di Massimo Gaggi
Il genio militare decide di non autorizzare la costruzione dell’oleodotto nel territorio della riserva indiana di Standing Rock sotto il lago Ohae
New York. La vittoria, dopo un braccio di ferro durato sei mesi, è arrivata di domenica sera: improvvisa, insperata, apparentemente totale. Incerto per mesi sul da farsi davanti alla protesta delle tribù indiane e degli ambientalisti che bloccano fin dalla tarda primavera il passaggio dell’oleodotto Dakota Access sotto il letto del fiume Missouri vicino alla riserva dei Sioux della tribù di Standing Rock, il corpo degli «Engineers» dell’Esercito Usa, praticamento il genio militare, ha deciso di non autorizzare la costruzione di questo controverso tratto dell’opera.
Il giudizio di Trump
Decisione storica ma più politica che tecnica e, forse, reversibile: il 20 gennaio Donald Trump si insedierà alla Casa Bianca. Uscirà di scena il presidente, Barack Obama, che in questi mesi ha più volte riconosciuto come valide le ragioni dei protagonisti della protesta. L’immobiliarista che un mese fa ha vinto le elezioni Usa ha, invece, già detto di essere favorevole al progetto dell’oleodotto che dovrebbe portare il greggio estratto nei giacimenti del bacino di Bakken all’estremo Nord americano, al confine col Canada, fin nel Texas e negli altri Paesi del profondo Sud e del Mid-West americano. Il genio militare, al quale spetta autorizzare anche alcune opere pubbliche civili, gode di ampia autonomia e ha accumulato un patrimonio di credibilità: difficile che Trump, appena insediato, cerchi di obbligare l’«Army Corps of Engineers» a cambiare rotta. Ma i tecnici dell’Esercito si sono lasciati una via d’uscita: hanno riconosciuto che il tracciato della pipeline avrebbe messo in pericolo le riserve d’acqua degli insediamenti della «nazione» indiana del North Dakota e invitato il consorzio che sta costruendo il gasdotto a cambirne il percorso, riservandosi di riesaminare e approvare il progetto non appena sarà stato corretto.
Freddo in arrivo
L’intervento dei militari arriva anche a scongiurare lo scontro tra manifestanti e forze dell’ordine che avevano dato un ultimatum (ignorato) agli occupanti di Camp Oceti Sakowin: avrebbero dovuto sgomberare entro lunedì tende e prefabbricati del villaggio dei ribelli che, tra l’altro, è stato edificato su un prato di proprietà pubblica. Appartiene proprio al genio militare. L’ordine di evacuazione è stato impartito alla fine della scorsa settimana e la motivazione, secondo il Pentagono, non era punitiva ma umanitaria: il campo è coperto di neve già da tempo, ma il «generale inverno» si affaccerà con tutta la sua forza proprio nei prossimi giorni, quando il termometro scenderà fino a meno 16 guardi. Ora non dovrebbe più esserci motivo per tenere in vita il “camp” della protesta difeso, a partire da due giorni fa, anche da migliaia di veterani. Gli ecologisti e le tribù cantano vittoria, ma non si nascondo il rischio di ulteriori ripensamenti del governo: questo significa che nelle prossime ore potremmo assistere a un’evacuazione spontanea, ma probabilmente un presidio resterà comunque in questa valle del North Dakota.
Tratto da: corriere.it
In foto: una giovane indiana nella riserva di Standing Rock (© Reuters)