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di Jean Georges Almendras e José Guzmán*
Circa dodici ore prima dell’avvio del processo contro il Lonko  (capo massimo spirituale delle comunità mapuche della Pu Lof Cushamen) Facundo Jones Huala (in foto), funzionari penitenziari e della polizia della provincia di Chubut, con l’appoggio della Polizia Federale e della Gendarmeria Nazionale, hanno fatto ingresso nel Padiglione 6 del Carcere di Esquel per trasferirlo alla città di San Carlos di Bariloche. Il processo che è iniziato ieri è il secondo procedimento, messo in atto dal potere, a carico del emblematico capo mapuche della Pu Lof Cushamen en Resistencia di Chubut per estradarlo in Cile. A questo proposito le autorità di governo della provincia di Río Negro, eseguendo ordini espliciti del governo centrale di Buenos Aires, Di Mauricio Macrí e del Ministro della Sicurezza Patricia Bullrich, hanno dispiegato un ferreo dispositivo di sicurezza attorno al luogo scelto per lo svolgimento del processo che si presume si concluderà il prossimo sabato 3 marzo. Giorno in cui dovrebbe essere emessa la sentenza definitiva per quanto riguarda l’estradizione in Cile del Lonko Facundo Jones Huala. Da segnalare che nella città di San Carlos di Bariloche sono accorsi i membri delle comunità mapuche, che nutrono alcune aspettative, così come i membri di organizzazioni di Diritti Umani, come l’Asamblea Permanente de Derechos Humanos (APDH), e Nora Cortiñas de Madres de Plaza de Mayo.
Con il trascorrere della giornata, siamo riusciti a raggiungere telefonicamente il Lonko Facundo Jones Huala, praticamente nei minuti previ al suo trasferimento a San Carlos de Bariloche, dove si sta svolgendo il processo di estradizione in Cile disposto dal Giudice Federale Gustavo Villanueva che, nelle ultime ore, ha presentato una estrema misura di restrizioni ai mezzi di comunicazione che possono occuparsi della copertura informativa del procedimento processuale previsto. Infatti, il magistrato ha detto laconicamente che saranno pochi e scelti da lui personalmente i giornalisti che avranno accesso al ginnasio. A questo proposito, è stato comunicato alla segreteria della redazione di Antimafia Dos Mil di essere stata scelta per presenziare al processo come unico mezzo stampa estero, insieme a giornalisti esclusivamente di mezzi stampa argentini.
A questo proposito siamo riusciti, prima di metterci in viaggio per San Carlos de Bariloche, insieme a membri del Movimento Our Voice, ad avere un dialogo telefonico con il Lonko Facundo Jones Huala che ci ha dato modo di conoscere le sue impressioni sull’arbitrario processo prima che iniziasse. Un processo messo in atto incostituzionalmente dai vertici del potere, tenendo conto che nel primo processo a suo carico non furono trovate prove per incriminarlo di atto terroristico, che avrebbe commesso in Cile. Fu assolto da ogni accusa.
Dopo essere stato privato dalla libertà per 245 giorni, dal momento del suo nuovo arresto il 27 giugno del 2017, durante un controllo di routine della polizia, il Lonko Jones Huala ha detto ieri ad Antimafia Dos Mil: “È tempo di rialzarsi. Non siamo noi a mentire. Abbiamo la nostra ragione di essere e i nostri antenati, i nostri spiriti ci accompagnano. Per questo motivo sappiamo che vinceremo, e loro dovranno smettere di esercitare su di noi quella forte pressione”.
“Sul processo bisogna semplicemente essere forti, nient’altro - ha aggiunto -. La nostra convinzione deve essere sempre più integra e intatta. E approfondire il nostro pensiero mapuche, così come le nostre rivendicazioni e la nostra proiezione politica. La nostra proposta come movimento e come nazione mapuche attiva in entrambi versanti della cordigliera. Ci troviamo in un contesto complesso, dove dobbiamo ricordare il nostro compagno Santiago Maldonado e a Rafael Nahuel. Dobbiamo ricordarli”.
Con la fermezza di sempre, il nostro interlocutore, con notevole presenza di spirito, ha proseguito: “Dobbiamo continuare a ricostruirci come nazione mapuche, tanto nel processo come nelle mobilitazioni. Il governo ha paura, non reale, che facciamo terrorismo. Loro hanno paura della verità. Della verità della gente che dorme e che si sveglia sentendosi ancora mapuche e continua a resistere con la sua cultura”.
“Resisteremo e manderemo via quelle miniere, aziende petrolifere, che ci hanno dominato per tanti anni nella miseria. Non bisogna fare un passo indietro. Non importa se ci minacciano. Bisogna seguire l’esempio del ‘peñi’ Rafael che è morto combattendo con le pietre in mano mentre loro avevano le armi. Non possiamo permetterci di cadere e arrenderci. Non possiamo essere indifferenti alla solidarietà del compagno Santiago Maldonado che è caduto per colpa dei winca (bianchi) che inoltre vogliono incolpare noi. È in questo clima che si svolgerà il processo. Il giudice Villanueva diede in qualche modo l’ordine di massacrare Hauel ed è sempre lui ad aver iniziato questo processo di repressione aiutando Gonzalo Cané, la Bullrich e Macri, che dissero che avrebbero dato la caccia ai mapuche e invece sbagliarono e diedero la caccia ad un compagno no mapuche, Santiago. Questo processo si svolge in questo clima e noi lo denunceremo, come denunceremo tutte le repressione contro di noi”.
Per concludere, riguardo il processo, che sarebbe maturato nell’ambito di un dialogo tra la presidente del Cile Bachelet ed il presidente argentino Macri, Facundo Jones Huala ha sottolineato: “La nostra è una lotta di popolo, non è soltanto di Facundo, o di un altro. È una espressione collettiva. Di un popolo che non vuole andare avanti in questo modo. Di un popolo che ha la dignità intatta come l’avevano i nostri antenati".

* Inviati speciali di Antimafia Dos Mil a Bariloche, Argentina

Foto di copertina: pagina12.com

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