Giornalista ucciso come il fratello Pablo
di Jean Georges Almendras
A sorpresa, un assassino è tornato in libertà in Paraguay. Si tratta del killer di un componente della famiglia Medina, Salvador, fratello di Pablo Medina, entrambi giornalisti. Il nome del sicario è Milciades Maylin, che sedici anni fa si dichiarò colpevole di aver ucciso a colpi di pistola Salvador Medina in una strada rurale di Capiibary, non lontano dall’abitazione dove il giornalista risiedeva insieme ai genitori.
In modo inaspettato gli è stata concessa la libertà. Come se il delitto da lui commesso fosse stato un semplice reato. La decisione è stata emessa il 12 luglio dal Tribunale di Coronel Oviedo: libertà condizionale 9 anni prima di scontare la sua condanna a 25.
Pochi anni dopo il suo ingresso in carcere il direttore e fondatore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni, facendosi portavoce della denuncia dell’omicidio di Salvador da parte di suo fratello Pablo, andò a trovare Milciades Maylin nel penitenziario dove scontava la sua pena per chiedergli l’identità dei mandanti dell'attentato. Ma, pur accettando l’incontro dentro le mura del carcere, Maylin rimase fedele alla sua omertà. Non rivelò mai i nomi di chi gli ordinò di mettere fine alla vita di Salvador. Maylin, devoto ai codici mafiosi, tenne la bocca chiusa e non denunciò i suoi complici, i quali non hanno mai messo piede in carcere. Complici che hanno goduto il dolce sapore dell’impunità. Quell’impunità eterna che sempre circonda, come un’aureola malefica, la vita dei criminali, seduti nelle poltrone del potere politico, che falciano la vita di uomini giusti, dediti alla causa della verità, della giustizia sociale o alla causa della denuncia del crimine organizzato. Quei complici che oggi, a sedici anni da quell’omicidio, gioiscono nel vedere il loro sicario libero di integrarsi in una società che rende ancora culto al crimine radicato nel potere politico e statale, forti di un’impunità vergognosa e sfacciata.
Salvador Medina, negli anni che precedettero la morte, era letteralmente accerchiato dai criminali che vivevano come lui nella sua terra natale, che lo ascoltavano denunciare le loro attività legate al traffico di legname ed altri reati su radio Ñemity FM. Scelsero Milciades Maylin come il perfetto sicario di turno per compiere il lavoro di “cancellarlo” dalla faccia della terra. Si liberarono di lui in modo che non disturbasse più e servisse ai insegnamento.
Un altro messaggio tipicamente mafioso, per il giornalismo libero, da parte della narco-politica della zona e diretto agli uomini liberi e giusti. Già allora il numero dei giornalisti uccisi per le loro denunce era numeroso e sarebbe notevolmente aumentato ancora negli anni a seguire.
Quel 5 gennaio del 2001, all’età di 27 anni, Salvador Medina cadde in un agguato teso in una strada rurale vicino alla sua abitazione, mentre viaggiava in moto insieme a suo fratello Gaspar, che risultò miracolosamente illeso.
Quel giorno il mortale attacco contro Salvador rappresentò la fase embrionale di una serie di tragedie che avrebbero colpito la famiglia Medina: un anno dopo venne ucciso, sempre per mano di appartenenti al crimine organizzato del narcotraffico locale, un fratello di Salvador: Digno Salomón. Anni dopo, il 16 ottobre del 2014, fu la volta di Pablo.
Sfortunatamente per la mafia paraguaiana, il denominatore comune dei fratelli Medina era quello di opporsi al sistema criminale che dominava la regione, attraverso una lotta frontale contro il crimine, che portò loro alla morte. Un episodio senza precedenti in Paraguay. La coraggiosa lotta dei Medina segnò anche un duro colpo per la società paraguaiana, che non riuscì ad evitare il triplice crimine commesso in tempi, circostanze e protagonisti della malavita differenti, anche se uguali nei collegamenti con il crimine organizzato. Quella essenza maledetta della mafia sempre connivente con il potere di turno in un paese come quello del sempre più dissanguato e massacrato Paraguay.
Oggi, nel mese di luglio del 2017, quando ancora si attende che in Paraguay sia fissata la data del processo per la morte di Pablo Medina (imputato Vilmar “Neneco” Acosta, accusato di essere il mandante della morte del giornalista e della sua assistente Antonia Almada) la notizia della libertà anticipata a Maylin è stato un duro colpo per la famiglia Medina, per il giornalismo libero e per tutti coloro che fanno parte di un’antimafia senza frontiere.
Jorge Figueredo, direttore della rivista ANTIMAFIADosmil, Paraguay, e pubblico ministero, molto vicino alla famiglia Medina, ha commentato così l’inattesa libertà condizionata: “E' così che la mafia protegge i suoi grandi interessi. La giustizia paraguaiana ha tenuto conto semplicemente dei presupposti formali per dare la libertà condizionata a Maylin, come se si trattasse di un delinquente comune, senza tener conto di altri elementi, come ad esempio la sua pericolosità come sicario. Lui non ha attentato semplicemente contro una persona fisica, ma contro la libertà di espressione, contro l’esercizio del giornalismo, con le dovute tutele e garanzie di protezione dello Stato”. Ed ha aggiunto: "La decisione del tribunale non è consone alla gravità del caso di Salvador Medina, che non solo ha colpito la sua famiglia ma tutta la società paraguaiana. Ma questo tipo di risoluzione non sorprende oramai in Paraguay, perché esistono sentenze giudiziarie più politiche che giuridiche che hanno colpito ingiustamente contadini, come nei casi del sequestro ed assassinio di Cecilia Cubas ed il massacro di Curuguaty, tra le tante condanne dure e senza speranza per le quali gli accusati hanno ricevuto la libertà condizionale, solo per il fatto di appartenere ad organizzazioni sociali e civili che vanno contro il sistema politico, sociale ed economico dominante nel paese. Invece, agli assassini legati al crimine organizzato vengono offerte garanzie più ampie ed assolute, violando in questo modo il principio costituzionale di uguaglianza di fronte alla legge, che implica soprattutto uguaglianza di trattamento da parte dell'amministrazione di Giustizia. La risoluzione in questione viene a confermare nuovamente che abbiamo due tipi di amministrazione di legalità: tutte le garanzie per i condannati che hanno forte potere economico e politico o grandi padrini con potere di fatto; ed un disprezzo assoluto per un giusto processo e le garanzie costituzionali per gli imputati poveri o legati ad organizzazioni sociali".
Gaspar Medina, fratello e testimone del crimine, ha manifestato: “Dicevamo sempre con Pablo che non è facile convivere con la paura, perché io ero con Salvador nel momento dell’attentato, e mi diceva che non riusciva a sopportare il dolore delle pallottole assassine e che stava per morire. Non potevo credere che l'assassino condannato ad una pena massima di 25 anni fosse già libero. Non riuscivo ad assimilare la notizia. Sinceramente ho provato panico, sapendo la pericolosità di questa persona. Ma purtroppo questa è la giustizia che abbiamo in Paraguay. Devo confessare che abbiamo paura, speriamo di non correre la stessa sorte dei miei fratelli crivellati a colpi dalla mafia organizzata che ancora oggi regna nel nostro paese. Doveva scontare ancora un terzo della condanna, posso dire con certezza che non dovrebbe applicarsi questa misura ad un pericoloso delinquente. Quindi, se io o la mia famiglia dovessimo soffrire un attentato diamo la responsabilità a Milciades Maylin e alla giustizia paraguaiana”.
Francisco Medina, anche lui fratello di Salvador, ha detto: "La libertà dell'autore materiale del crimine di mio fratello Salvador, prima di finire di scontare la sua pena, la definisco con una frase: 'delusione della Giustizia Paraguaiana'”.
Blanca Páez, moglie di Gaspar Medina, ha detto: "Quello che io posso dire, è che temo per la sicurezza di mio marito e dei miei figli. E che spero Dio interceda e lui non commetta mai più lo stesso errore. Poiché la famiglia è già da tempo che lo ha perdonato”.
Dyrsen Medina, nipote di Salvador e figlia di Pablo Medina, ha affermato: "La notizia della libertà di Maylin mi ha colto di sorpresa. Cioè, non potevo capire perché lo lasciano libero senza scontare gli anni di condanna che gli hanno dato. Per quale motivo ci sono sentenze che non si rispettano? Mi auguro che tutto il tempo che è stato in prigione gli siano serviti per riflettere e pentirsi del suo orrendo crimine e non commetta mai più un tale delitto. Vorrei anche che quando gli daranno l'opportunità di parlare, possa dire chi sono i suoi complici, chi altro c’è dietro l'assassinio di mio zio Salvador e che tutta la verità possa uscire alla luce”.
Da parte sua, Dalma Graciela Medina, nipote di Salvador, ha detto: "Dopo aver appreso la notizia che il signore che attentò contro l’integrità fisica di mio padre e che assassinò mio zio Salvador è libero dopo 16 anni, ho provato una profonda tristezza e soprattutto una preoccupazione estrema per mio papà. In questo momento la sua vita è in pericolo come tutta la famiglia Medina. Chiedo solo a Dio e alla Madonna che ci protegga da quel criminale”.
Inaspettatamente la paura è tornata in seno alla famiglia Medina, e siamo ancora testimoni dell'impunità imperante nel Paraguay. Tempi di impunità che, per noi, sono tempi di resistenza.
Foto di copertina: www.abccolor.com Milciades Maylin al momento della condanna
Foto 2: www.abccolor.com Salvador Medina
Paraguay: libero l'assassino di Salvador Medina
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