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di Adriana Navarro
Una giovane si avvicinò a noi al termine della marcia. Dolcemente e spontaneamente ci chiese di potersi fare una foto assieme ai suoi genitori, sotto i cartelli di denuncia e protesta che portavamo per protestare verso tanti anni di silenzio ed impunità. Non mi resi conto subito, poi capii che si trattava di Victoria Moyano, che, con quel semplice gesto ha manifestato di essere anche lei alla ricerca della memoria, della verità della storia, che vengano processati tutti i responsabili di questa grande ferita che ha il popolo uruguaiano, che ben lontana dal rimarginarsi, continua a portare ancora oggi le sue conseguenze, le sue ripercussioni.
La marcia del silenzio mi emoziona sempre, mi strappa lacrime, mi induce ad una riflessione profonda dentro me. Non posso evitare di pensare a quanto quelle donne, uomini, e bambini scomparsi hanno vissuto e sofferto. Vedo le foto, con i loro volti e i loro sorrisi, e sento che li strapparono dalla loro vita, dalle loro famiglie, dai loro sogni, dai loro progetti. Perché tanto dolore? Perché tanta crudeltà?
È innegabile per la nostra storia che oltre alla sparizione forzata di esseri umani, la tortura fu il metodo per diffondere il terrore nelle prigioni, e fuori da esse. Il divieto di parlare, la classificazione dei cittadini in categorie, i metodi di insegnamento imposti, gli autori proibiti. Tutti modelli per dominare un popolo intero, non una "guerriglia", ma un popolo che non alzava le armi, ma stava semplicemente facendo sentire la sua voce per reclamare ai suoi governanti la costruzione di una società più giusta.
Il popolo voleva le missioni pedagogiche, credeva nell'interscambio tra universitari e operai, tra l'operaio ed il contadino. La solidarietà, la parola tra la gente aveva valore, aveva peso. Molti maestri e professori insegnavano che si poteva criticare o mettere in discussione una cosa stabilita, che non bisognava accettare ciò che veniva imposto, solo perché veniva da un'autorità o da un governante. Gli operai lottavano per i loro diritti di lavoratori e per i loro salari, perché in verità questi hanno molto peso per costruire una vita degna, perché i figli possano avere accesso all’educazione, possano sognare, esprimere i propri talenti innati e in questo modo muovere la ruota dell'evoluzione della società per costruirne una sempre migliore che ci renda più empatici con i nostri simili, e più felici.
Questa è una verità che un giorno dovrà fare parte della storia. Non possiamo accettare che militari o civili ci dicano che erano in guerra. Che guerra? Quale guerra? In Uruguay, il movimento tupamaro, nel 1973, era completamente soffocato ed i suoi principali dirigenti erano già in carcere.
Prova di ciò è che la resistenza alla dittatura la fece il popolo disarmato, in uno sciopero generale durato oltre quindici giorni, che paralizzò il paese. E questa protesta del popolo, che avrebbe dovuto essere interpretata come "la presenza sovrana" della quale parlava Artigas (visto che le forze governative e militari gli rendono tanti onori ancora oggi) fu schiacciata con tutta la forza della repressione militare e con una serie interminabile di persecuzioni e repressioni, torture e violenza.
Questa è la verità che manca alla nostra storia. Mancano molte verità, per potere ricostruire una società senza paure, con libertà vera, con capacità di costruire se stessa.
Molti militari sono stati gli strumenti di una simile diffusione del terrore.
Ma erano anche gli ideologi? Sono gli unici responsabili? Se così fosse, perché dopo quaranta anni di democrazia non possiamo dare ancora una risposta a tutte le madri e ai genitori che ogni 20 maggio marciano e chiedono dove sono i loro figli? Se riconosciamo l'importanza della giustizia, come può la Suprema Corte di Giustizia, nel 2013, ordinare il trasferimento del giudice Mariana Mota, quando aveva chiesto di processare diversi militari coinvolti in violazioni di diritti umani? (come se lei si fosse trovata a indagare su qualcosa di poco conto). Perché vengono rubati documenti appartenenti al Gruppo di Investigazione in Archeologia Forense dell'UDELAR, i suoi membri vengono minacciati, e non si sente più nessuna notizia al riguardo, come se si trattasse di una circostanza insignificante? Perché un governo di sinistra, con maggioranza parlamentare, non osa abolire una legge che protegge chi può portarci a conoscere realmente tutta la verità, e può indicare chi sono i responsabili, e non come vendetta, ma bensì perchè non rappresentino un pericolo futuro, affinché questa triste storia non si ripeta MAI PIÙ!
Solo allora, quando scriveremo la vera storia, smetteremo di marciare e la memoria sarà insegnata nelle case, nelle scuole, nei licei, e nelle università, per trasmettere quei valori, i valori di quei giovani sindacalisti, maestri, operai e studenti, che hanno perso la propria vita.

Foto di Copertina: per gentilezza di www.laizquierdadiario.com

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