loro arma principale e il cui scopo è aggirare l’opinione pubblica. Sono quelle stesse organizzazioni che Wikileaks ha smascherato pubblicandone i documenti, in cui venivano rivelati illeciti, crimini e tante altre informazioni di elevato interesse pubblico. Ma senza un predisposto ambiente mediatico non sarebbe stato possibile ingannare l’opinione pubblica. È il motivo per cui oggi le notizie su Assange sono poche. In questi 10 anni di persecuzione, Stati come la Svezia, l’Ecuador e il Regno Unito hanno dimostrato che, di fronte alle richieste degli Stati Uniti, sono disposti a violare le proprie costituzioni, le leggi internazionali, i richiami dell’Onu e ogni altro basilare principio di democrazia. I media seguono esattamente questa strada.
Cosa penserebbero i giovani italiani di Assange se conoscessero la sua storia?
Credo che si soffermerebbero molto sulla diffamazione mediatica che ha subito. Oggi si dà molta importanza alla superficie e poco al contenuto. Assange è stato calunniato dalle più alte cariche statunitensi come “spia russa”, “molestatore” e “terrorista”. Sono accuse molto forti e, nonostante ampiamente smentite (ad esempio dalle indagini condotte da Nils Melzer nel 2019 sul caso di “minor rape” attribuito ad Assange in Svezia), nell’immaginario delle persone non informate adeguatamente della vicenda l’immagine di Julian Assange sarà sempre collegata a tali diffamazioni. Si tratta del cosiddetto “framing”: manipolare la percezione delle persone rispetto ad un determinato argomento.
Dunque, tornando alla domanda, il punto è come conoscerebbero la sua storia. Libera da ogni falsificazione la figura di Assange non può che rappresentare un esempio per noi giovani: un uomo che ha combattuto crimini, abusi e guerre con la verità.
Ci parli di OurVoice?
Our Voice è un movimento culturale internazionale di giovani che denunciano le ingiustizie sociali attraverso l'arte e l'attivismo. Il movimento è nato nel 2014 a Sant'Elpidio a mare (FM), dove tuttora è presente la sede principale del movimento. Di seguito si è espanso in tutta Italia creando dei movimenti locali a Udine, Milano, Palermo e Roma, e poi in Sud America in Argentina (Rosario, Salta, Ushuaia, Santa Cruz e Campana), Uruguay, Paraguay e Cile. Per sapere di più del nostro movimento e delle iniziative che portiamo avanti è possibile consultare il sito www.ourvoice.it o trovarci sui nostri canali social.
Cosa avete in programma per il futuro?
Appena le misure restrittive si allenteranno riprenderemo anche in presenza gli spettacoli teatrali su tutto il territorio nazionale e in sud America. Tra i vari progetti futuri stiamo ad esempio preparando un cortometraggio sulla mafia e la collusione politica con questa.
Come prosegue la vostra iniziativa in difesa di Julian?
Dopo il video abbiamo lanciato una campagna sui social per diffondere sempre di più questo caso. Si tratta di scattarsi una foto su una sedia (ispirata dalla celebre scultura “Anything to Say: a monument to courage” di Davide Dormino) tenendo in mano un cartello con su scritto #aChair4Assange. La foto dovrà essere pubblicata come post sui social con i seguenti hasthag:
#aChair4Assange #FreeAssange #JulianAssange #Assange #AnythingToSay.
È necessario raggiungere la più ampia visibilità possibile e i social in questo possono essere di aiuto. Solo così riusciremo a creare la pressione politica e mediatica sufficiente per smuovere l’opinione pubblica e sollecitare i governi a pronunciarsi e a contrastare una simile ingiustizia.
Tratto da: lantidiplomatico.it
In foto: scultura in bronzo Anything To Say? e opera artistica di Davide Dormino che è stata collocata nell'Alexanderplatz di Berlino il primo maggio 2015 © Wikipedia
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