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di Mattia Fossati
Gli hanno chiuso le manette ai polsi nel primo pomeriggio del 13 aprile 2020. Pantaloncini beige, maglietta azzurra e piede destro ingessato. È finita così la corsa di Gilberto Aparecido dos Santos, meglio conosciuto come Fuminho, il principale fornitore della cocaina che il Primeiro Comando da Capital (P.C.C.) distribuisce in Brasile e in mezza Europa. Gli investigatori della DEA, coadiuvati dalla polizia mozanbichese e dalla Policia Federal, hanno fatto irruzione nella stanza dell'hotel Montelbelo Indy di Maputo, la Capitale del Mozambico, dove dall’inizio dell’anno il re dei narcos brasiliani si era rifugiato per continuare a gestire il traffico della droga tra l’America Latina, il centro Africa e l’Europa. Era entrato nel Paese con un passaporto brasiliano falso intestato a Luiz Gomes de Jesus, ritrovato nella sua suite assieme a cinque cellulari e a 100 grammi di marijuana.
Gli agenti della Policia Federal erano sulle sue tracce da quasi 21 anni. Era stato arrestato per la prima volta nel 1998, a causa di una serie di rapine a vari istituti di credito messe a segno assieme al suo grande amico d’infanzia Marco Willians Herbas Camacho detto Marcola che qualche anno più tardi diventerà il boss indiscusso del PCC, la più grande organizzazione criminale dell’America Latina. Il 12 gennaio 1999 Fuminho riuscì a scappare dal carcere del Carandiru e per sfuggire alle autorità si trasferì a Santacruz de la Sierra, la città boliviana considerata dalle autorità brasiliane il centro del riciclaggio del denaro dei narcos. Ed è proprio dai cocaleros andini che Fuminho iniziò a comprare pasta base di coca e a spedirla verso il Paese verdeoro sfruttando i 4000 km della frontiera paraguaiana. Il PCC si occupava poi della distribuzione sul territorio attraverso le centinaia bocas da fumo (piccole case situate nelle favelas dove è possibile acquistare droga) sparse nello Stato di São Paulo ed in Paraná.
Nel giro di pochi anni, Fuminho era diventato il primo importatore di cocaina di tutto il Brasile, grazie al corridoio offerto dalla ‘Rota Caipira’, la ‘via della seta’ dei narcos che collega i paesi andini (i soli produttori al mondo) al porto di Santos. Ed è proprio in questa piccola località di mare a due passi da São Paulo che avvenivano le trattative tra gli uomini di Fuminho e i broker delle principali mafie europee per organizzare maxi importazioni di cocaina nel vecchio continente. In prima fila, secondo le indagini congiunte della Policia Federal e della Polizia di Stato, vi sarebbero stati personaggi del clan Pelle Vottari. Come Domenico Pelle che tra il 2016 e il 2017 si sarebbe recato due volte in Brasile per incontrarsi con alcuni narcos locali. A questi meeting, sospetta la polizia brasiliana, avrebbe partecipato anche Fuminho. Di certo ci sono le centinaia di tonnellate di droga, sequestrate dalle autorità italiane dentro vari container nel porto di Gioia Tauro, che provenivano da navi da cargo partite proprio da Santos. L’ultimo carico, pari a 198 kg, è stato intercettato dalla Policia Federal a novembre del 2019 poco prima che lasciasse il porto brasiliano per fare rotta verso la Calabria. Ad interessarsi della cocaina di Fuminho vi era anche il clan Saric, che nel 2016 aveva inviato uno dei suoi referenti, Bozidar Kapetanovic, nel litorale paulista per trattare alcune partire di cocaina direttamente con gli uomini di Marcola, l’indiscusso boss PCC.
Nelle prossime ore, Fuminho sarà estradato in Brasile dove dovrà rispondere di una serie di accuse, tra cui traffico di droga, contrabbando di armi, evasione e associazione a delinquere. Oltre alla più pesante: l’omicidio di Rogerio Jeremias de Simone detto ‘Gege do Mangue’, ucciso a colpi di pistola il 15 febbraio 2018 vicino a Fortaleza. ‘Gege do Mangue’ era uno dei capi del PCC che gestiva assieme a Fuminho il traffico della droga tra il Brasile e la Bolivia. Gege, però, si era opposto all’idea di Fuminho di vendere la cocaina anche ad un piccolo gruppo di narcos del litorale di Santos e proprio per questo aveva chiesto aiuto al leader maximo della fazione brasiliana, Marcola. Il boss, a sorpresa, si schierò dalla parte di Fuminho e gli ordinò di uccidere Gege, che difatti venne ammazzato in un'imboscata mentre si trovava in vacanza nel Ceará meno di due mesi.
L’arresto di Fuminho è un duro colpo per il PCC. La guerra scatenata con la Familia do Norte (narcos alleati del Comando Vermelho) per mantenere il controllo della rotta amazzonica della cocaina ha fortemente indebolito la leadership di Marcola. Se i paulisti dovessero perdere l’egemonia anche della ‘Rota Caipirina’ potrebbe essere la fine del più importante cartello del narcotraffico dell’America Latina.

Foto © Imagoeconomica

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