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bolsonaro jair c mauro pimentel AFP getty imagesDopo 13 anni sale al potere l'estrema destra
di Karim El Sadi
Questa mattina il Brasile si è “svegliato” a destra, estrema destra. Il candidato Jair Bolsonaro è stato eletto nuovo presidente brasiliano, stracciando il suo avversario Fernando Haddad col 55,5% dei voti contro il 44,5% di quest'ultimo. La vittoria ha confermato i primi risultati del ballottaggio giunti dopo le 19, le 23 in Italia, che davano il Partido Social Liberal in testa al primo turno con 46%, contro il 29,3% di Haddad e con uno scarto finale di 18 milioni di voti. In Brasile, dopo 13 anni di sinistra, sale al potere l'estrema destra con il populista Jair Bolsonaro che ha festeggiato con un post su Facebook. “Dobbiamo abituarci a vivere insieme - ha esordito - Per ritrovare la prosperità perduta. Il Paese chiedeva un cambio. Non potevano continuare a vivere con il populismo, l'estremismo, il comunismo della sinistra. Abbiamo le condizioni per governare, con i nostri parlamentari. Tutti gli impegni che abbiamo assunto saranno rispettati e portati a termine. Non cederemo l'Amazzonia, parleremo con la gente, rispettando tutte le opinioni e le esigenze. Ma metteremo davanti a tutto e tutti l'interesse del Paese. Sapevamo - ha concluso - dove dovevamo andare e ora sappiamo dove andiamo. Ringrazio il brasiliani per la fiducia dimostrata”. In risposta l'avversario Haddad ha dichiarato che si presenterà all'opposizione e ha chiesto che i suoi 45 milioni di elettori “vengano rispettati”, alla luce delle recenti minacce di incarcerazione o esilio dell'ormai neo presidente ai suoi rivali dell'odiato Partido dos Trabalhadores (guidati appunto da Haddad) che tutti considerano responsabile del disastro economico e sociale in cui è sprofondato il Paese. Un grande spartiacque si è potuto vedere nelle piazze brasiliane negli istanti successivi alla pubblicazione dei risultati elettorali. Da una parte grande festa, fuochi d'artificio, gente che fischiava, gridava euforica con la maglietta della nazionale, cantava, ballava e naturalmente sparava colpi d'arma da fuoco. Dall'altra, gente che piangeva disperata, sconsolata. Erano le minoranze del Brasile la gente povera, gli omosessuali, i brasiliani di colore, coloro che in poche parole sono stati gli oggetti di quella propaganda razzista e omofoba che ha caratterizzato e “reso famoso” il cosiddetto “Uomo Nero” Bolsonaro. E che lo hanno portato alla vittoria. Il Paese saluta dunque il Pt di Lula, in carcere per corruzione passiva e riciclaggio, e abbraccia l'estrema destra che da oggi si aggiunge alla destra Argentina di Macrì, alla destra repubblicana di Trump e a quella del nostro vice premier Matteo Salvini. Il quale non si è fatto attendere per congratularsi via Twitter con il nuovo primo ministro brasiliano: “Anche in Brasile i cittadini hanno mandato a casa la sinistra! Buon lavoro al Presidente Bolsonaro, l’amicizia fra i nostri Popoli e i nostri Governi sarà ancora più forte!!!”. E aggiunge con un altro tweet “dopo anni di chiacchiere, chiederò che ci rimandino in Italia il terrorista rosso Cesare Battisti”, al quale il deputato federale e figlio di Bolsonaro, Eduardo ha subito risposto “il regalo è in arrivo! Grazie per il supporto, la destra diventa più forte".

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© Ansa


Bolsonaro il passato, il ruolo della fede e quella “saudade” per la dittatura del '64
Controverso, estremista, razzista, populista e omofobo. Sono questi gli aggettivi che parte del popolo brasiliano e mondiale ha attribuito al neo presidente.
Classe '55 nasce a Glicerio, nello stato brasiliano di San Paolo, Bolsonaro è figlio di genitori di origine italiana. Ex capitano dell'esercito, diventa deputato al parlamento del paese dal 1991 per 28 anni, nel corso dei quali ha cambiato casacca con nove partiti. Uomo di fede evangelica, è al suo terzo matrimonio e padre di 5 figli. Il suo secondo nome è Messias, e parte del suo elettorato lo considera il salvatore della patria. A questo proposito Bolsonaro ha potuto contare proprio sull’appoggio significativo dei cristiani evangelici (circa un quarto dell’elettorato), che con lui condividono le proposte per eliminare l’educazione sessuale dalle scuole, negare i diritti civili agli omosessuali e ostacolare qualsiasi tentativo di modificare le attuali leggi severe in vigore contro l’aborto. Sempre in tema religioso Bolsonaro negli istanti successivi ai risultati dei seggi ha detto “grazie a Dio sono riuscito a interpretare la volontà dei nostri concittadini - ha aggiunto ieri sera - Dobbiamo seguire l'insegnamento di Dio. Faremo un governo che possa portare il nostro Brasile nel posto che merita”.
Bolsonaro appartiene a quella cerchia di conservatori nazionalisti che strizzano l'occhio al regime brasiliano di oltre 50 anni fa, salito al potere dopo un colpo di stato sostenuto logisticamente e politicamente dagli Stati Uniti. Una vera e propria “Saudade”, per la dittatura del '64. Nel 2008, ad esempio, ha affermato senza esitazioni che "l'errore della dittatura militare è stato quello di torturare e non uccidere" gli oppositori. "Quando ha approvato la destituzione della presidente Dilma Rousseff - si legge su Adnkronos.com - ha dichiarato in aula di dedicare il suo voto al soldato che la torturò quando era una giovane guerrigliera”.

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© BNC-Amazonas


L'elezione tra proteste e propaganda via social
Eletto in un periodo storico difficile per il Paese. Tra la crisi economica più grave della storia del Brasile iniziata nel secondo governo di Rousseff, gli scandali di corruzione politica ed escalation della violenza criminale, per molti Bolsonaro rappresenta un “cambio di rotta”. Ma alla sua candidatura si è opposta una grande fetta del Sud America che è scesa in strada i giorni scorsi con striscioni e cartelloni gridando il famoso slogan “Ele não”, (Lui no, ndr) ripreso anche da artisti dal calibro internazionale preoccupati da una probabile “minaccia fascista” come il frontman dei Pink Floyd Roger Waters.
Come tutti i nuovi leader moderni che si rispettino anche Jair Bolsonaro è attivissimo sui social. Utilizzati per crearsi un personaggio e dar sfogo alle sue “uscite choc” in tema di diritti umani che hanno diviso il Paese e non solo. Sostenitore del libero mercato, presenta come sua principale proposta la liberalizzazione del possesso di armi per permettere ai cittadini di difendersi dalla criminalità. Si dice nemico della corruzione, dei sindacati e favorevole all'applicazione della tortura, ha promesso di aumentare gli investimenti nella polizia, di ridurre l’età dell’imputabilità penale facendola passare da 18 a 16 anni, di voler nominare diversi militari in posizioni di governo e di applicare una stretta sull’ingresso degli “sporchi migranti”. “L'uomo nero” ha come spina dorsale imprenditori, latifondisti, cristiani evangelici ma piace anche al ceto medio-basso impoverito dalla crisi economica e preoccupato dagli alti tassi di criminalità. Bolsonaro ha infine detto che il suo governo abolirà il ministero dell'ambiente e che il Brasile uscirà dagli accordi sul clima di Parigi (anche se pare abbia fatto marcia indietro) come ha fatto Trump con gli Stati Uniti. Nel programma elettorale si legge anche dell'intenzione della creazione di un asse di penetrazione stradale tra le verdi e incontaminate foreste, la cancellazione della legislazione vigente, l'apertura al mercato libero dei taglialegna e il bandimento di ONG internazionali, come Greenpeace e WWF. Se le promesse dovessero diventare realtà l'Amazzonia, ovvero la foresta tropicale più grande al mondo, rischierebbe di scomparire sempre più velocemente. E a risentirne non sarà solo il Brasile ma tutto il pianeta che dovrà fare a meno del “Polmone del mondo”.

Foto di copertina © Mauro Pimentel/AFP/Getty Images

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