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Tra le trecento vittime anche un giornalista televisivo
di Jean Georges Almendras
30 morti e centinaia di feriti.
Le strade di Managua e di altre città del territorio nicaraguense si sono tinte di sangue e la violenza e la morte hanno dominato la scena negli ultimi sette giorni.
Oggi a Nicaragua si respira una calma tesa. Ma le paure e i timori ci sono ancora. I fantasmi del terrore e della morte sorvolano le vie nicaraguensi. Ci sono speranze di dialogo, ma nessuna certezza.
Il governo sandinista di Daniel Ortega e sua moglie Rosario Murillo, al loro 3º mandato consecutivo, vive una delle più gravi crisi politica e sociale degli ultimi tempi. E il processo di degrado sociale che ha segnato questa terra ha una causa precisa.
Daniel Ortega e Rosario Murillo, referenti del Frente Sandinista e di Liberación Nacional (FSLN), hanno brutalmente voltato le spalle alle vere conquiste della Rivoluzione Sandinista. Conquiste del popolo lavoratore e dei pensionati, recentemente calpestate da misure repressive che rispondono sfacciatamente agli ordini di interessi capitalisti e più in specifico del Fondo Monetario Internazionale (FMI).
Il terrore e l’orrore hanno dominato le strade nicaraguensi. Una tale violenza scatenata da file governative e dalla gioventù sandinista che persino Papa Francesco, dal Vaticano, è inorridito ed ha fatto appello al dialogo di tutte le parti in causa. Un dialogo urgente affinché ci sia di nuovo la pace tra il popolo nicaraguense, di fatto già protagonisti di una guerra civile che non bisogna assolutamente alimentare.
In un contesto di tendenza alla destra del sandinismo, il governo nicaraguense (Daniel Ortega, presidente e Rosario Murillo, vicepresidente) lo scorso 17 aprile ha firmato il decreto esecutivo 03-2018 che stabiliva delle riforme nell’Istituto Nicaraguense della Previdenza Sociale (INSS). Il decreto prevedeva l’aumento dei contributi assicurativi dei lavoratori e datori di lavoro e la riduzione del 5% delle pensioni, con effetto retroattivo.
Da quel momento i settori popolari dei nicaraguensi cominciarono a vivere giorni di inferno indescrivibile. Inevitabile la protesta sociale. Una protesta massiva che ha avuto la sua fase iniziale nelle masse studentesche. Proprio dalle università si incitava ad una protesta generalizzata diventando i baluardi delle mobilitazioni.

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Mobilitazioni e proteste che si sono estesi oltre Managua, in città come León, Masaya, Estelí, Matagalpa e Granada dove gli studenti sono usciti in strada a protestare e hanno protestato energicamente insieme ai lavoratori e i contadini, che hanno accolto anche loro la chiamata alla resistenza.
Le proteste hanno provocato una repressione brutale.
Forze della polizia delle città teatro delle proteste sociali e forze della polizia antisommossa, con ogni mezzo a disposizione hanno represso duramente e senza sosta. A ciò si aggiungono le azioni repressive ad opera della gioventù sandinista, a sostegno del governo di Ortega, con armi in mano, pali e pietre. Veri gruppi di teppisti che si sono buttati in strada per reprimere le proteste popolari.
Trenta morti e oltre trecento feriti. E tra i morti, un giornalista. Il collega Miguel Ángel Ganoa. Si trovava a svolgere il suo lavoro in mezzo ad una protesta nella città costiera caraibica Bluefields, quando un proiettile lo ha colpito alla testa mettendo fine alla sua vita.
Tra le vittime anche lavoratori, studenti e persino alcuni agenti di polizia. Sono stati lanciati gas lacrimogeni, pietre, proiettili, a momenti regnava la più assoluta anarchia.   
Ma la violenza repressiva ha avuto anche altri attori: soldati dell'esercito nicaraguense nelle strade e saccheggiatori di negozi e supermercati che sbucavano dalle folle senza alcun controllo.   
Nicaragua dissanguata. Nicaragua violentata dall'autoritarismo di chi un tempo era il referente  di una rivoluzione sandinista e che oggi si oppone al popolo calpestandolo con i proiettili e i manganelli. Come ai tempi di Somoza.
Il gran potere degli yankee sembra essere rinato in questi tempi.
Perché Daniel Ortega sta voltando le spalle alla Rivoluzione Sandinista?
Il vescovo ausiliare di Managua, Silvio Báez ha sollecitato Ortega di "smetterla con il suo atteggiamento arrogante e che ascolti il popolo, che si apra al dialogo con tutta la società, che si identifichi nel dolore di tante famiglie e che collabori per la pace nel paese"
Finalmente dopo sette giorni d’inferno il governo ha fatto retromarcia riguardo le misure da adottare. Infatti, sono state revocate, ma l’accanimento verbale da parte del governo è continuato. Gli ex leader del sandinismo si sono lasciati andare ad ogni tipo di qualificativi contro le masse popolari. Contro gli studenti etichettati come "delinquenti".  
Daniel Ortega e sua moglie hanno dato al loro governo un profilo conservatore e notoriamente distante dai parametri della sinistra dei tempi del passato. Come se ambedue, per convinzione - o strategia politica - avessero oggi come compito principale quello di voltare le spalle al sandinismo degli anni della rivoluzione contro la dinastia Somoza.  
Questa è la cruda realtà oggi in Nicaragua.
Un Nicaragua che in tema di economia sembra essere più afferrata ad un modello neoliberale promosso proprio da un referente della Rivoluzione Sandinista. Un referente che nell'anno 2017 poco ha fatto per ribaltare una realtà dura ed allarmante: un terzo della popolazione vive in situazione di evidente povertà, c’è la precarietà lavorativa e i salari sono estremamente bassi.  
Un Nicaragua dove a beneficiare sono i settori imprenditoriali e le aziende straniere, le zone franche.
Tutto sta a indicare purtroppo che Daniel Ortega ha concentrato il potere politico e i benefici economici per la sua famiglia. Ortega-Murillo impongono (e si impongono) con autoritarismo reprimendo brutalmente ed ignorando le libertà democratiche, i diritti umani e i diritti dei lavoratori.  

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A proposito degli ultimi giorni di violenza. I mezzi stampa hanno reso noto che i leader politici concordano nel notare che lo scontento della popolazione va molto oltre la riforma del sistema delle pensioni, e mira all’urgente necessità di un cambio nella dirigenza del paese.  
Nel frattempo, la presidentessa del partito di opposizione di sinistra, Frente Amplia per la Democrazia, FAD, ha dichiarato alla stampa locale e alle agenzie: “Qui non c'è altra uscita che libere elezioni, trasparenti, per evitare che la popolazione debba pagare ancora un prezzo più alto". La giornalista Cristina Chamorro, ex direttrice del diario La Stampa, ha detto: "Il presidente ha solo due opzioni: uscire per la via elettorale come nel 1990 o insanguinato come il dittatore Anastasio Somoza, deposto nel 1990, precisamente dalla Rivoluzione Sandinista".  
La stampa locale ed internazionale ha reso noto che sabato 20 aprile attraverso il canale nazionale di radio e televisione, Ortega ha assicurato che il suo governo era aperto a rivedere la polemica riforma e ha richiamato le "imprese" al dialogo, spiegando che - secondo quanto programmato - la riforma entrerebbe in vigore il 1° luglio, quindi c'era il tempo di creare un tavolo di dialogo, ma in nessun momento è stato fatto riferimento al numero di morti e feriti negli scontri avvenuti nelle strade della sua terra, indicando che la violenza era stata responsabilità di "piccoli gruppi di opposizione".  
Portavoci del Consiglio Superiore dell'Impresa Privata (COSEP) hanno risposto al governo con un comunicato:  
“Non saranno avviati dei colloqui  con alcun delegato ufficiale fino a quando il governo non porrà fine alla repressione della polizia, liberi le persone fermate per protestare pacificamente e ristabilisca la libertà di espressione senza restrizioni”.  
In un’altra parte del comunicato si richiede letteralmente un dialogo "che parta da un'agenda ampia che contempli anche i temi di interesse nazionale con la partecipazione di rappresentanti della gioventù, settori accademici e la Conferenza Episcopale”.  
Da parte sua, dai differenti settori di studenti che hanno partecipato alle proteste, hanno riferito alla stampa locale e straniera che tutte quelle mobilitazioni non erano solo per la riforma della previdenza sociale.   

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Manifestiamo anche contro i presunti frodi elettorali, i continui aumenti dei carburanti, l'impunità della Polizia, le morti dei contadini oppositori ancora non risolte ed il discorso ufficiale di pace e riconciliazione che non riflette la realtà del paese.  
Ci sono speranze che la pace regni in Nicaragua.  
Ci sono speranze, ma non certezze.   
Perché Daniel Ortega sta voltando le spalle alla Rivoluzione Sandinista?

Foto di Copertina: www.infobae.com
Foto 2: www.mentepost.com
Foto 3: www.confidencialhn.com
Foto 4: www.fmcenteresnoticia.com

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