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Il cammino per una democrazia "plurinazionale, plurilingue e interculturale" passa per il riconoscimento del ruolo del popolo Mapuche nel processo di stesura della nuova Costituzione del Cile. A dirlo è Elisa Logkon Antileo, nativa, attivista e docente universitaria, esponente della Red por los derechos educativos y linguisticos. L'agenzia Dire la raggiunge al telefono, a Santiago, mentre in questi giorni in Cile il Senato dibatte possibilità e modalità sulla rappresentanza della comunità Mapuche alla "convenzione costituzionale" che dovrà redigere la nuova Carta fondamentale che il popolo domenica scorsa ha votato come nuova Costituzione eliminando quella trentennale scritta durante gli anni della dittatura.
L'organismo scelto dai cittadini per occuparsi della stesura del documento è una convenzione composta per intero da membri eletti ad hoc. "Siamo molto contenti che i cileni abbiano detto addio al testo di Pinochet" ha detto all’agenzia DIRE Antileo. L'attivista, che da anni lotta per il riconoscimento del diritto alla cultura e all'insegnamento della lingua Mapuche, ha voluto sottolineare però che la strada da percorrere è ancora lunga. "Mi sembra ingiusto che i popoli originari debbano ancora combattere per aver garantita la rappresentanza" ha affermato, convinta che "tante comunità native del mondo hanno fatto enormi passi avanti in questo senso". La proposta sostenuta dalla rete dei popoli originari e più in generale da tutta la sinistra cilena, dice Antileo, è quella di "25 rappresentanti per le dieci comunità di popoli originari del Paese, che si andrebbero ad aggiungere ai 155 previsti dalla convenzione". Secondo l'attivista, "i nativi rappresentano circa il 13 per cento della popolazione cilena e si tratta quindi di una scelta motivata da un principio di proporzione demografica". A oggi le persone che si definiscono appartenenti a un popolo originario in Cile sono poco più di due milioni, su una popolazione totale di circa 18 milioni. Oltre un milione e 700.000 nativi sono Mapuche. Alla luce di questi numeri, ha aggiunto Antileo, "14 seggi su 24 andrebbero a membri della nostra comunità”. La proposta però è ferma al Senato. "La destra del presidente Sebastián Piñera fa fronte comune sul tema - ha denunciato l'attivista - rallentando il processo e avanzando dubbi sul principio di proporzionalità e le modalità di decisione su chi dovrebbe poi rappresentarci". I candidati a un posto alla convenzione dovranno essere presentati entro gennaio. Secondo la docente, però, la questione è molto più profonda e delicata di numeri e regolamenti: in gioco c’è la partecipazione dei popoli originari alla vita politica del Paese. "Il Cile è ufficialmente tornato alla democrazia nel 1989, noi no" ha detto Antileo. "Tutti i governi che si sono succeduti da quella data non hanno ascoltato la nostra voce, portando avanti un disegno razzista che nega i nostri diritti fondamentali, compresi quelli alla terra e al riconoscimento della cultura". La donna è convinta che la prospettiva è sempre stata quella di "costruire una nazione monoculturale e monolingue". La protesta dell'ultimo anno, culminata poi nel referendum, avrebbe però aperto gli occhi al popolo cileno. "La nostra bandiera sventolava per le strade, dove siamo scesi tutti insieme" ha dichiarato Antileo. "La gente ha capito che la nostra lotta è giusta, come quella di tutte quelle parti della società cilena che vedono i loro diritti negati".

Fonte: DIRE

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