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Pubblicati migliaia di documenti del Nsa sui piani di Washington nella soppressione della “minaccia comunista” cilena

Washington, 6 novembre 1970. Nello studio Ovale del Consiglio di sicurezza degli Stati Uniti si riuniscono i vertici dell’amministrazione Nixon. Tema del giorno: trovare una soluzione per fermare definitivamente Salvador Allende e la sua agenda politica dopo i vari e vani tentativi compiuti sottobanco dalla CIA per evitare una sua vittoria alle elezioni in Cile. Gli uomini del presidente Richard Nixon sono indecisi sul da farsi e temono che il leader socialista di Unidad Popular possa trascinare sempre più verso sinistra altre nazioni del mondo strappandole dal controllo statunitense. Un rischio che l’America non può permettersi di correre. "Nell'arco di sei mesi-un anno gli effetti di questa svolta marxista andranno oltre le relazioni tra Usa e Cile”, avverte Henry Kissinger, al tempo segretario della Sicurezza nazionale del Repubblicano Richard Nixon e figura apicale dell’establishment americana. "Uno degli esempi più vistosi è l'impatto che avrà in altre parti del mondo, specialmente in Italia”, insiste il massimo consigliere della Casa Bianca, che al tempo teneva sott’occhio il leader della Dc Aldo Moro tanto da arrivare addirittura a minacciarlo l’anno seguente se non avesse interrotto la sua linea politica. “La propagazione emulativa di fenomeni simili in altri luoghi a sua volta - continua Kissinger - colpirà in modo significativo l'equilibrio mondiale e la nostra stessa sfera di influenza". Erano in gioco gli interessi nazionali messi a repentaglio dalle politiche nazionaliste, anti capitaliste e anti imperialiste di Allende, grazie al quale il Cile stava vivendo un periodo d’oro nei primi anni del suo mandato. Il presidente Richard Nixon, persuaso anche dal segretario di Stato William Rogers e dal direttore della Cia, Richard Helms, si convince: “Se c'è un modo di rovesciare Allende, è meglio farlo”, un'affermazione che traduce in ordine d'intervento. Il dialogo serratissimo tra il presidente e i vertici del potere dell’epoca è contenuto nelle migliaia di documenti oggi declassificati e ora resi noti al pubblico del National Security Agency (Nsa), la madre di tutte le agenzie di intelligence americane. Per Richard Nixon il Cile di Allende rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale, una frase che verrà riproposta come un mantra nei decenni a venire. Ecco quindi che viene attivata la macchina destabilizzatrice per destituire il leader socialista amato dal popolo cileno: il lento logorio economico, il costante indebolimento della stabilità del Paese tramite l'utilizzo di considerevoli operazioni di boicottaggio per lo più illegali, gli scioperi innescati nel Paese, le minacce continue. Gli Stati Uniti creano in questo modo le condizioni ideali affinché Allende perda consensi. Lo lavorano “ai fianchi”, come si suol dire nel mondo del pugilato. E nel frattempo, in gran segreto, sostengono logisticamente proprio chi aveva avuto la fiducia di Allende: il generale Augusto Pinochet. La storia la conoscono tutti. Sarà Pinochet, braccio destro di Allende a tradire “El presidente compañero” la mattina dell’11 settembre 1973 con un colpo di Stato. Gli uomini della giunta militare guidata da Pinochet mettono a ferro e fuoco Santiago del Cile in poche ore, occuperanno le televisioni, le radio, le strade e bombarderanno La Moneda, il Palazzo presidenziale dove Salvador Allende si trovava quando pronunciò quello che verrà ricordato come il suo ultimo discorso alla nazione prima di essere assassinato dai golpisti. Seguiranno 17 anni di feroce dittatura (dal 1973 al 1990) fatta di omicidi, sparizioni, torture e violenze di ogni genere. Crimini per lo più rimasti impuniti grazie anche a una Costituzione, quella redatta dalla giunta militare, rimasta invariata per altri 30 anni dalla caduta del regime.

Foto © Biblioteca Congreso Nacional de Chile

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