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acosta vilmar 610di Jorge Figueredo
Acosta mandante dell’omicidio Medina-Almada, ma per combattere i rapporti mafia-potere la strada è ancora lunga
Vilmar “Neneco” Acosta condannato a 39 anni di prigione.
Un successo per la giustizia paraguaiana, ma allo stesso tempo una lezione che ci lascia Pablo Medina.
La condanna di Acosta costituisce senza alcun dubbio un fatto storico negli annali della giustizia nazionale. Per la prima volta viene condannato il mandante di un crimine mafioso contro giornalisti.
Dopo vari mesi di incertezza, di nervosismo, di dubbi, timori, stanchezza, di alti e bassi nelle udienze per la famiglia Medina, finalmente si è concretizzata l’emblematica sentenza, non solo contro Vilmar, ma anche contro la narcopolitica.
Nell’uccisione del giornalista Santiago Leguizamón non furono accusati né condannati gli autori materiali, tanto meno i mandanti. In questo caso, avvenuto nel 1991, sin da subito si sospettò del coinvolgimento di uomini di potere nell’omicidio, come l’imprenditore Yamil e l’ex presidente della Repubblica Andrés Rodríguez - considerato uno dei capi del narcotraffico del cartello del Paraguay, dall’epoca della dittatura di Stroessner - Tuttavia, a quel tempo la Giustizia e la Polizia non solo erano sottomesse pienamente ai poteri forti, ma erano complici dei delitti.
Nel caso dell’omicidio di Salvador Medina si riuscì a condannare l’autore materiale, Miliciades Maylin, attualmente in libertà condizionata. Tuttavia, non è stato possibile ad oggi dimostrare con prove certe la responsabilità penale degli autori intellettuali, che fanno anche parte della mafia del narcotraffico e del traffico di legname.
Nonostante questa storica condanna, ciò non è sufficiente per attestare che la giustizia paraguaiana abbia vere intenzioni di combattere il crimine organizzato e la mafia.
Consideriamo che non esiste una politica criminale di Stato, che combatta seriamente le mafie. Ciò è dimostrato dal fatto che abbiamo un codice processuale penale che non ci fornisce gli strumenti moderni di indagine per lottare contro il crimine organizzato ma, al contrario, è strutturato come se i grandi reati fossero soltanto furti di pecore e rapine, come era nel secolo scorso, con un’ideologia giuridica presumibilmente garantista, ma che nella maggior parte dei casi - salvo qualche eccezione - può essere goduta soltanto da chi conta nei circuiti del potere economico o politico.
Il Potere Giudiziario non conta ancora di giudici specializzati contro il crimine organizzato, non sono state create nemmeno delle unità speciali in tal senso, che costituiscano un’equipe solida di lavoro con una metodologia comune. E non esiste un’infrastruttura necessaria alla Polizia Scientifica, come prevede la Costituzione Nazionale, per svolgere al meglio il loro lavoro.
Quindi, con la condanna di Vilmar "Neneco Acosta è stato colpito il livello più basso della narcopolitica, ma siamo ancora lontani dal vedere imputati, e tanto meno condannati, i suoi rappresentanti più alti. Quel terzo livello al quale faceva riferimento a suo tempo in Italia, il magistrato Giovanni Falcone. Quel terzo livello che ha i suoi tentacoli e legami, non solo dentro lo Stato ma all’interno di tutta la società.
Se un giorno riusciremo a processare e condannare i grandi mafiosi infiltrati dentro lo Stato, ci troveremo a processare lo Stato-mafia, e a quel punto potremo veramente vincere la guerra contro le mafie.
Per il momento abbiamo vinto una battaglia, ma la lotta contro la corruzione ed il crimine organizzato è appena iniziata in Paraguay. Dobbiamo diventare centinaia e migliaia di Pablo Medina per poter combattere con vero successo il cancro che ha corroso la maggior parte delle istituzioni dello Stato. 
Non sono sufficienti sentenze emblematiche isolate per sradicare la cultura dell'illegalità, dell'estorsione, delle tangenti, della corruzione, che sono gli strumenti più utilizzati dalle mafie. Abbiamo bisogno di riforme strutturali a livello normativo, del Potere Giudiziario e del Ministero Pubblico, ma anche un sostegno militante dalle diverse organizzazioni civili e sociali, dagli operatori giudiziari onesti ed integri, siano giudici, pubblici ministeri impegnati nella lotta contro il crimine organizzato ed i reati transnazionali.
Perché non è sufficiente stabilire la responsabilità criminale degli autori di delitti mafiosi se poi non si riesce a dimostrare a livello penale i reati commessi dalle autorità politiche. Urge che questi soggetti siano sanzionati dentro il Parlamento o all’interno dei loro partiti per quanto riguarda la loro responsabilità politica.
Solo in questo modo la condanna di Vilmar "Neneco" Acosta rappresenterà un primo passo importante, per vincere la guerra contro le mafie ed i crimini globali, affinché sparisca definitivamente dal paese chi opera all’interno di un sistema criminale mondiale.

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