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di Jean Georges Almendras
Perché vengono alla luce le dichiarazioni di un ufficiale uruguaiano alla Corte d'Onore militare? "Ero un soldato e ho fatto del mio meglio; ho dovuto uccidere e ho ucciso, e non me ne pento”. Le dichiarazioni di Gilberto Vazquez rivelano una tensione militare interna

Dopo 40 anni, le storie degli orrori della dittatura civico-militare in Uruguay stanno venendo alla luce. Vengono fuori a pavoneggiarsi in mezzo a noi, come se ora fossero l'ancora di salvezza per guarire le pagine del passato autoritario, forse, per poter voltare pagina, consegnandoci qualche confessione? Dopo 40 anni, il colonnello Gilberto Vázquez - che ora ha 75 anni - viene smascherato e si sa tutto sulle sue azioni durante la dittatura come membro delle Forze Armate. Ma non ci saranno altri militari detenuti, la maggior parte dei quali agli arresti domiciliari, a cui toccherà la stessa sorte? Qual è il vero obiettivo della manovra, dell'operazione di definire la questione delle barbarie dei militari coinvolti nella dittatura? Oggi, dopo 40 anni.

Proprio nel momento in cui abbiamo un governo di destra. Cosa si intende fare oggi, aprendo le serrature dell'omertà e consegnando, come in questo caso, dagli stessi organi interni del Ministero della Difesa, Ramo Esecutivo, a Madres y Familiares de Uruguayos Detenidos Desaparecidos, i verbali che includono - passo dopo passo - le considerazioni sulle pratiche militari e le dichiarazioni del colonnello in pensione Gilberto Vázquez che alludono alla sua condotta repressiva durante gli anni del terrorismo della dittatura, della "casta militare" e dei civili ad essa associati,  in Uruguay? Chi è o chi sono i beneficiari di questa vicenda? Da quale angolazione dobbiamo interpretarlo?

Con trasparenza o falsità? Come le tante di questi 40 anni di democrazia tra virgolette? Ricerca della verità? Manipolazione? Strategia di taglio nettamente politico? Strategia di taglio nettamente militare? Strategia di controspionaggio? Ciò che è palese e reale di questa vicenda è perlomeno che gli orrori denunciati (per anni) dalle vittime della dittatura non erano accuse infondate. Gli orrori erano orrori. Orrori compiuti dalla "casta militare" della mano del "potere civile e politico" (di ieri e di oggi). Perché? Perché l'impunità a favore dei repressori deriva sempre dal potere politico e non necessariamente (ed esclusivamente) dalle file della repressione militare o di polizia. Perché la coltre di impunità sui repressori e sui protettori dei repressori, molti dei quali oggi siedono comodamente nelle sedi del sistema politico, è ora più estesa e rafforzata.

Gilberto Vazquez (1) che è un pezzo del puzzle della dittatura in Uruguay, come repressore, ha agito e occultato prima e durante i giorni dell'orrore. E anche in democrazia, ha operato e coperto. È stato arrestato ed è fuggito, ma ha anche parlato. Ha parlato davanti ad una Corte d'Onore - il 26 luglio 2006 - alla quale ha raccontato ciò che non aveva dichiarato davanti alla Giustizia Penale, che lo ha debitamente processato. Ma gli orrori, i suoi orrori, sono venuti alla luce, quattordici anni dopo. Orrori raccontati esclusivamente ai suoi pari della "casta militare", che a suo tempo, in quei giorni, non denunciarono nulla alla Giustizia Penale. Orrori che oggi hanno un forte impatto.

"Ero un soldato e ho fatto del mio meglio; ho dovuto uccidere e ho ucciso, e non me ne pento. Ho dovuto torturare e ho torturato, con il dolore nell'anima, trascorro molte notti insonni ricordando i ragazzi che ho picchiato a randellate, ma non me ne pento.”

Le dichiarazioni di Vázquez fanno parte della consueta procedura militare, a seguito della sua fuga dall'Ospedale Militare, dopo essere stato arrestato. Vázquez, riguardo alla fuga, ha prontamente confessato ai membri della Corte d'Onore di aver simulato un malore perché intendeva fuggire: "Ho chiamato il dottore, come era già successo altre volte. Gli ho riferito gli stessi sintomi per cui ero stato ricoverato le volte precedenti. Quando mi ha visto, era già una routine, e gli ho proposto di farmi ricoverare. È stato premeditato come atto preparatorio.”

Secondo il verbale a cui hanno avuto accesso le Madres y Familiares de Uruguayos Detenidos Desaparecidos, uno dei soldati della Corte d'Onore ha chiesto a Vázquez se con la copertura mediatica avesse raggiunto il suo obiettivo, e lui ha risposto che è stato "meglio" perché "almeno c'è un'altra campana. Siamo coinvolti ma abbiamo un altro punto di vista. Ora non dicono "eseguire", dicono "uccidere", ci chiamano ladri e nessuno dice niente. Quindi, ora dico "no, signore, è la verità: noi eseguiamo, non uccidiamo, che sono cose molto diverse. Non torturiamo, abbiamo forzato perché non c'era altra scelta, il minimo necessario per arrivare alla verità, perché non c'era altro modo di combattere, e sono orgoglioso di quello che ho fatto”.

Gilberto Vazquez ha ammesso che il fatto di essere lì gli ha permesso di puntualizzare ai membri della Corte d'Onore che (visto che dicono che i militari erano ladri, assassini e figli di puttana), in realtà "i militari si sono rotti il culo" lasciando "i compagni morti"  e le "vedove e i morti che giacevano in giro" e hanno "tenuto la bocca chiusa". Vazquez ha anche alluso alla Commissione per la Pace, creata nel 2000 dal presidente Jorge Batlle per cercare la verità sugli scomparsi, i‘desaparecidos’: "La cosa peggiore è stata la Commissione per la Pace, perché non c'era una versione nostra, c'erano due o tre traditori a testimoniare secondo la loro, però l'Esercito non ha detto nulla. Quindi, resteremo nella storia e insegneranno ai miei nipoti che sono stato un assassino, e io non sono né un assassino né un figlio di puttana”.

Vázquez ha negato qualsiasi collegamento con il caso Gelman, affermando di essere legato al caso di Adalberto Soba, un militante del Partito per la Vittoria del Popolo -PVP- che fu rapito il 26 settembre 1976 a Buenos Aires, e che a tutt’oggi  risulta ancora scomparso: "Ho avuto a che fare con il caso Soba, ho lavorato praticamente due anni in Argentina. Ho avuto a che fare con il secondo volo, con il primo volo, con quasi tutte le cose che sono successe lì, tranne che con Gelman. Non avrei permesso in alcun modo quello schifo.

"Non fu un'operazione militare. Il caso Gelman, non so perché diavolo l'hanno portato, perché tutti gli argentini che prendevamo li mandavamo lì; gli uruguaiani che prendevamo e che potevamo salvargli la vita, lo portavamo qui (cioè in Uruguay: N.D.R.)…”.

"Le cose militarmente non vengono gestite facilmente in questo modo", ha detto Vazquez alla Corte, alludendo al 1989, quando "il consiglio dei generali era stato informato che ci sarebbero stati degli attacchi". In quel contesto, hanno deciso di avere "una risposta ufficiale" e lo hanno mandato a cercare un generale per conto di quel consiglio al quale Vazquez ha detto: "Bene, ci metteremo d'accordo sui nomi perché questo non può essere fatto, non possono darmi l'ordine. Penso che sia molto buono, ma il fatto è che se siamo già a questo punto, parlando molto chiaramente, se qualcosa va male, io andrò in prigione come l'autore materiale e tu come l'autore intellettuale, perché il Comandante in Capo non può contare su questo. L'unico modo, siamo d'accordo sui nomi e facciamo una cosa per convinzione, perché non c'è altro modo”.

Secondo il verbale, Vázquez "furono fissati quattro obiettivi": Eleuterio Fernández Huidobro, León Lev, Hugo Cores e un altro del quale al momento di testimoniare davanti alla Corte non  ricordava l’identità, aggiungendo: "Poi, abbiamo iniziato a segnalarli tutti per strada, alla fine ci siamo salutati, e a Ñato Fernández Huidobro, che conoscevo molto bene, ho detto: Guarda, Ñato, se qualcosa va storto, salti tu”.

Ma il rilascio pubblico delle dichiarazioni di Gilberto Vázquez alla Corte d'Onore non si concentra espressamente sulle sue azioni di repressione o sui motivi delle stesse, ma allude anche a dinamiche militari interne che in qualche modo evidenziano aspetti finora sconosciuti del contesto in cui sono avvenuti gli arresti di altri militari (e di se stesso), accusati di violazioni dei diritti umani, un contesto indubbiamente poco chiaro, dove sicuramente è coinvolto il potere civile e politico. E come se non bastasse, non dobbiamo dimenticare, come "dettaglio" per niente secondario, che la Corte d'Onore è stata costituita perché Vazquez, proprio dopo essersi arreso, ha messo in atto una fuga dall'Ospedale Militare, e non perché ha commesso atti di violazione dei diritti umani durante gli anni della repressione, ma perchè  la fuga rappresenta un'offesa all'onore militare. Per la "casta militare" la fuga è un disonore, ma non è  tutto ciò che Vazquez ha poi confessato davanti alla Corte; vale a dire, non è stato un disonore per la Forza, uccidere e torturare. Non va dimenticato che Vázquez è stato l'ultimo ufficiale superiore ad arrendersi dopo l'emissione del mandato d'arresto in ambito giudiziario a metà del 2000. Gli altri ufficiali superiori erano: José Gavazzo, che aveva minacciato di resistere alle pallottole quando fu arrestato, ma non si è arrivato a ciò, Jorge Silveira, Ernesto Rama, Ricardo Arab e Ricardo Medina.

Una lettura del verbale ci permette di definire un Gilberto Vázquez, che sottolinea ai membri della Corte d'Onore, la sua preoccupazione nel prendere coscienza che il processo giudiziario che era stato avviato contro di lui e i militari menzionati nel paragrafo precedente, implicava una reclusione prolungata a più di otto anni. Ha dichiarato che l'Esercito "lo ha mandato in prigione"; "Il Comandante in Capo mi disse che era appena tornato da un incontro con il Presidente, e mi disse che lo volevano in prigione, non c'era altra soluzione"; "Che mi chiamino assassino, torturatore, fenomeno, ma non cretino o traditore, o qualsiasi altra di queste cose", ha commentato i possibili motivi economici delle sue azioni durante la dittatura.

Gilberto Vázquez ha anche detto che nel 1985, Ricardo Arab "El Turco", un ex repressore arrestato nel 1985, "stava per andare in prigione per una questione di assegni scoperti" e aveva detto che "se non gli avessero dato i soldi per coprire il buco avrebbe tirato fuori tutto quello che sapeva e sa tutto"; "Ho combattuto al meglio e il nemico non ha mai preteso nulla da me, e ora l'esercito mi dice che devo andare in prigione per otto anni. L’Esercito mi consegnerà a chi? Perché nemmeno il Frente Amplio sta ostacolando, perché i tupas non stanno ostacolando, i gruppi moderati non stanno ostacolando, è il gruppo del fratello di Tabaré, il PVP, che non ha avuto nemmeno un deputato, che stà complicando le cose e l'Esercito mi dice che devo andare in prigione per questi tizi?”;

“Da quando hanno detto che mi avrebbero condannato all’ergastolo, ho pensato di fuggire in qualche modo, sarei scappato e avrei continuato a combattere”; “Mi dicono che la soluzione è andare in prigione, ma in un altro momento e in un altro luogo due o tre anni fa mi hanno detto che l'Esercito chiudeva a chiave la porta e che nessuno sarebbe andato in prigione, e mi danno l'ordine di uscire e di uccidere la gente”; "Se è per l'Esercito che dobbiamo andare in prigione, per l'Istituzione, per salvare la soluzione, per il momento (…) lasciatemi combattere dentro la Divisione 1 in prigione, il fatto che le cose non siano andate bene per me è un'altra cosa, ma ho ancora la volontà di combattere. Ho pensato di andare in clandestinità e iniziare a compiere azioni militari. Lasciatemi combattere, lasciatemi almeno provare. L'unico scherzo è che quelli che verranno imprigionati  qui saremo noi e non saremo prigionieri perché siamo martiri dell'esercito, saremo prigionieri perché siamo i fottuti dall'Esercito, di tutti quelli che hanno rubato, che portavano donne incinte dall'Argentina per ucciderle, non per combattere. Facciamo sapere loro che non dobbiamo ingoiare il rospo ma mandare a fondo tutti, perché non siamo i fottuti, i figli di puttana.”

Fermo restando quanto detto in precedenza, che ovviamente denota l'enorme retroscena, dopo i giorni della repressione, non ci scandalizziamo per le barbarie confessate dal colonnello Gilberto "Pirín" Vázquez. Siamo sconvolti soprattutto, dai silenzi di tutti questi anni. Siamo scioccati dal silenzio dei membri della Corte d'Onore che il 26 luglio 2006, a partire dalle 9 del mattino, hanno sentito la sua dichiarazione presso la Questura di Montevideo. Siamo scioccati e disgustati dai silenzi di coloro che erano a conoscenza di questi atti, e soprattutto del loro contenuto, e hanno voltato le spalle alle loro responsabilità di funzionari pubblici: di denunciarli immediatamente al sistema giudiziario competente. Siamo scioccati e disgustati dalle omissioni, davanti alla Giustizia Penale,  di coloro che appartengono alla "casta militare" e dalla totale indifferenza dei civili che assieme a loro hanno  favorito l'impunità, nei casi di violazione dei diritti umani, nei casi di detenuti  torturati e scomparsi.

E quando l'anno scorso, durante il periodo del governo progressista di Tabaré Vázquez, sono venuti alla luce i verbali della Corte d'Onore Militare che ha interrogato il colonnello Nino Gavazzo, siamo rimasti colpi dail silenzio dei militari e dal silenzio degli uomini del Potere politico, di fronte alla Giustizia Penale. E' triste vederlo e dirlo, che quasi un anno dopo che i verbali di Gavazzo sono venuti alla luce, queste situazioni si ripetono, con analogie che vanno oltre le agghiaccianti rivelazioni di Gilberto Vázquez, che sono custodite nel cuore delle organizzazioni uruguaiane per i diritti umani e di Madres y Familiares de Uruguayos Detenidos Desaparecidos, perché ratificano le loro costanti lotte per la Verità e la Giustizia, in tutti questi anni di post-dittatura, dove l'indifferenza e l'insensibilità del sistema politico, alla loro legittima ed eroica pretesa, sono stati comuni, laceranti e ripugnanti, in qualsiasi modo lo si guardi.

Nel 2006, né l'allora presidente di Frente Amplio, Tabaré Vázquez, né il ministro della Difesa, Azucena Berruti, conoscevano il contenuto dei verbali? Oggi si sostiene che non ne erano al corrente. Diciamo che sia andata così. Ma i militari della Corte d'Onore, possono dire che ne erano all'oscuro? Credo che una risposta negativa sarebbe un’offesa all'intelligenza umana. Nel caso Gavazzo del 2019, che ha suscitato molte domande, le responsabilità (per non essere stato immediatamente sottoposto alla Giustizia Penale), sono state scaricate gli uni sugli altri, tra cui anche il Presidente della Repubblica in persona, Tabaré Vázquez, il suo Ministro della Difesa, oggi deceduto, e l'allora Comandante dell'Esercito, il generale Guido Manini Ríos, oggi Senatore della Repubblica e leader del partito Cabildo Abierto, che fa parte della coalizione del governo di Luis Lacalle Pou.

Inoltre, nel caso Gavazzo, i verbali con le loro dichiarazioni rivelatrici non sono state rese note, perché il Ministero della Difesa le abbia declassificati, come avviene oggi con i verbali di Gilberto Vazquez, ma solo perché c'è stata una fuga di notizie alla stampa (giornale El Observador), altrimenti sarebbero stati tenuti sotto chiave e l'anonimato di coloro che sono stati chiamati al silenzio riguardo alla Giustizia, sarebbe giunto forse fino ad oggi,

I membri di Madres y Familiares de Uruguayos Detenidos Desaparecidos, in una recente conferenza stampa riferendosi al verbale con le dichiarazioni di Gilberto Vazquez, hanno parlato in termini molto forti: "Questi verbali rivelano le menzogne di tutti i comandanti militari ed è una dimostrazione delle Forze Armate che abbiamo oggi. Abbiamo un ex comandante in capo che rivendica le azioni delle Forze Armate durante il periodo della dittatura, che si dedica sistematicamente ad attaccare la Giustizia ed è un senatore della Repubblica" secondo le parole dell'avvocato Juan Errandonea. Da parte sua, Elena Zaffaroni, ha sottolineato che è necessario votare la sfiducia di Manini (2) "perché è questo organo che decide se comparire o meno davanti alla Giustizia, come ogni cittadino", affermando che tutti i verbali sono stati consegnati alla Procura della Repubblica e a tutti i parlamentari. Alba González, anch'essa di Familiares, nelle sue osservazioni si è spinta oltre, ringraziando le nuove generazioni: "Le madri rimaste sono anziane e lavorano e svolgono questo lavoro. La ricerca della verità è per i familiari e per la società nel suo insieme, perché un Paese senza giustizia non può andare avanti”. Nilo Patiño, un altro membro di Familiares ha completato i concetti dell'organizzazione con parole molto significative: "Abbiamo preteso di conoscere la verità da tutti i governi perché senza verità non c'è giustizia, non si può giudicare qualcosa che non si conosce, ciò che succede oggi è che stiamo conoscendo una parte della verità come un puzzle. Abbiamo criticato i governi precedenti per non trasparenza delle procedure, non solo delle Corti d'Onore, ma anche delle Forze Armate. Oggi rivendichiamo la stessa cosa".

Noi, della nostra redazione, rivendichiamo la stessa cosa. Le recenti vicende del Colonnello Gilberto Vázquez porteranno sicuramente molti uruguaiani e molti lettori a porsi molte altre domande. Perché nella natura stessa della ricerca della Verità, percepiamo che ci sono molte questioni in sospeso. Percepiamo anche che c'erano e ci sono molte cose non chiare all'interno dello stesso potere politico, in primo luogo, e del potere militare, in secondo luogo. Non è un caso né un capriccio che la Marcia del silenzio di tutti i 20 maggio, da più di 25 anni, sia una manifestazione ricorrente di un grido di giustizia. Anni e anni di militanza alla ricerca della Verità. Anno dopo anno, sopportando tutti - stoicamente - l'indifferenza dello Stato. La presenza di Madres y Familiares de Uruguayos Detenidos Desaparecidos e di tutti i cittadini che partecipano, compresi noi, alla marcia e alla sua causa, è letteralmente un impegno per la libertà, e una legittima rivendicazione al sistema politico, per eliminare, una volta per tutte, le ipocrisie criminali che oggi, come ieri, lo rendono in sostanza complice del terrorismo di Stato prima, durante e dopo la dittatura civile-militare in Uruguay.

Non posso tralasciare un ricordo: negli anni in cui il colonnello Gilberto Vázquez fu arrestato dall'Interpol dopo la fuga mediatica, ho avuto l'opportunità di intervistarlo nel Carcere Centrale, presso la Questura di Montevideo in qualità di giornalista per Telenoche 4. Ricordo che le sue parole, in quell'incontro, furono il preludio di quelle che avrebbe pronunciato anni dopo davanti alla Corte d'Onore. Ricordo che più volte mi disse con enfasi che era un militare e che tutto quello che aveva fatto era stato inevitabile. Non ha mostrato alcun rimpianto. Con uno sguardo fermo e con lo stesso tono, non si dissociò nemmeno per un secondo dalla sua uniforme e dalle sue idee.

Quattordici anni dopo quell'incontro, Gilberto Vazquez continua ad essere ancora quello che mi ha dimostrato di essere: un ostinato repressore e un abile teste.

(1) Gilberto Vázquez era membro dell'Organismo di Coordinamento delle Operazioni Antisovversive (OCOA). In democrazia è stato condannato a 25 anni di carcere per i crimini commessi nell'ambito del Piano Condor - circa 28 casi di omicidio particolarmente aggravato - e 30 anni per aver partecipato al rapimento e alla scomparsa di María Claudia García, madre di Macarena Gelman; oggi Vázquez è detenuto nella sua casa nella città di confine di Rivera, in territorio uruguaiano.

(2) La prossima settimana il Senato deciderà se rimuovere dalla carica il senatore Guido Manini Rios, leader di Cabildo Abierto. In Senato non ci sarebbero i voti per revocare i privilegi di Manini: all'interno del Partito Nazionale si ritiene che "non ci sia alcun merito giuridico" per farlo. La richiesta di revoca dell'immunità è stata comunicata prima delle elezioni nazionali del novembre 2019, a seguito dei verbali venuti alla luce con le rivelazioni del colonnello Gavazzo, Guido Manini Ríos in qualità di comandante in capo dell'esercito, durante l'amministrazione di Tabaré Vázquez (la fuga di notizie di questi verbali ha scatenato uno scandalo di grandi proporzioni, al punto che l'immagine del capo dell'esecutivo è stata seriamente compromessa, per non aver comunicato alla Giustizia il contenuto degli stessi. Tra le dichiarazioni di Gavazzo, la più eclatante è stata quella di aver gettato personalmente nelle acque del Rio Negro il corpo del giovane Roberto Gomensoro Hojman, di cui è stata denunciata la scomparsa).

Foto di copertina: www.larepublica.com  

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