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centrale nucleare c imagoeconomicaIl piano nucleare argentino sospeso per la crisi
di Agustín Saiz

La crisi in Argentina compromette anche il controverso progetto nucleare. L’Argentina ha appena sospeso gli accordi con la Cina per i nuovi reattori per evitare un debito equivalente a 9.000 milioni di dollari. Il progetto, portato avanti senza il consenso popolare, non ha più la possibilità di avanzare perchè dipendeva dalla tecnologia e dal finanziamento cinese.

Contesto internazionale
Mentre i paesi nuclearizzati affrontavano un difficile bivio per quanto riguarda lo smantellamento dei reattori e il trattamento dei rifiuti radioattivi, l’Argentina aveva intrapreso la strada opposta, aspirando ad un 5º reattore operativo capace di compiere il ciclo completo dell’uranio.
L’Unione europea stima in 250.000 milioni di dollari il costo per abbandonare il nucleare e la maggior parte delle principali potenze (Francia, Germania, Inghilterra, USA) hanno già programmato la successiva chiusura delle loro centrali. Dopo l’incidente di Fukushima e l’elevato costo dell’energia nucleare si sta chiudendo il ciclo della proliferazione dei reattori iniziato dopo la seconda guerra mondiale come strategia principale per la proliferazione e controllo del materiale fissile.
Ma adesso è il gigante cinese il leader del mercato di esportazione e lo fa con una strategia di insediamento in altri continenti, grazie a grandi pacchetti di investimento che includono la tecnologia nucleare. Paesi in via di sviluppo come l’Argentina necessitano ambe due le cose che offre la Cina: tecnologia e finanziamenti. Questi nuovi rapporti di dipendenza sono ideali per il nuovo colonialismo che propone la Cina, che si vede obbligata a garantire l’approvvigionamento delle risorse basiche a lunga scadenza e ha bisogno di conquistare nuovi mercati.

Un progetto controverso
Il piano nucleare argentino sta suscitando polemiche e sono molti i focolai di resistenza della popolazione coinvolta nelle diverse fasi del processo.
Le località della cordigliera sono assediate dalle miniere di uranio a cielo aperto, che minacciano di far fallire i sistemi delle economie regionali. Sono molte le provincie che hanno già vissuto una brutta esperienza nel passato, trovandosi con migliaia di tonnellate di residui inquinanti, scorie radioattive non trattate (Salta, Cordoba, San Luis, Mendoza, La Rioja, ecc.). Nonostante la forte opposizione della popolazione locale, il settore nucleare avanza e ha a disposizione migliaia di ettari pronti ad essere sfruttati per estrarre uranio sia per il mercato interno che per quello internazionale.
Nella regione della Patagonia il tentativo, poi fallito, di istallare reattori nucleari provocò l’anno scorso una protesta popolare che fece scendere in piazza migliaia di persone in contemporanea, in diverse località nel sud dell’Argentina. I governanti e i sindaci hanno riconosciuto di aver commesso il più grave errore politico della loro carriera. Hanno insistito nel progetto andando contro persino alle proprie normative antinucleari vigenti. La spontaneità e la forza delle manifestazioni sono state una sorpresa non prevista, segnando una svolta per il movimento ecologista. Bisogna, inoltre, aggiungere che la Patagonia Argentina insieme all’Australia, per le loro caratteristiche geologiche simili e la bassa densità demografica, sono da sempre candidate a diventare le nuove grandi discariche nucleari del mondo. Un grande affare milionario, che per logica apre le porte a favorire l’istallazione di un nuovo reattore.
Gli altri grandi focolai di scontro in Argentina sono i problematici/controversi reattori di Embalse Cordoba, sito a meno di 5 km da una faglia sismica attiva e Zarate, in provincia di Buenos Aires, dove è attivo il più grande complesso nucleare con i reattori Atucha 1 e 2 e la possibile installazione di altri due.

Un po' di storia
Il piano nucleare argentino nacque negli anni ’70 durante la dittatura militare, quando il generale Castro Madero voleva nel paese il ciclo dell’uranio completo per accedere anche alla possibilità di armamento nucleare. In quel periodo furono istallate le antiche centrali nucleari di Embalse (Cordoba) e Atucha 1 (Buenos Aires). Dopo, la sconfitta della guerra delle Malvine condizionò i successivi governi che scartarono l’opzione nucleare non riuscendo ad includerla nei parametri delineati dalle potenze straniere nelle successive negoziazioni.
Il governo di Néstor Kirchner rilanciò il piano nucleare nel 2006 e nel 2009 il Congresso votò la legge nucleare, che aprí il passo agli impianti nucleari. Nel 2014 entrò in attività il reattore Atucha II, rimasto in sospeso dal 1987, a causa del tempo in cui è rimasto inattivo è oggi riconosciuto come il più caro al mondo.
La quantità di denaro destinato ai progetti nucleari sarebbe stato sufficiente per sviluppare tutto il potenziale della tecnologia delle rinnovabili che la diversità geografica argentina permette. Il sud dell’Argentina possiede il maggior potenziale eolico del mondo e inoltre c’è la possibilità di sviluppare l’energia solare nel nord argentino, energia mare motrice lungo la estesa costa marittima e nelle cascate Las Turbinas nella cordigliera delle Ande. Oggi, di fronte alla grave crisi per la mancanza di riserve di petrolio sarebbe stato ideale sostituire la generazione del petrolio per le energie rinnovabili, 4 volte più economiche secondo le stesse specifiche del governo riguardo il nucleare. Lo sviluppo nucleare argentino è rimasto distante dagli standard di mercato e nonostante le esorbitanti somme investite non è mai stato un progetto sovrano per cui necessita importazione di tecnologia straniera per essere adeguato.

Conclusione
La notizia appena confermata della sospensione dei reattori cinesi è un sollievo per molti abitanti delle regioni interessate dal piano nucleare, che sentono i loro diritti calpestati dall'imposizione di progetti ad alto rischio e senza previa consultazione. Nessun partito politico fino ad oggi ha mai ripudiato il fatto. Al di là della differenza ideologica tra il Kirchnerismo e il Macrismo esistono politiche di stato che sono la continuità delle precedenti amministrazioni. Nel caso della Cina, fu Franco Macri (padre dell’attuale presidente), a prendere accordi come ambasciatore durante il governo di Cristina Kirchner per i termini di negoziazione con la Cina nella regione.
Nell’attuale via senza uscita, dove il governo al potere ci ha portato in soli due anni da quando è in carica, attraverso l’incredibile incremento del debito, rende impossibile assolvere questi nuovi impegni con la Cina. Nonostante le lobby e l’enorme quantità di denaro posta in gioco in opere pubbliche, in mano ad aziende legate al potere politico, cade il progetto nucleare. Le conseguenze di una politica smisurata hanno anche la contropartita non solo per il popolo, ma anche per coloro che hanno cercato di prendere d’assalto lo Stato per i propri affari.

(20 maggio 2018)

Foto © Imagoeconomica

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