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cuestas luisadi Jean Georges Almendras
È morta all'età di 98 anni in Uruguay una donna che dal 1967 è stata un simbolo particolarmente prezioso per quanto concerne la ricerca dei detenuti desaparecidos negli anni della dittatura uruguaiana ed argentina, nel Rio de la Plata.
Luisa Cuestas è il nome di questa meravigliosa madre uruguaiana, combattente instancabile per 42 anni, alla ricerca di suo figlio Nebio Ariel Melo. Nebio era membro del Partito Comunista Rivoluzionario dell'Uruguay e fu arrestato nella città di Buenos Aires da funzionari della Polizia Federale e dell'Esercito argentino, l’8 febbraio del 1976. Ma già prima, nell'anno 1973, dopo l'insediamento della dittatura in Uruguay, Luisa Cuestas visse sulla propria pelle l'oltraggio della repressione perché fu fermata e reclusa nella struttura del Battaglione di Fanteria 5 di Mercedes. Fu liberata nel 1974 e dovette andare in esilio in Olanda. Ritornò in Uruguay nel 1985 e da quel momento, insieme ad altre madri, divenne un’attiva protagonista della lotta portata avanti allora (e ancora oggi) affinchè vengano effettuati gli scavi per ritrovare i resti dei detenuti desaparecidos.
La lotta di questa meravigliosa donna non ha avuto tregua, non ha mai abbassato le braccia. Luisa Cuestas era sempre presente in ogni mobilitazione ed in ogni espressione di libertà. Quella libertà che consisteva nell’affrontare pacificamente e senza peli sulla lingua i repressori dell’epoca della dittatura, ma anche di oggi, in giorni di democrazia. Quella libertà che per Luisa significava vivere nel concreto, onorando con la lotta che portavano avanti suo figlio e gli altri giovani che come lui pagarono con la vita, difendendo le proprie idee. Idee che caratterizzarono quella generazione e che divennero le basi per la formazione e la ricerca dell'uomo nuovo. Né le pallottole né le bastonate riuscirono ad ostacolare la numerosa gioventù che risvegliava la propria coscienza rivoluzionaria o diventava attivista. Ma i repressori furono implacabili, come animali che inseguivano le loro prede. Fu proprio in questo scenario che Luisa Cuestas cominciò a percorrere i sentieri della lotta, fino ai nostri giorni.
La lotta di questa meravigliosa donna – piccola di statura ma gigantesca e titanica per il suo coraggio – è stata e continuerà ad essere un esempio per tutti noi.
La sua lotta ha lasciato una forte impronta nella società uruguaiana e rimane intatta in ognuna delle altre madri che continueranno a combattere affinché i resti umani siano finalmente ritrovati nei terreni militari dei dittatori. Quei terreni militari il cui accesso è stato più volte vietato agli investigatori ed ai giudici. Quei terreni militari protetti dall'impunità e dalla complicità del sistema politico. Quei terreni militari protetti dall’omertà dei repressori. E dall’omertà dei civili asserviti alla casta militare. Un silenzio infame e criminale di quei repressori che violentarono la democrazia e che anche oggi continuano ad oltraggiarla. Che offesero e continuano sfacciatamente ad offendere le madri ed i famigliari dei detenuti desaparecidos. Specialmente, quando si rifiutano di fornire indicazioni sui luoghi dove sono avvenute le sepolture. Specialmente quando sfuggono alla giustizia e ci ridono sopra. O quando camminano impuni per le strade delle nostre città.
Le madri dei desaparecidos sono state oggetto di ostilità, scherzi, ironie, sarcasmo ed oltraggi (e lo sono ancora) da parte dei militari. (E) Luisa Cuestas sopportò questi oltraggi con forza ammirevole.
Luisa Cuestas è stata una coraggiosa donna che durante un’intervista a Radio Centenario disse con enfasi: "Non è che vogliamo ritornare al passato o che non vogliamo lasciar andare il passato; lo vogliamo lasciare, ma prima ci deve essere la verità e la giustizia e che vengano riconosciuti una volta per tutte i fatti accaduti nel paese”.
Luisa Cuestas è stata una fervente militante dei diritti umani, un esempio di forza per molti. Ora sentiremo tutti la sua assenza fisica, ma sappiamo perfettamente che è presente, ora e sempre.
Alcuni anni fa ebbi la fortuna di intervistarla. Guardai i suoi occhi che sprigionavano speranza. Occhi che sprigionavano anche la tristezza degli attivisti. Dei combattenti. Perché Luisa Cuestas è stata una combattente per la vita. Una combattente con la C maiuscola.
Un essere umano ineguagliabile. Una combattente che non dobbiamo mai abbandonare
Mai.

Foto di Copertina: www.elecodigital.com

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