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Intervista
di Lucas Gabriel Martins
La posizione dello Stato brasiliano minaccia l'esistenza dei popoli originari

Abbiamo avuto recentemente l'onore di intervistare Sonia Guajajara, leader indigena, attuale coordinatrice dell'APIB (Articolazione dei Popoli indigeni del Brasile) e la prima donna indigena candidata alla vice presidenza della Repubblica nel 2018. 

I diritti dei popoli originari vengono continuamente smantellati, una situazione che è ulteriormente peggiorata con l'avvento della pandemia di COVID-19. Questi popoli sono i più vulnerabili di fronte all'avanzata della pandemia e si trovano in una situazione sfavorevole per fronteggiare la malattia. A ciò si aggiunge la posizione del Governo Federale in quanto all'implementazione di misure di prevenzione e protezione per impedire la propagazione del virus. 

Attualmente stiamo testimoni di un genocidio in corso contro le popolazioni indigene in Brasile. La storia sembra ripetersi ma, questa volta a portare la malattia all’interno dei territori indigeni non sono i colonizzatori, ma i minatori e i ‘madereros’ (mercanti di legname), insieme ai missionari evangelici. 

Minatori e ‘madereros’ che fanno parte della politica di sterminio e di guerra contro i popoli originari, annunciata più volte da Jair "Mesías" Bolsonaro. La situazione attuale è molto grave e dobbiamo unirci immediatamente in difesa di questi popoli e del pianeta terra. 

Qual'è la situazione nei territori indigeni in questo momento? Come stanno affrontando questo periodo di pandemia? 

"Ci troviamo ad affrontare molte sfide, i territori indigeni sono da sempre oggetto di dispute tra il potere politico e quello economico e l’intera situazione si è ulteriormente aggravata con la pandemia. Sin dall’inizio temevamo molto l'arrivo del coronavirus nei territori indigeni e abbiamo fatto pressione sul governo affinché adottasse un piano di emergenza. Ma di fatto, il governo non si è preoccupato della popolazione generale del Brasile, né degli indigeni né di nessuno e oltre a non aver adottato alcuna misura di protezione efficace, ha fatto tutto il contrario, con un discorso di minimizzazione della malattia, che ha finito per peggiorare la situazione e oggi i territori indigeni sono notevolmente colpiti, sono infatti oltre 28 mila gli indigeni contagiati".  

"Non essendo possibile l'accesso ai test, non possiamo sottoporre tutti al controllo e avere una stima reale. Sono già oltre 760 i decessi confermati per corona virus tra gli indigeni e l'APIB ha posto in essere una serie di misure e di interventi per evitare una tragedia. Dobbiamo anche stare attenti agli altri problemi che esistono storicamente nei territori, la deforestazione, gli incendi e i conflitti con i proprietari terrieri, principalmente causati dalla negazione della demarcazione dei territori indigeni. La demarcazione è una legge in Brasile ed oltre ad essere costituzionale è un diritto dei popoli originari. Questo governo in particolare, sin dalla sua campagna elettorale, ha adottato una posizione politica di non voler riconoscere e regolarizzare alcun territorio indigeno. È una situazione di conflitto permanente”.

"Sembra di trovarci continuamente ad un bivio, da una parte il virus, dall'altra gli invasori e dall'altra ancora, la negazione legalizzata da parte del governo di non volere proteggere questi territori e ogni giorno aumenta il numero di morti dovuto alla mancanza di strutture da parte del governo federale per curare e contenere la pandemia nei territori indigeni”.

Perché siete voi, l'APIB, ad occuparvi del monitoraggio su come la pandemia sta colpendo i territori e non La Segreteria Speciale per la Salute (SESAI)? Perché esiste questa differenza tra i registri? 

"È un obbligo del governo federale fare questi registri, ma sin dall’inizio non si sono interessati ad adottare delle misure di protezione, nè alla registrazione dei casi. Noi ci siamo resi conto che la SESAI stava occultando i dati e per questo motivo abbiamo creato il Comitato nazionale per la vita e la memoria Indigena, un comitato che fa un’analisi quotidiana e registra i dati.  Abbiamo rappresentanti dei popoli originari di diversi stati e regioni e contiamo anche con la collaborazione di specialisti della Fio Cruz, (Fundación Osvaldo Cruz) e dell'IPEA, (Istituto di Ricerca Economica Applicata), per vedere come possiamo ogni giorno avere degli strumenti per elaborare più dati, portare elementi del modo con cui raccogliere questi dati. Lo abbiamo fatto proprio a causa di questo infra-registro del governo federale e quando ogni giorno, abbiamo messo a confronto i dati raccolti dall’APIB, con quelli raccolti dalla SESAI, abbiamo notato una discrepanza assurda tra l’uno e l’altro. La cosa più curiosa è che il governo, invece di provvedere a fare un'analisi approfondita, mette in discussione i dati dell’APIB”. 

"Loro vogliono provocare la società e gli indigeni stessi per mettere in discussione i dati di APIB, sostenendo che sono inventati o che sono Fake News mentre gli specialisti in Fake News sono proprio loro gia dal momento delle elezioni. Sono stati eletti con Fake News, e continuano sulla stessa linea, addossando a noi e a tutta la società la responsabilità di una verità che è dimostrata. Questo è un governo che non accetta dati reali, è un governo che mette in discussione la verità e ogni volta che la verità è resa pubblica e dimostrata, cerca il modo di cambiarla, come fa con vari organismi di protezione ambientale. Quando i funzionari presentano i dati della deforestazione e degli incendi, non li accetta e licenzia i funzionari”. 

"L'obiettivo del movimento indigeno di avere i dati aggiornati è proprio quello di fare pressione sullo stato brasiliano affinché adotti delle misure che possano soddisfare le richieste dei contagiati e anche di prevenzione all’interno dei territori indigeni. Ho parlato varie volte del fatto che 30 anni dopo la dittatura militare fu trovato il ‘Reporte Figueiredo’ (Rapporto del 1967 che descrive le violenze perpetrate dai proprietari terrieri). Grazie alla commissione nazionale per la verità, abbiamo appreso degli 8.400 indigeni uccisi durante la dittatura militare, numeri mai apparsi prima. Lo stesso si ripete ora con il coronavirus, vogliamo evitare che tra 30 anni vengano alla luce i desaparecidos per il COVID-19. Per questo motivo insistiamo nel aggiornare la situazione sul impatto della pandemia all'interno dei territori indigeni".

Stiamo assistendo al consolidamento di quella politica di sterminio e di guerra contro i popoli originari e l'Amazzonia che Bolsonaro ha sempre messo in chiaro prima di arrivare alla presidenza. Come vedi tutto questo? 

"Abbiamo il virus e lo smantellamento delle politiche sociali, di tutela dell'ecosistema, di protezione dei difensori dei diritti umani e invece, come vediamo nella pratica, gli enti governativi sono diretti a servire gli interessi ultra conservatori e genocidi di questo governo. L'infra-registro che citavamo all'inizio è programmato e legittimato istituzionalmente, perché invece di adottare delle misure per avere il controllo dei numeri reali, ogni giorno trovano il modo di negarli. Per quanto riguarda la deforestazione, se confrontiamo i dati del periodo attuale con quello dell'anno scorso, vediamo una crescita triplicata, un aumento del 64% e il numero degli incendi forestali quest'anno è ancora maggiore. In contrapposizione dell'aumento della deforestazione, il governo ha rimosso tutte le condizioni per poter affrontare realmente il problema, di recente ha tagliato 60 milioni di reali dalla politica ambientale. Ci troviamo di fronte al disfacimento della politica ambientale. Sulla pagina di APIB abbiamo pubblicato: "Questo non è un incendio, è un olocausto forestale", è così perché è esattamente ciò che sta provocando questo governo, un olocausto forestale e sinceramente non so se un giorno sarà possibile fare la stima di tutti i danni che sta lasciando questo governo, stiamo vivendo un'enorme tragedia”.

guajajara sonia int ov

Riguardo la pandemia, l'APIB ha intrapreso un'azione giudiziaria perché siano adottate misure di protezione a favore dei popoli originari. C’è qualche risultato? 

"Sì, è importante parlare della denuncia fatta da APIB in modo ampio, perché siamo riusciti ad arrivare ai tre poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) in modo rapido, e dall'inizio abbiamo fatto pressioni sul governo per un confronto. L'8 e il 9 maggio, abbiamo tenuto l'assemblea nazionale della resistenza indigena per l'elaborazione di un piano di azione per combattere la pandemia e abbiamo organizzato gruppi di lavoro per sviluppare un piano nazionale. Abbiamo lavorato per 35 giorni con gli indigeni delle cinque regioni, con specialisti di salute, demografia e antropologia. Il risultato è il piano "Emergenza indigena" lanciato qui in Brasile e in tutta la nostra rete internazionale di sostenitori". 

"Lo abbiamo lanciato anche in ambito parlamentare in difesa dei popoli originari al congresso nazionale presieduto dalla la deputata Joênia. Lo stesso giorno, il 30 giugno, l’APIB ha dato corso ad un’azione legale al Supremo Tribunale Federale, per inadempimento dei precetti fondamentali. Abbiamo lavorato prima sul fronte parlamentare, presieduto da Joênia, per redigere un disegno di legge, che è stato approvato alla Camera di Deputati e dal Senato. Un enorme lavoro svolto da noi e dai consulenti parlamentari dei deputati uniti nel fronte progressista, così siamo riusciti a farlo approvare nella Camera. C'erano cinque parlamentari con proposte di disegni di legge che abbiamo inglobato in un’unica proposta. Una volta approvata dalle Camere è stata inviata per l’approvazione finale del presidente”. 

"Quando Bolsonaro arrivò al potere pose il veto a 16 punti dei 22 articoli del disegno di legge, veti assurdamente inaccettabili, il primo nega l'accesso di alcune popolazioni indigene all'acqua potabile, nega la distribuzione di materiale informativo con indicazioni sulla cura e la protezione riguardo il COVID-19, nega posti letto in terapia intensiva e i dispositivi di protezione. Con i 16 veti, il disegno di legge viene praticamente annullato, non rimane più niente. La cosa più impressionante che sono riusciti a fare, è stato mantenere nella proposta la permanenza dei missionari evangelici nei territori indigeni. Questi missionari vivono vicini a zone dove alcuni popoli vivono in isolamento volontario e che solo recentemente hanno avuto contatti con l'uomo”. 

"Questo punto figura ancora nel disegno di legge, tutti gli altri, che erano cruciali per il confronto, sono stati rifiutati. In realtà non dovrebbero permetterne l'entrata, ma sappiamo che questo governo è complice di questa pratica di occupazione, è complice dell'illegalità. Questo è un governo dell’illegalità, per loro tutto ciò che è illegale è giusto e sono d’accordo con tutto”.

"È chiaro che questo governo non ha capito e non vuole capire assolutamente nulla degli indigeni. Un governo che non si impegna e che lavora per smantellare quello che già esiste, che continua ad annullare i diritti già conquistati. Il governo ha restituito la proposta del piano al STF (Tribunale Supremo Federale) che a sua volta lo ha riproposto all’APIB. Abbiamo fatto alcune considerazioni e non abbiamo accettato la proposta, quindi l’APIB l’ha reinviata al STF, ribadendo che si tratta di un piano del tutto generico, senza alcuna proposta e senza niente di concreto. Continuiamo a collaborare con altri movimenti della società civile con la campagna "Fuera Minero, Fuera Covid" (Fuori i minatori, fuori il Covid), che interessa principalmente il territorio di Yanomami, nel nord del paese, dove ci sono oltre 20 mila minatori illegali. Un’invasione che rappresenta un rischio grave per l'ecosistema e per lo stile di vita indigeno. In tempi di pandemia sono vettore di inquinamento ed è stato dimostrato che in molti casi, il virus è arrivato nei territori indigeni attraverso queste persone, come nel caso di Roraima con gli Yanomamis”. 

Durante la pandemia abbiamo sentito molti imprenditori dire “non fermeremo l'economia", "moriranno solo gli anziani". Nelle comunità indigene il rapporto con gli anziani è diverso. Cosa pensi quando ascolti questa frase e vedi l'altra realtà all'interno delle comunità indigene? 

"Questo è ciò che chiamiamo genocidio legittimato, genocidio istituzionalizzato. Le affermazioni dei rappresentanti del governo, e anche della massima autorità del paese, il proprio presidente, legittima e banalizza la morte. Secondo noi questo discorso ha generato molta paura e molti dei nostri anziani sono morti per paura di andare all'ospedale e di non poter ricevere le cure necessarie. Alcuni sono morti nei villaggi e altri in ospedale perchè non hanno potuto resistere. Sono oltre 170 gli anziani indigeni morti durante questa pandemia, un'enorme perdita per noi, perché sono gli anziani a garantire la continuità della cultura, rafforzando i nostri modelli di vita e sono le nostre vere fonti di saggezza e di conoscenza. Quando perdiamo così tanti anziani la cultura si indebolisce e se si indebolisce la cultura indigena, si indebolisce il modello di vita e, di conseguenza, tutta la biodiversità è minacciata. È comprovato in tutto il mondo che la biodiversità del pianeta è protetta dal modello di vita dei popoli originari. Cerco sempre di citare questo dato che mi sembra assolutamente meraviglioso per sottolineare l'importanza dei popoli e dei territori indigeni e il ruolo che hanno per l'umanità”. 

"Noi indigeni, siamo il 5% della popolazione mondiale, un 5% che senza alcun tipo di sostegno politico, di protezione ambientale o di sicurezza, cerca di proteggere l’82% della biodiversità esistente al mondo. La biodiversità viva è dentro i territori indigeni, è importante che le persone capiscano che la lotta per la demarcazione dei territori non è un beneficio solo per noi indigeni. Se lo stile di vita indigeno è in pericolo, anche la biodiversità è in pericolo e se la biodiversità del mondo è in pericolo, l’intera umanità è a rischio. È importante che le persone capiscano la relazione tra i modelli di vita dei popoli originari con la propria vita. Mentre, nella maggior parte delle città, c'è un luogo specifico per gli anziani, normalmente le famiglie non hanno pazienza o non vogliono assumersi l’impegno di assisterli e li abbandonano negli ospizi, per noi è completamente diverso, nelle nostre comunità vogliamo sfruttare al massimo ogni minuto di vita degli anziani per rafforzare la nostra identità." 

Come possiamo sostenere la causa indigena in questo momento? 

"Sono molti i modi in cui le persone possono aiutare, la comunicazione è fondamentale ed è sempre più importante far sentire la voce degli indigeni e dei giovani. Vedo che i giovani si sono svegliati molto e vediamo che ogni giorno si sentono più motivati ad aderire a questo movimento. Stiamo realizzando qualcosa di molto importante, oggi stiamo lottando qui, ma è in gioco il loro futuro, tutti devono capire l'emergenza che stiamo vivendo e trovare il loro posto in questa lotta. Stiamo vivendo un momento storico, stiamo vivendo un risveglio della gioventù, della lotta giovanile, è una lotta che ci da forza, è importante che tutti incominciamo a parlare in come il modello di vita indigeno e i territori indigeni contribuiscono alla tutela dell'ambiente e della vita dell'intero pianeta." 

"È importante che le persone capiscano questa connessione, perché parlare solamente della lotta per il clima, non dice molto, non dice quali sono i passi, le strategie e cosa si può fare per garantire l'equilibrio del clima. Per me non c'è un'altra via d'uscita se non la demarcazione dei territori indigeni, la protezione di questi territori, la protezione dei diritti culturali, della diversità, il rafforzamento dell'agricoltura familiare, dell'agroecologia e il decentramento dell'uso del suolo, perché oggi la terra è concentrata nelle mani di pochi ed è necessario distribuire e democratizzare l'uso delle terre per salvare il clima e garantire un equilibrio a tutto il pianeta. Un altro modo di collaborare, è collaborare finanziariamente. Questo è importante per mantenere i moviment attive e per sostenere i leader che sono in prima linea nella lotta per continuare a mobilitare il mondo intero. Nella nostra pagina emergenciaindigena.apib.info. abbiamo a disposizione una serie suddivisa in otto parti che riassume la situazione che stiamo vivendo. Essi fanno parte di quello che chiamiamo "Manifesto Pandemico Collaborativo", un appello a tutto il pianeta alla solidarietà con le popolazioni indigene."

Foto © Our Voice 

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