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rouhani hassan c imagoeconomicadi Riccardo Alcaro
Il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), l'accordo nucleare con l'Iran negoziato nel 2015 da Stati Uniti, Europa, Russia e Cina, ha subito un durissimo colpo lo scorso maggio, quando Donald Trump ha annunciato che gli Usa avrebbero unilateralmente cessato di rispettarlo e re-imposto le sanzioni contro l'Iran.
L'accordo, tuttavia, è ancora in piedi. Incoraggiato dall'impegno preso dalle altre parti dell'accordo - Europa su tutti - a sostenerlo in ogni modo, l'Iran ha continuato ad adempiere ai suoi obblighi. Per l'Europa la posta in gioco è molto alta. Se l'accordo nucleare dovesse collassare, il rischio di proliferazione in Iran - e di un attacco militare americano o israelo-americano per provare a scongiurarlo - aumenterebbe a dismisura.
Il danno per gli interessi europei nella tenuta del regime di non-proliferazione nucleare e la (residua) stabilità del Medio Oriente sarebbe gravissimo. L'Europa vedrebbe anche anni di sforzi diplomatici - il contributo europeo è stato essenziale alla conclusione dell'accordo - ridotti in cenere.

Un'impresa quasi proibitiva
Difendere l'accordo in opposizione agli Stati Uniti si sta dimostrando però un'impresa quasi proibitiva. Per quanto abbia violato la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza Onu, in cui l'accordo è stato incorporato, Washington può sempre contare sulla sua enorme influenza diplomatico-finanziaria per piegare gli europei al suo volere.
Un modo di farlo è stata la costante delegittimazione di ogni forma di interazione con l'Iran, mettendo l'accento in particolare sul programma balistico iraniano e sul sostegno che Teheran fornisce ai suoi alleati in Libano, Siria, Iraq e Yemen. Un altro è di strangolare finanziariamente l'Iran per mezzo di sanzioni che colpiscono compagnie e banche straniere che fanno affari in quel Paese - le cosiddette 'sanzioni secondarie', un eufemismo per indicare misure extra-territoriali -.

Clamorosi fallimenti...
Perché la difesa dell'accordo sia efficace, quindi, gli europei dovrebbero innanzitutto proteggere aziende e banche dalla lunga mano dei regolatori americani. Sfortunatamente, fino a oggi sono riusciti a fare ben poco.
Gli europei avevano preso impegni precisi dopo il ritiro americano dal Jcpoa. In particolare, avevano promesso di promuovere il commercio con l'Iran, mantenerne intatta la capacità di esportare petrolio e salvaguardare le transazioni bancarie. Tuttavia, il timore delle sanzioni americane ha spinto sempre più aziende europee a lasciare l'Iran, a dispetto di un regolamento Ue che rende illegale conformarsi alla legislazione straniera con effetto extra-territoriale. Le importazioni di petrolio dall'Iran sono crollate, nonostante un'esenzione semestrale concessa dagli Usa a Italia e Grecia. E le banche iraniane sono state scollegate dal sistema di messaggistica bancaria gestito da Swift, sebbene quest'ultima sia basata a Bruxelles e quindi sotto giurisdizione europea.

... ma anche qualche progresso
Accanto a questi clamorosi fallimenti, c'è stato anche qualche progresso. I leader europei hanno cominciato a parlare della necessità di creare sistemi di pagamento indipendenti dal dollaro e di pagare le importazioni petrolifere in euro. Soprattutto, si è lavorato alla creazione di un meccanismo finanziario che dovrebbe aggirare le sanzioni Usa e pertanto facilitare il commercio con l'Iran. Dopo mesi di ritardo, il meccanismo speciale è stato registrato sotto il nome di Instex (Instrument in Support of Trade Exchanges).
L'amministrazione Trump non ha gradito. Mike Pompeo, il segretario di stato, ha già ripetutamente detto che gli Usa faranno di tutto per forzare il rispetto delle loro sanzioni. Questo tipo di minacce può certamente avere l'effetto di dissuadere le compagnie europee che vogliano accedere ad Instex e di indurle a evitare di commerciare in prodotti sanzionati dagli americani - compreso quindi il petrolio -. Instex potrebbe quindi ridursi a facilitare solamente l'esportazione di beni umanitari come cibo, medicinali e apparecchiature mediche.

L'impatto sull'Iran
Se ciò basti agli iraniani è incerto. Finora la guida suprema Ali Khamenei ha continuato a sostenere il presidente Hassan Rouhani, il principale sponsor del Jcpoa in Iran. Rouhani spera ancora che l'accordo possa generare benefici economici, come dimostra il suo tentativo di adottare standard di anti-riciclaggio internazionali per facilitare la cooperazione con banche straniere.
L'approssimarsi dell'inizio della campagna elettorale del 2020 per il Majlis (il parlamento iraniano) è però destinato a polarizzare il dibattito. A meno che la popolazione non abbia segnali tangibili che l'accordo ha portato benefici economici, difenderlo sarà una carta elettoralmente perdente.

Misure europee mal concepite e controproducenti
A peggiorare la situazione ci si sono messi gli europei stessi con una serie di mosse mal concepite. Di grande danno alla loro credibilità è il fatto che gli europei stiano sempre più sostenendo le pretese degli Stati Uniti che l'Iran debba limitare anche il suo programma balistico oltre che nucleare.
L'Ue ha anche adottato sanzioni contro un'unità di intelligence iraniana, con l'accusa di aver orchestrato tentativi di assassinii di oppositori del regime in Francia, Danimarca e Paesi Bassi. E la Germania ha deciso di bandire dallo spazio aereo nazionale la compagnia aerea iraniana Mahan Air perché gli iraniani ne usano i velivoli per trasportare personale e materiali in Siria a sostegno del regime di Bashar al-Assad.
Prese singolarmente, queste misure possono essere sensate. Nel più ampio contesto dello scontro sull'accordo nucleare, tuttavia, risultano controproducenti. Sarebbe stato meglio che qualche prova fosse presentata in tribunale prima di adottare misure restrittive contro i tentativi di assassinii all'estero. Sanzionare la Mahan Air non pregiudicherà in alcun modo l'aiuto che l'Iran dà al regime siriano, mentre invece priva i cittadini iraniani della possibilità di arrivare in Europa usando una delle poche compagnie aeree iraniane con standard di sicurezza ancora elevati.
E se l'Europa vuole che l'Iran faccia concessioni su due pilastri della sua politica di sicurezza - il programma balistico e gli alleati regionali - è con il dialogo pragmatico basato sulla fiducia reciproca, non sulla coercizione, che può ottenere qualche risultato. Il gelo con cui gli europei hanno accolto la convocazione da parte Usa di un meeting internazionale sul Medio Oriente a Varsavia, che Washington vuole usare per aumentare la pressione sull'Iran, è in questo senso un passo tanto raro quanto benvenuto.

La difesa del Jcpoa obiettivo primario europeo
Il punto centrale - quasi banale - è che il danno che il programma missilistico e le attività regionali dell'Iran arrecano agli europei non è lontanamente paragonabile a quello che provocherebbe il collasso dell'accordo nucleare. Gli europei farebbero meglio ad assicurarsi che il meccanismo finanziario speciale diventi operativo il più presto possibile e che consenta di commerciare anche in beni sanzionati dagli Usa. Se consentisse la ripresa delle importazioni di greggio, in particolare, Instex darebbe all'Iran un grande, forse irresistibile, incentivo a restare nell'accordo nucleare.
Ogni altra misura - sanzionatoria e diplomatica - deve essere rigorosamente subordinata al conseguimento dell'obiettivo primario dell'Europa, e cioè appunto la difesa del Jcpoa.
(4 Febbraio 2019)

Tratto da: huffingtonpost.it

Foto © Imagoeconomica

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