di Roberto Vercelli
Grande successo per il meeting “Slovacchia contro tutte le mafie”, organizzato nelle giornate di lunedì 11 e martedì 12 novembre a Trnava, promosso dal Presidente della Regione, in collaborazione con le testate Aktuality.Sk Sme Denník N Týždeň, nel ricordo di Jan Kuciak e Martina Kusnirova, uccisi il 21 febbraio 2018.
Ha ideato e poi curato le due giornate la giornalista dello Speciale TG1 Maria Grazia Mazzola, che dopo essersi occupata dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia, ha svolto un’approfondita inchiesta sull’omicidio dei due giovani. In apertura della prima giornata, Mazzola ha sottolineato la difficoltà di organizzare un incontro su tematiche così sensibili in Slovacchia in questo momento e per questo ha ringraziato tutti i partecipanti per la loro presenza. È stato invitato sul palco il poliziotto che ha coordinato e completato le indagini sull’uccisione di Jan e Martina. Il poliziotto ha sottolineato che purtroppo la squadra speciale che ha risolto il caso è già stata sciolta. Brutto segno. In seguito i genitori di Jan e la mamma di Martina, molto emozionati, hanno voluto ringraziare i poliziotti per le indagini svolte e gli organizzatori del convegno, ma hanno denunciato pesantemente l’alto livello di corruzione presente nel paese. Jozef Viskupič, presidente della Regione di Trnava, ha ringraziato il Procuratore De Raho e Don Ciotti per la loro presenza (segno importante della vicinanza dell’Italia in questo momento così complicato per la Slovacchia) e ha sottolineato che la storia viene scritta anche dai deboli, non solo da coloro che gestiscono il potere: chiaro riferimento a Jan che attraverso i suoi articoli ha permesso al paese di conoscere le connessioni tra mafia e potere politico ed economico. I giornalisti hanno un ruolo fondamentale, come lo ebbero nella rivoluzione di trent’anni fa, e la strada della reale democrazia in Slovacchia è ancora lunga. L’ambasciatore Italiano in Slovacchia, Gabriele Meucci, ha portato il saluto ricordando la caduta del muro di Berlino trent’anni fa e facendo un paragone tra l’assenza di libertà e il controllo dell’informazione durante i regimi comunisti e il clima che si respira in un paese con una forte presenza mafiosa. Ha poi portato la sua testimonianza l’avvocato della famiglia Kusnirova, Roman Kvasnica, il quale ha detto ai genitori di Jan e Martina che i ragazzi hanno pagato il conto per tutto il paese e la Slovacchia intera è cambiata dopo la loro uccisione. Come se si fosse risvegliata da un lungo torpore. È passato quindi a parlare delle indagini, non partite in modo corretto: all’inizio hanno cercato di depistare parlando del lavoro di archeologa di Martina o delle infiltrazioni ucraine nella politica slovacca. Quando è cambiata la squadra dei poliziotti investigativi, ragazzi onesti e realmente interessati a cercare la verità, allora sono iniziati i contatti con Europol e si è percepito il sostegno della società civile.
“Le indagini - ha continuato l’avvocato Kvasnica - hanno evidenziato ciò che dal 2008 non volevamo vedere: uno stato di decomposizione della società che non immaginavamo con polizia, servizi segreti, vice procuratore generale tutti coinvolti. Esisteva un gruppo privilegiato non oggetto di indagini o di sanzioni. La prima reazione è stata di grande paura ora però possiamo cambiare, esiste un consenso sociale molto forte verso il cambiamento e dobbiamo lavorare tutti insieme per la creazione di uno Stato di diritto giusto. La strada è lunga ma abbiamo testimonianze di poliziotti, di giornalisti, di sacerdoti che hanno messo in secondo piano i loro interessi per servire e prestare attenzione agli ultimi: dobbiamo farlo tutti. Serve una pulizia totale degli organi politici e giudiziari, e noi dobbiamo reagire e rifiutare chi mette in discussione la democrazia, chi rifiuta il rispetto della vita umana, chi vuole uno Stato ingiusto, forte coi deboli e debole coi forti. La Slovacchia vuole reagire e vuole far parte dell’Europa”.
A seguire l’avvocato Daniel Lipsic, difensore della famiglia Kuciak, ha fatto riferimento al libro di Giovanni Falcone “Cose di Cosa Nostra” dove si parla di tre candidati per un posto di procuratore, due bravi e uno invece un cretino appoggiato dai politici: “A vincere sarà il cretino e in Slovacchia è avvenuto lo stesso nel 2010. Jan ha scritto queste cose e ha pagato per le sue verità. Siamo tutti chiamati ad una missione, quella di difendere la vita umana e di tutelare la verità. Jan aveva la missione di combattere il male della società. Jan e Martina non si sono fatti intimidire dalla paura, sono stati un esempio di coraggio e noi dobbiamo continuare su questa strada, non farci governare dalla paura e sostenere I giornalisti che continuano sulla strada di Jan e Martina. Esistono due mondi, uno governato dai soldi, dai rolex, dagli yacht, dalla ricchezza e dalla corruzione e un altro mondo di persone oneste di persone semplici: possiamo far vincere la parte sana e onesta di questo paese”.
Italia e Slovacchia insieme contro le mafie
Il Procuratore Nazionale Antimafia Italiano, Federico Cafiero De Raho, ha ringraziato Maria Grazia Mazzola per l’organizzazione di questo incontro e le famiglie di Jan e Martina per la loro presenza. Quindi ha iniziato a spiegare la situazione italiana che ha sofferto la morte di molti uomini che hanno combattuto la mafia (citando come esempio Piersanti Mattarella), passando poi a parlare del modello italiano antimafia che è stato ispirato da b: la tutela del diritto viene prima di ogni altro valore. E nelle indagini si parte dal seguire i flussi di denaro, tutto è legato ai soldi, i contatti, gli affari, i movimenti e le collaborazioni. Quindi ha parlato del pool antimafia come squadra investigativa e del lavoro finalizzato a debellare la parte piu pericolosa della mafia, quella che cerca appoggi politici e finanziari. Falcone riuscì a organizzare un processo contro 475 persone di mafia che si occupavano di tutto, dalla droga al business ordinario.
“La Slovacchia - ha proseguito Cafiero De Raho - ha bisogno di condivisioni, di scelte comuni, di solidarietà, di inclusione sociale, di una solida democrazia e la ricchezza non deve essere il nostro obiettivo. In Italia, ma solo in Italia, dal 1982 esistono il reato di associazione mafiosa e la legge che consente la confisca dei beni appartenenti alle mafie. Queste leggi furono emanate dopo la morte di Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa: due testimonianze forti di lotta alla mafia che persero la vita per mano dei mafiosi. Altra legge importante è quella sui collaboratori di giustizia. Sono esempi legislativi che anche la Slovacchiia può seguire”.
Esaminando la situazione in Slovacchia De Raho ha sottolineato come la ‘ndrangheta parta dal business della cocaina per poi allargarsi a tutti i business cosidetti ordinary: agricoltura, trasporti, energia ect: “Molta politica e molta economia pensa di poter fare affari con la ‘ndrangheta ma alla fine ne diventano schiavi. Jan e Martina hanno combattuto la ‘ndrangheta e sono morti per questo. Noi abbiamo il compito di sostenere la stampa”. Il procuratore ha apprezzato l´attuale indipendenza della magistratura slovacca che non guarda in faccia nessuno e ha spiegato che l´indipendenza della magistratura italiana deriva anche dalle norme costituzionali. Esempio da seguire anche per gli slovacchi. Ha quindi chiuso con alcuni principi fondamentali: “Vivere con onore e operare con diligenza, essere al servizio dello Stato di diritto. Silenzio e omertà impediscono al diritto di essere esercitato completamente, mentre la libertà di stampa è un pilastro fondamentale della democrazia: i fascisti e i regimi bruciavano i libri… La democrazia slovacca va difesa!”. Dopo una piccola pausa durante la quale il procuratore italiano è stato intervistato dalle molte testate giornalistiche italiane e slovacche presenti, è arrivato il turno di Don Luigi Ciotti, presidente di Libera.
Don Luigi è andato subito al punto, parlando direttamente familiari di Jan e Martina - “Siamo qui perchè vi vogliamo bene” - e scatenando una forte emozione in tutta la sala. Dopodichè ha esortato tutti a essere memoria viva per evitare di essere solo retorica. Facendo riferimento ai familiari dei ragazzi uccisi ha detto che oltre a chi “muore fuori” dobbiamo stare vicino a chi “muore dentro” a seguito di questi crimini. In Italia il 75% dei familiari delle vittime di mafia non conosce la verità. “Jan e Martina - ha detto don Luigi - erano convinti di lavorare per la ricerca di verità e hanno perso la vita per questo, come più di mille giornalisti nel mondo hanno perso la vita a causa della loro testimonianza. Per combattere la mafia e la corruzione, che non agiscono a viso aperto e che sono strumento di potere politico ed economico, abbiamo bisogno di giornalisti come Jan e di persone che combattano l’omertà”. Don Luigi ha poi parlato di Libera nata dopo le stragi mafiose di Palermo del 1992: “Nasce per un noi che vuole superare l´io imperante. Ci sono due parole inquietanti: neutralità e mormoranti. Noi dobbiamo metterci tutti in gioco, le scuole le associazioni la società civile. Il futuro ci chiede di andargli incontro e di non aspettarlo passivamente, la forza della mafia sta proprio nella nostra debolezza quindi dobbiamo reagire valorizzando le testimonianze positive che abbiamo”. Ciotti ha ringraziato il presidente regionale di Trnava per aver organizzato questo meeting e ha sottolineato che la vera politica è quella al servizio del bene comune, è un servizio all’etica. Sono importanti azioni comuni, non solo dichiarazioni ma testimonianze pratiche. Una domanda però è cruciale: “Come combattere le mafie se parlano il linguaggio del potere? Bisogna aprire gli archivi investigativi ONU a Vienna, frutto delle indagini su droga e armi. Si potrebbero scoprire cose molto importanti, il veto di un solo paese purtroppo blocca l’apertura di questi archivi. L´Europa è in ritardo, la mafia opera in più Stati con traffici di droga e armi, con corruzione e sfruttamento della prostituzione, ci sono migliaia di indagini ma l´assenza di una legislazione comune europea consente alla mafia di fare shopping giuridico. Abbiamo bisogno di una legge europea sulla confisca dei beni dobbiamo tagliare i fili tra l´economia illegale e quella pulita”. Infine il sacerdote ha sottolineato gli ambiti di lavoro di Libera: vicinanza alle famiglie delle vittime di mafia, legge sulla confisca dei beni e loro uso sociale, lavoro con scuole, università e associazioni perchè la formazione è fondamentale, politiche sociali e servizi alle persone. Ciotti ha chiuso con un aspetto personale: “Oggi 11 novembre sono 47 anni che sono stato consacrato sacerdote, i miei amici sacerdoti mi hanno pregato di rimanere con loro per ricordare questo giorno importante della mia vita, ma io ho deciso di venire a Bratislava per stare vicino alle famiglie di Jan e Martina”.
L´avvocato Enza Rando, vice presidente nazionale di Libera, ha spiegato il ruolo dell’associazione accanto ai familiari delle vittime di mafia e anche la costituzione di parte civile nei processi per dare centralità alle parti offese proprio nello svolgimento delle attività giudiziarie.
“La mafia teme la conoscenza - ha continuato Rando - e allora abbiamo costruito una collaborazione con le scuole con le università facendo partecipare i ragazzi alle udienze, perchè le persone sappiano cosa combina la mafia e come si muove. Anche oggi qui a Trnava c’è una ricercatrice dell´Università di Milano per avviare una collaborazione con le università slovacche proprio con lo stesso fine. La presenza dei ragazzi aiuta le famiglie a sentirsi abbracciati dalla società civile, non li fa sentire soli”. “La prima esperienza - ha concluso l’avvocato - è stata fatta durante il processo per l’uccisione di Peppino Impastato. Stiamo anche lavorando per una legge europea che tuteli chi denuncia i fatti corruttivi, in Italia esiste già. La mafia uccide il territorio e ognuno deve fare la propria parte”. Le conclusioni della prima giornata sono state affidate alla giornalista Maria Grazia Mazzola che, oltre a ringraziare per la presenza il procuratore Cafiero De Raho, Libera e le famiglie di Jan e Martina, ha sottolineato l´inizio di una collaborazione con alcune scuole locali, anche attraverso la presenza di un rappresentante di Libera International in Slovacchia. Sottolineando il fatto di essere stata oggetto di alcune minacce di morte Mazzola ha messo sul tavolo alcune domande a cui gli organi investigativi dovranno dare risposta: “Nino Vadalà, personaggio della ‘ndrangheta ha costituito dagli anni Novanta un impero economico fatto di molte aziende in molti settori, come è possibile che nessuno se ne sia accorto? Chi lo copriva? Una serie di intercettazioni mettono in risalto i rapporti tra Vadalà e molti politici e imprenditori slovacchi. Già nel 2013 indagini della polizia slovacca erano arrivate alle stesse conclusioni di Jan del 2018: chi ha coperto quei verbali? E come mai il capo della polizia ha mentito dicendo che la polizia non era al corrente di nulla? È importante la scoperta della verità in questo paese, la Slovacchia è in Europa, ci vuole una legge antimafia in Slovacchia e un inchiesta pubblica che chiarisca tutte queste connivenze tra mafia, politica e imprenditoria”.
Slovacchia 3La seconda giornata è stata caratterizzata dalle testimonianze dei giornalisti di Aktuality.Sk Sme Denník N Týždeň, focalizzate sul giornalismo investigativo, in particolare di Jan e sulle minacce che giornalmente i giornalisti slovacchi ricevono. A seguire interventi della deputata europea Lucia Nicholsonova del partito SAS sul tema delle necessarie collaborazioni europee a livello investigativo e legislativo e del poliziotto slovacco, ora facente parte del partito Progresivne slovenko, che ha guidato la squadra durante il più grande processo sulla corruzione della Slovacchia. A chiudere la seconda giornata la testimonianza di un rappresentante dei piccoli agricoltori in merito alle connivenze tra mafia e mondo agricolo slovacco e alle mafie dei “colletti bianchi”.
Tratto da: liberainformazione.org