di Jean Georges Almendras
La fuga del boss della 'Ndrangheta non rimarrà impunita; ci sono voluti undici mesi di indagine
Mentre è ancora oggi un mistero la posizione del mafioso della ´Ndrangheta Rocco Morabito, dopo la sua fuga (insieme ad altri tre detenuti tutti successivamente arrestati) dalla Prigione Centrale di Montevideo, la notte del 23 giugno dello scorso anno 2019, il Pubblico Ministero che si occupa del caso ha disposto, per giovedì 3 settembre, la ricostruzione della scandalosa evasione e sicuramente nelle prossime ore saranno prese delle misure a carico dei 15 poliziotti indagati, in servizio all’interno della struttura da dove fuggirono il boss e i suoi compagni. Da quanto è emerso, questa sarebbe una delle fasi finali dell'indagine che ha richiesto circa undici mesi e che in realtà permetterebbe non solo di definire la responsabilità dei membri delle forze di polizia in servizio nell’edificio della Prigione Centrale la notte della fuga, ma anche che questo scandaloso episodio non rimanga coperto dal manto dell'impunità.
I quotidiani e i telegiornali televisivi e radiofonici della capitale hanno diffuso la notizia con incredibile rapidità, a poco più di un anno dalla fuga di Morabito, ancora latitante per la giustizia uruguaiana e italiana, e quando oramai tutti pensavano che l'impunità avrebbe avuto la meglio su un episodio che ha provocato profondo imbarazzo al governo uruguaiano, per non parlare dei vertici del Ministero dell'Interno e del Carcere Centrale, sorprendentemente il Pubblico Ministero titolare del caso, il dottor Ricardo Lackner, ha già deliberato un'istanza. Siamo in procinto di definire le responsabilità? In concreto, nella giornata di giovedì scorso, nel settore del Carcere Centrale presso la Questura di Montevideo, è stata effettuata la ricostruzione della dinamica dell'evasione. Tutti gli agenti di polizia indagati hanno dovuto essere presenti. Dalle sei del mattino fino alle prime ore del pomeriggio sono stati interrogati 15 funzionari in servizio con diverse mansioni il giorno dell'evasione del boss della ´Ndrangheta e degli altri tre detenuti.
Non c’è molto da dire sulla ricostruzione in sé, perché in definitiva si tratta di un’inchiesta che fa luce su come sono avvenuti i fatti secondo la versione sia dei querelanti, che degli accusati o, come in questo caso, della Procura, che in questa occasione è la titolare dell'inchiesta espressamente convocata dal Pubblico Ministero.
È emerso che gli indagati erano presenti – al quarto piano dell'edificio che allora ospitava il Carcere Centrale – seguendo un rigoroso programma orario; ognuno di loro accompagnato dal proprio avvocato difensore. Si è appreso che il Pubblico Ministero ha disposto l'isolamento di tutti gli indagati, al punto che non hanno potuto dialogare con i propri legali. La ricostruzione dei fatti è stata effettuata passo dopo passo e le relative valutazioni sono state tenute nel più assoluto riserbo, in attesa del decorso degli eventi nell'ambito di un'indagine che ha richiesto diversi mesi di duro lavoro. Parallelamente all'azione della Procura, si aggiungono anche le indagini del Ministero per gli Affari Interni e della Vice Direzione della Polizia Nazionale.
Come si ricorderà, la fuga di Morabito, per le sue caratteristiche, sin dal primo momento suggerì agli investigatori e all'opinione pubblica, che certamente questa si sia avvalsa di un supporto logistico molto ben definito e che inevitabilmente abbia contato sulla complicità di persone che ovviamente facevano parte della Polizia in servizio quel giorno. Tutti aspetti che saranno chiariti con una accurata ricostruzione dei fatti.
Era ed è impensabile pensare ad un'evasione di quattro persone, da un edificio come il Carcere Centrale, suddiviso in settori con rispettive porte ed accessi, di cui la maggior parte con telecamere - che si supponeva funzionassero, invece non era così - senza l'intervento di persone che conoscevano bene il terreno e senza informazioni riservate riguardanti le guardie e la routine. Allo stesso modo era ed è impensabile pensare che un'operazione di fuga di un mafioso italiano, non abbia contato su una logistica esterna costante, solida e strutturata, di fatto per corrompere le persone, ovviamente all’interno dell’istituto di Polizia.
Durante la fuga non ci sono stati feriti. Rocco Morabito e i tre detenuti sono evasi attraverso un buco che li ha portati sulla terrazza del Carcere Centrale della Questura e poi in un appartamento di un edificio adiacente al comando di polizia dove una signora è stata obbligata senza violenza a condurre tre estranei che ha trovato in casa sua, al portone di ingresso principale dell'edificio per permettergli di raggiungere la strada.
Era tarda notte in Via San José, da una guardiola adiacente all'edificio, nessuna guardia carceraria ha notato alcun movimento e quindi Morabito e i suoi accompagnatori hanno abbandonato il Carcere Centrale. Il quarto individuo che è fuggito, a quanto pare è uscito dalla porta che dà su Via Carlos Quijano (ex Yí).
Le successive indagini hanno portato alla destituizione del capo del Carcere Centrale, che è stato deposto dalle proprie funzioni ed ha optato per le dimissioni. Sono state anche effettuate delle perquisizioni in diverse abitazioni di Montevideo. Perquisito anche un ristorante della zona di Punta Carretas che ha portato all’arresto di un cittadino russo poi processato per favoreggiamento.
Da quanto è stato possibile ricostruire, la fuga è avvenuta in diverse fasi. Le telecamere di sorveglianza installate in diversi punti della città e fuori Montevideo hanno registrato che non appena Morabito e i suoi due accompagnatori hanno lasciato l'edificio adiacente alla Prefettura si sono diretti verso Via Soriano attraversando Via Aquiles Lanza, ex Yaguarón, per poi proseguire lungo Via Ejido, direzione Viale 18 de Julio, dove hanno preso un taxi che li ha portati in zona Punta Carretas, dove sono entrati nel ristorante che è stato poi perquisito. Il cittadino russo titolare del locale li ha portati fino alla strada Interbalnearia per poi raggiungere la città di Minas (lasciando lì i due accompagnatori di Morabito) per poi fare ritorno a Punta Carretas, ma non prima di essere stato catturato da una telecamera nella zona di 8 de Octubre e Avelino Miranda.
Da allora nessuna traccia di Rocco Morabito.
Il bilancio di tutta questa operazione di fuga, quasi cinematografica, è un cumulo di speculazioni e interrogativi ad ogni livello, che ci porta ovviamente ad interrogarci sulla più assoluta indifferenza o, se così si può dire, “complicità”, delle autorità per quanto riguarda le misure di sicurezza adottate per Morabito, considerato il suo grado di pericolosità a giudicare dai suoi precedenti e dalla rogatoria proveniente dall'Italia, che indicava il soggetto come un boss di una potente organizzazione mafiosa in Italia e nel mondo, operante nell’ambito del narcotraffico su larga scala.
Rocco Morabito non era un semplice e comune delinquente. Le massime autorità uruguaiane, anche ministeriali, con a capo Eduardo Bonomi, fino al livello più basso come le guardie carcerarie in servizio nel carcere, compresi gli addetti alla sorveglianza della cella dell’italiano, sapevano perfettamente chi era Morabito.
Quando si tratta di mafie che operano in tutto il mondo, negligenze e omissioni sulla custodia in carcere di personaggi del calibro di Rocco Morabito, non sono cose da poco. Le negligenze e le omissioni, quando si tratta di carcerati mafiosi, rispondono ad un unico obiettivo: la fuga. Ancora di più quando sulle loro teste pendono richieste di estradizione o condanne lunghe.
Sembra che l’inchiesta del Procuratore per la ricostruzione dei fatti porterà a dei risultati. Alcuni dovranno pagare per i piatti rotti. Verranno a galla nomi di funzionari che hanno ceduto alle lusinghe della corruzione (da non dimenticare, che negli ultimi mesi si è saputo che la ´Ndrangheta di Reggio Calabria ha investito in Argentina 50.000 euro per la logistica della fuga di Morabito) ma… si conosceranno un giorno i nomi dei pezzi grossi, a livello ministeriale, coinvolti nella buona riuscita dell’operazione in Uruguay? Prevarrà l'omertá mafiosa?
Quel che è certo è che ad oggi Rocco Morabito è ancora latitante.
Foto di Copertina: www.diarioelpais.com/Unicom
Foto interna: www.diarioelobservador.com