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portami via locdi Lorenzo Baldo e Miriam Cuccu - Foto
Dignità. E poi ancora dolore, frustrazione, disperazione. Ma anche rinascita e voglia di riscattare la propria vita in Italia, a Torino, dopo l’inferno della Siria. “Portami via” è tutto questo. E’ un docu-film, ma è molto di più. Dietro la cinepresa c’è Marta Santamato Cosentino, giovane giornalista di Raitre che vive tra Beirut e Milano, esperta di politica e società del Medio Oriente per la stampa nazionale ed estera. Il documentario, autoprodotto dalla stessa Santamato Cosentino e da Gabriella Manfrè per “Invisibile film”, è di quelli che non dimentichi. Un lungo viaggio tra l’Italia e il Libano, tra il mese di aprile e luglio 2016. Lo sguardo di Jamal, 53 anni, siriano rifugiato in Libano, va oltre la telecamera mentre racconta le torture subite nei 115 giorni passati nelle carceri di Homs. “Basta”, sussurra ad un certo punto, quando la commozione sta per prendere il sopravvento. Poi però l’immagine cambia, siamo di fronte al “suo” mare e le parole di quest’uomo tornano a farsi sentire: “Il mare è calore e dolcezza. Però il mare ha due significati. Sì perché normalmente il mare è calore e dolcezza. Ma al giorno d’oggi il mare significa morte”. Il pensiero va ai cimiteri dei nostri mari dove assieme ai migranti muoiono i loro sogni e le loro speranze. Jamal è il padre della famiglia raccontata da questo film dedicato ai corridoi umanitari. La famiglia scelta da Marta è composta da sette persone: assieme a Jamal sua moglie Wejdan di 53 anni, poi la figlia Talaat di 25, mamma di Tarek di un anno e mezzo; Alaa di 21 anni, Khaled di 18; Talal di 14. Sono baci delicati, in più punti del viso, quelli di Talaat per il vecchio patriarca: è il momento del saluto, stanno per partire per l’Italia. L’anziano è in piedi, immobile nel suo dolore ammantato di dignità; mentre la nipote lo bacia con profondo rispetto gli occhi di quest’uomo si bagnano, ma restano aperti, come se volesse seguirli ancora fino a quando scompariranno dalla sua vista. In quel piccolo e immenso gesto d’amore è racchiuso il sogno di questa famiglia di una nuova vita.


I ragazzi della comunità “La Casa di mattoni” osservano in silenzio quelle immagini. Nella saletta adibita a cineforum, in occasione della presentazione del progetto “Terre”, la partecipazione emotiva è tangibile. Sono ancora molte le ferite dell’anima da sanare che questi ragazzi si portano dietro dai loro paesi. A stemperare l’aria ci pensano i coordinatori della comunità e la stessa regista. Tecnicamente il progetto dei corridoi umanitari è frutto del protocollo d’intesa tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale - Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie; Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione; Comunità di Sant’Egidio; Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese. Secondo i report ufficiali i Corridoi Umanitari “promuovono, senza oneri per lo Stato, una campagna di pressione per l'approvazione a livello nazionale ed europeo, di una legislazione che protegga i diritti e la sicurezza dei richiedenti asilo affinché non si vedano costretti ad affrontare illegalmente il mare o la rotta balcanica”. Al di là di protocolli e accordi internazionali, restano uomini, donne e bambini che continuano a scappare dai loro paesi in guerra. Guerre decise all’interno di uno scacchiere internazionale dove le vite delle persone sono merce di scambio, subordinate al mantenimento di uno “status quo” - funzionale alla vendita di armi - che impone una pseudo “democrazia” con la forza.
Eccole le immagini di Jamal e della sua famiglia nella loro nuova casa di Torino. Sorrisi, lacrime di gioia: ce l’hanno fatta. E sono ancora i loro sguardi che attraversano il tempo e lo spazio a rimanere impressi nei fotogrammi. A scuotere il cuore ci pensa la colonna sonora di Saro Cosentino, noto compositore che ha collaborato con prestigiosi nomi della scena italiana e internazionale tra cui Franco Battiato, Ivano Fossati e Peter Gabriel. “L’umanità che sta dentro ogni persona”, è quella che emerge prepotentemente dal film, così come evidenzia uno dei responsabili de La casa di mattoni. “Ho voluto raccontare una storia sola per parlare di persone e non di numeri”, conclude Marta. Una piccola guerriera dalla pelle scura si fa spazio tra i presenti, avrà qualche anno o poco più, vuole correre dal suo papà che, in piedi, appoggiato alla parete, non stacca gli occhi dallo schermo.

Info: La casa di mattoni

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