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caceres zuniga berta c desinformemonosorgIntervista*
di Jean Georges Almendras

Ora la figlia dell’attivista affronta il potere in Honduras

Nelle prime ore del 3 marzo 2016 l’America intera fu scossa fino alle sue profonde viscere. Il sangue delle sue vene aperte già dai primi anni del colonialismo veniva versato ancora una volta, spargendosi freddo su una terra calpestata e sfruttata, ma allo stesso tempo integra e forte nella sua resistenza. L’uccisione di Berta Cáceres in Honduras fece eco in tutto il mondo. La sua lotta, come un seme in terra fertile, ha germogliato nella vita di tutti i popoli oggi perseguitati e repressi con crescente brutalità nella nostra sofferta Latinoamerica. Berta Cáceres, cofondatrice del “Consiglio delle Organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras” (COPINH), attivista e leader indigena della comunità lenca, ha portato avanti una lotta coerente, senza paura di dire la verità, riuscendo a dar filo da torcere alla più grande costruttrice di dighe a livello mondiale, costringendo la Corporación Financiera Internacional, della Banca Mondiale,  ad abbandonare il progetto idroelettrico Agua Zarca. La sua vita è diventata un grande esempio di denuncia contro il capitalismo spietato delle grande potenze in Honduras”.
Così apriva l’amico e collega Matìas Guffanti nella sua intervista alla figlia di Berta Cáceres, la donna che coraggiosamente affrontò il potere che mise fine alla sua vita, ma non alla sua lotta. Una battaglia contrassegnata dalla resistenza agli attacchi di quei criminali che, subito dopo averla uccisa, aprirono le porte affinché la lotta della loro vittima trovasse un successore, ancora più forte: Berta Zúñiga Cáceres, sua discendente lenca, una giovane di 26 anni a cui non mancano consapevolezza e intelligenza, carisma e speranza.
Gli autori materiali e i mandanti dell’assassinio di Berta Cáceres non avrebbero mai immaginato che questa sua figlia avrebbe preso le redini di una lotta militante nei nostri giorni, in difesa della terra e della comunità lenca. Non sospettavano che le denunce dell’attivista uccisa avrebbero fatto da cassa di risonanza di proporzioni oggi inimmaginabili, dentro e fuori le frontiere dell’Honduras, un paese fustigato dal potere che continua a seminare morte e sofferenza, protetto dall’impunità e dall’eterno denaro che tutto finanzia. Persino la fraudolenta rielezione di Juan Orlando Hernández, che, durante tutto il suo precedente mandato, è stato garante degli interessi di Washington in America Centrale.
Andrés Volpe, altro collega e amico, accompagnava Guffanti durante il piacevole dialogo telefonico con Berta Zúniga Cáceres. Una conversazione che ha permesso di ascoltare da lei personalmente il suo sentire e la sua visione delle attività quotidiane. Al primo posto la denuncia continua dei nomi e cognomi dei responsabili degli omicidi di attivisti, una pratica ormai drammaticamente ricorrente.
L’intervista è un sincero interscambio da giovane a giovane, con un’attivista che accomuna tutti i popoli originari dell’Honduras, rappresentante vivente del lascito di una lotta ancestrale. Un’intervista che ci avvicina alle sue idee, alle sue vicissitudini. E all’animo di una donna che sa perfettamente cosa ha nelle mani, i rischi che corre e il significato della sua lotta per la sua comunità e il mondo intero. Lotta che vive e porta avanti, con saggezza, astuzia e sensibilità lenca, che appartiene a tutti i popoli originari che oggi combattono per i loro diritti, la loro cultura, autonomia e libertà, oggi menomata e condizionata dalle ricchezze e dalle lusinghe di un capitalismo perverso.

Berta, puoi spiegare cosa si intende per COPINH?
È un’organizzazione a difesa dei diritti del popolo indigeno lenca, che lotta da circa 25 anni per i diritti territoriali delle comunità locali, emarginate dalla politica e oggetto di una serie di violazioni dei loro diritti. È anche un’organizzazione nazionale articolata con altre organizzazioni di popoli indigeni e movimenti sociali, e si è impegnata anche a livello internazionale nell’ambito di lotta popolare, di lotta per la democratizzazione dei paesi e per le trasformazioni profonde delle società in America Latina. Nel corso della sua storia ha portato avanti una battaglia fondamentale a difesa del territorio e della titolazione comunitaria dei territori del popolo lenca, ma anche per la difesa di tutti i beni comuni che oggi sono diventati beni strategici come i fiumi, il sottosuolo e, a questo proposito, si è trovata ad affrontare latifondisti, imprenditori nazionali, imprese transnazionali e tutta una serie di progetti idroelettrici, di estrazione mineraria e costruttori di parchi eolici. Ha portato avanti azioni contro la militarizzazione del territorio nazionale, per la sicurezza alimentare e per i diritti delle donne. Una lotta da più fronti e, considerando il momento storico, il COPINH è diventato un referente per le battaglie del paese.

Possiamo dire che la vera lotta di questa organizzazione è iniziata dopo il colpo di stato del 2009 contro Manuel Zelaya?
In realtà nasce molto prima, nel 1993, principalmente per la causa delle terre, ma il contesto del 2009 muta la lotta di tutti i movimenti sociali, perché a partire da quelcaceres zuniga berta c copinhondurasblogspot momento la violenza e la persecuzione dello Stato si sono intensificate per quanto riguarda la difesa dei territori. Ciò avviene anche perché la linea politica del colpo di stato mirava a promuovere un modello economico focalizzato nella cessione e nel saccheggio dei territori. Una delle prime misure politiche, a parte la militarizzazione del paese, riguardava il funzionamento dell’attività privata. Nel 2010, dopo il colpo di stato, fu dato il via ad una quantità impressionante di concessioni per grandi opere idroelettriche e minerarie a scapito dei popoli indigeni, perché siamo noi quelli che tuteliamo le risorse dell’acqua e la ricchezza naturale. Quindi il COPINH, insieme ad altre organizzazioni sociali, denuncia ciò che considera un nuovo colpo di Stato. In questo giro di privatizzazioni ci sono state 49 concessioni idroelettriche e un piccolo numero di eoliche, solamente nel territorio lenca. Tra queste c’era quella del fiume Gualcarque con il progetto idroelettrico Agua Zarca, che oggi è diventato un emblema della lotta dell’Honduras ma anche a livello internazionale, perché le aziende costruttrici sono coinvolte nell’omicidio della nostra compagna, la coordinatrice generale Berta Cáceres, mia madre.

Parlando di tua madre, qual è il lascito più importante che ha lasciato a tutti i popoli ed ai suoi figli?
Credo che ci abbia lasciato soprattutto la testimonianza dell’impegno verso il territorio ed il popolo lenca, con le sue profonde lotte. È una causa concreta che abbraccia non solo il tema delle centrali idroelettriche, ma anche quello economico, che alimenta le violenze esterne e interne contro i movimenti. Bisogna costruire una proposta di vita per il popolo lenca, che rispetti la propria cosmovisione, ma che sia anche coerente con i principi che hanno ispirato questa organizzazione. Al giorno d’oggi è già un’importante sfida sostenere il lavoro organizzativo del COPINH, che evidentemente è stato duramente colpito da questo omicidio, ma anche da un processo di criminalizzazione a livello nazionale e che certamente mette in pericolo l’esistenza stessa dell’organizzazione e del progetto politico che ha cofondato Berta Cáceres. Credo che questo sia il suo lascito. La situazione in Honduras in questo momento è abbastanza difficile per la successione di eventi dopo la frode elettorale nelle elezioni nazionali e ci pone di fronte ad una sfida molto importante: quella di ricostruire le istituzioni. Significa ricostruire il paese, perché la corruzione è notevole, le autorità dell’Honduras sono molto spesso acquiescenti e ciò influisce sulla vita del paese, dove il livello di violenza e di repressione è rilevante.

L'attentato contro tua madre ha avuto ripercussioni in tutto il mondo. Di chi è la mano esecutrice di quell'attentato? Alcuni dicono che sia stata una mafia locale, altri che lo stesso governo di Honduras, ed altri ancora perfino che ci sono persone oltreoceano coinvolte nell'assassinio. Cosa ne pensi?  
L'assassinio della signora Berta Cáceres è un caso emblematico non solo per la risonanza, sia a livello nazionale che internazionale, verso un atto che ha offeso moltissima gente, ma anche per la struttura criminale in cui è maturato quell'omicidio, che vede coinvolti tutti gli attori che hai menzionato, strutture o funzionari locali, ma anche strutture nazionali. Noi identifichiamo come motore dell'assassinio l’impresa honduregna DESA, costruttrice del progetto idroelettrico Agua Zarca, che contava su capitali internazionali della Banca di Sviluppo Europeo e della Banca Centroamericana di Integrazione Economica. Effettivamente erano a conoscenza della situazione di violenza attorno al progetto, di cui l’omicidio è solo la massima espressione, a cui si è già arrivati con l'assassinio di altri leader comunitari come quello del compagno Tomás García, ucciso da un militare al servizio dell'impresa nel 2013. Già allora si sapeva della violenza generata dal progetto, ma c’è un particolare: questa impresa è proprietà di una famiglia appartenente all’oligarchia nazionale, che difende il colpo di Stato, una famiglia e la frode elettorale: la famiglia Atala. Proprietaria dell'impresa, ha contatti ad alti livelli con i funzionari attuali, come il Ministro della Sicurezza, che ha gestito la repressione militare contro la popolazione scesa nelle strade dopo la frode elettorale e che ha anche avuto un ruolo importante in questa faccenda. L’impresa, che coordinava le strutture di sicurezza dello Stato, creò anche una struttura locale, una forza paramilitare privata per intimorire la popolazione che resisteva, per intimorire il COPINH e coordinare in parte il piano d’attacco per uccidere la compagna Berta Cáceres. Ci sono attualmente otto persone detenute. Questa fu la risposta dello Stato alla pressione nazionale ed internazionale. Ma queste otto persone non sono le figure di massima responsabilità nell'assassinio. Oggi stesso, con l’informazione a disposizione, sappiamo i nomi, con prove evidenti, dei mandanti e dei massimi responsabili dell'omicidio. Tuttavia, a causa della loro appartenenza a famiglie potenti e della protezione di cui godono da parte dello Stato, questi personaggi non sono stati processati e non vi è alcun procedimento a loro carico da parte delle autorità honduregne. Ci sono più prove a carico di queste persone che di altre ormai incriminate. Ovviamente c’è una grave preoccupazione, ci rendiamo conto che c'è complicità da parte dello Stato per proteggere funzionari coinvolti, e anche un velo di impunità per ostacolare la vera giustizia creando una colonna di fumo attorno alle persone già arrestate. Alla fine del 2017 furono fermati due poliziotti per falsificazione di prove, ma quello è il livello più basso. Ci sono altre persone più importanti e con un ruolo di maggiore rilevanza nell'assassinio.  

C'è una versione sull'organizzazione USAID, appartenente agli USA e attiva in vari paesi dell'America Latina, che sarebbe collegata all'impresa idroelettrica che tua madre denunciava. Ricordo che in un'intervista lei denunciò pubblicamente che gli Stati Uniti trattavano l’Honduras come una piattaforma per lavorare militarmente in altri paesi. Quanta influenza hanno avuto gli USA e le sue organizzazioni nell'assassinio di tua madre e nella situazione attuale dell’Honduras?   
Io credo che questo sia un punto alquanto importante nella denuncia contro le strutture locali, nazionali, e l'avanzamento internazionale che riesce a rimanere un po' invisibile e con le mani abbastanza pulite. Mi riferisco alla partecipazione degli USA nell'omicidio. Credo che ci sia stata. Perché gli Stati Uniti sono stati i primi a legittimare il colpo di Stato a livello internazionale. È uno dei paesi che più ha appoggiato e sostenuto i governi golpisti dell’Honduras con un sostegno economico molto consistente destinato al reclutamento dei corpi di sicurezza, che noi chiamiamo corpi repressivi e, ovviamente, ha avuto un ruolo fondamentale nel garantire l'investimento dell'impresa DESA nel progetto Agua Zarca, reprimendo le comunità. Ma hanno anche una responsabilità diretta attraverso la loro agenzia di cooperazione USAID, che aveva un contratto di reciproca collaborazione firmato con l'impresa DESA.USAID promuoveva la cessione di royalties alle persone che simpatizzavano con il progetto idroelettrico. Era una delle strutture parallele installate di fronte alla comunità, fermamente opposta al piano di lavoro. Un progetto di cooperazione maturato in data molto vicina a quella dell’omicidio, ed ovviamente quelle persone non ignoravano la situazione di violazione dei diritti umani, di persecuzione e di stigmatizzazione che viveva il COPINH da parte dell'impresa DESA. Questo accordo si rompe dopo la forte successiva all'assassinio, perché si cercò di svincolare immediatamente la USAID dalla DESA. Effettivamente, però, la collaborazione c’era, per consentire ed appoggiare un progetto che si sapeva avrebbe violato i diritti delle comunità indigene.

Qual’è la situazione attuale?   
Io credo che le cause strutturali che hanno portato all'assassinio di Berta Cáceres sono da individuarsi nella violazione del diritto di consultazione dei popoli indigeni, nella mancanza di rispetto delle imprese estrattive verso il popolo e nella violenza, la corruzione e la persecuzione che non hanno cambiato niente. La trasformazione a cui aneliamo, e che porterebbe alla collaborazione nella denuncia di un omicidio di questa portata, non è avvenuto. È per questo motivo che oggi ci troviamo di fronte ad una situazione molto difficile: c'è una repressione più aperta e sfacciata, nonostante la vigilanza molto seria della comunità internazionale che però, di fronte al ruolo di paesi come gli USA, che appoggiano un'evidente frode elettorale, perde forza e diventa abbastanza preoccupante perché contribuisce ad intensificare i livelli di violenza. Tuttavia, io credo che tutto il mondo, l’intero movimento sociale, la popolazione, avevano previsto la frode elettorale, considerando i patti politici accordati dal presidente della Repubblica su un progetto politico di saccheggio economico da lui rappresentato, di supporto all'oligarchia più becera di questo paese e, ovviamente degli interessi internazionali. Nonostante le istituzioni siano allineate a quegli interessi, dopo la frode elettorale nessuno si aspettava una reazione popolare tanto incisiva. Noi popoli indigeni ci sentiamo offesi,così come  una parte dei sindacati, ma non c'era la certezza che quel malessere si sarebbe canalizzato a livello nazionale da parte di una popolazione che non è organizzata e nonostante ciò per la maggior parte è scesa in strada. Significa un importante passo avanti per i movimenti sociali, per il paese honduregno, ed è anche molto importante perché noi pensavamo che dopo le festività di fine anno il popolo non si sarebbe sollevato nuovamente contro la frode elettorale, come invece sta facendo.
Le recenti manifestazioni del 12 gennaio dimostrano che un considerevole numero di persone continua a scendere in strada contro il potere politico rappresentato da Juan Orlando Hernández. Io credo che senza dubbio è un'opportunità molto importante, ci avviciniamo allo sciopero nazionale indetto dal 20 al 27 gennaio che è il giorno dell’insediamento di Juan Orlando Hernández e che la gente continua a rifiutare. Diciamo sempre che non ci importa che tutta la comunità internazionale riconosca Hernández come presidente; quello che importa è che il popolo honduregno continui a non accettarlo. Noi speriamo che questi otto giorni di manifestazione dal 20 gennaio nelle strade portino alle dimissioni del presidente della Repubblica, anche se in realtà miriamo a qualcosa di più di un cambio di presidenza. Guardiamo ad una trasformazione profonda e pertanto rimettiamo sul tavolo il progetto di un’Assemblea Nazionale Costituente per l’Honduras, per porre in essere quella riforma integrale delle istituzioni dello Stato. Per questo motivo io credo che stiamo vivendo un momento molto cruciale, che sicuramente avrà come risposta una forte azione repressiva delle forze di sicurezza dello Stato. La gente ha un atteggiamento provocatorio per le strade e fino ad un certo punto ha perso la paura di manifestare e affrontare la violenza dello Stato.  

L'anno scorso ti hanno nominato Coordinatrice del COPINH, e solo una settimana dopo hai subito un tentativo di attentato. Cosa ci puoi dire al riguardo? E perché credi che susciti tanta preoccupazione la lotta che voi state portando avanti contro le persone più potenti del paese?    
L'attentato è avvenuto in data molto vicina alla mia nomina nella nuova coordinazione generale, in una comunità che sta proteggendo l'acqua dove anche l'USAID si vede coinvolta. La comunità stava cercando di ristrutturare il Consiglio Indigeno Comunitario, una struttura organizzativa ancestrale del popolo promossa dal COPINH. Una persona alla guida di un veicolo ha cercato di far uscire di strada me e altre due persone che fanno parte del COPINH. Abbiamo denunciato immediatamente l’attentato e diverse istituzioni di diritti umani ne hanno dato ampio rilievo. La persona è stata identificata ma è ancora in libertà. Questo accade perché non c'è alcuna sanzione contro i responsabili di reati contro le organizzazioni o le persone che ne facciano parte, come è avvenuto nel caso della compagna Berta Cáceres. Lo Stato manda un messaggio di impunità, chiunque può fare quello che vuole. Crediamo che questo faccia parte di un piano per incutere paura nella popolazione, nelle organizzazioni e per paralizzare il nostro lavoro. Gli attacchi sono la risposta all’importante lavoro del COPINH, che sfida al giorno d’oggi il cuore del capitalismo: l’industria estrattiva. Nella nostra zona il COPINH è un referente ed è diventato esempio di lotta e resistenza, assimilata oggi dai popoli di altre regioni impegnati in una lotta frontale contro i progetti idroelettrici, che vede coinvolti i vertici più importanti dell’Honduras. Oggi il nuovo affare è energetico, sostenuto da aziende internazionali dietro il paravento delle economie verdi, delle energie pulite, che noi diciamo essere ricoperte dal sangue di determinate comunità, e non la vera alternativa energetica per le necessità del paese. A questo proposito, il COPINH disturba gli interessi dei gruppi economici, non solo dell'oligarchia ma anche dei proprietari terrieri, che sono funzionari dello Stato e investono in questi progetti, come ad esempio la presidente e deputata del Partito Nazionale Aurora López, un esempio della partecipazione dei funzionari dello Stato, perfino di militari, in questo affare. Ecco che, ovviamente, si vuole far tacere la nostra lotta, distruggerla, ma non ci fermeremo, seguiremo l'esempio della compagna Berta Cáceres, dei compagni e delle compagne uccisi in questo paese.

Come vedi il ruolo dei mezzi di comunicazione in Honduras? Avete avuto il loro appoggio o ricevuto delle critiche?  
caceres zuniga berta c foodfirstI mezzi di comunicazione di massa più importanti a livello nazionale appartengono, giustamente, a queste stesse famiglie. Le televisioni più di rilievo difendono la frode elettorale, la giustificano ed hanno svolto un ruolo importante nella criminalizzazione della protesta. Dicono che siamo gruppi criminali e che quello che vogliamo è il disordine. Hanno avuto un ruolo fondamentale promuovendo questo messaggio a tutta la popolazione honduregna. Tuttavia credo che, di fronte ad una questione così rilevante, i pochi mezzi alternativi e di scarsa portata nazionale hanno preso posizione il 26 novembre, data delle elezioni, e si sono rivelati mezzi molto forti, che sono ascoltati dalla popolazione e che stanno dicendo la verità. I mezzi golpisti hanno infatti pagato con la perdita di molto audience perché, come abbiamo il loro ruolo è uscito allo scoperto, vincolati come sono ad oscuri interessi. Un’altra conquista è aver capito la vera posizione degli USA, che prima non risultava così chiaro per tutta la popolazione honduregna. Poi abbiamo anche le radio comunitarie delle organizzazioni sociali, che dal giorno delle elezioni dicono la verità su tutte le irregolarità avvenute nei seggi elettorali. Questa è stata la prima frode, ma non immaginavamo che ce ne sarebbe stata una seconda con la violazione del sistema di conteggio dei voti a livello nazionale, soprattutto essendo attenzionati in modo importante a livello internazionale. Io credo che il discorso dei mezzi di comunicazione sarà affrontato in futuro, perché nei colpi di Stato i mass media difendono il modello economico della politica di Stato. Sappiamo che in questo settore non esiste una democrazia.

Come possiamo appoggiare la causa del COPINH?  
In molti modi. In Argentina in particolare c’è stato un movimento molto importante di mobilitazione per le strade di fronte all'ambasciata dell’Honduras, così come una corrente molto apprezzata dal COPINH e dalle sue comunità, prima di tutto di denuncia contro l’agire dello Stato honduregno dopo l'assassinio di Berta Cáceres; di denuncia di ogni violazione dei diritti umani che ci tocca vivere perché siamo in strada. Ma rappresenta anche un sostegno al dare visibilità alla lotta delle comunità indigene e di interazione diretta con l'organizzazione. Abbiamo partecipato all'Incontro Nazionale di Donne l'anno scorso in Argentina, nel Chaco, dove abbiamo costatato che esiste un buon livello di informazione da parte delle donne che hanno assistito all'incontro. Si trattava di uno spazio dove è stata denunciata la struttura criminale che aveva architettato l'assassinio: è una prova di sostegno permanente e di riconoscimento di Berta. Io credo che la cosa principale sia denunciare, dare visibilità alla lotta. Ma anche scendere in strada e pretendere dalle autorità honduregne, così come da quelle argentine, che siano identificati e incarcerati  assassini e repressori.

Quali parole lasceresti ai giovani?  
Credo che oggigiorno la gioventù sia stata molto stigmatizzata, costruita come giovani indifferenti, che si preoccupano soltanto delle reti sociali, ma io credo che ci sia un impegno da parte della gioventù di far parte della storia di ogni nostra regione. Così è almeno in Honduras, e giustamente in queste mobilitazioni i giovani sono stati i più provocatori contro le strutture militari, che qui sono molto temute. È stato un gesto importante per spezzare la paura, che molte volte è la causa che paralizza le società. Io credo che la cosa importante sia sentirci in dovere di dare il nostro contributo alla storia, alla trasformazione sociale, e rompere con lo stigma dell'indifferenza; canalizzare tutto questo in azioni concrete, scendere in strada, organizzarci ognuno nel proprio spazio e continuare a sfidare le ingiustizie che si radicano nel mondo, e particolarmente in America Latina. 

*Intervista di Matías Guffanti e Andrés Volpe per il programma “Frecuencia Joven”, del Movimento Culturale Our Voice, trasmesso il 15 gennaio 2018 da FM 92,7, Rosario, Argentina.

Ascolta l’intervista completa in lingua spagnola
20180203 intervista radio rosario Berta

Foto di copertina © desinformemonos.org

Foto a destra © copinhonduras.blogspot.com.ar

Foto in basso a sinistra © foodfirst.org

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