di Simone Santini
In USA da decenni Trump è un divo della TV popolare in cui ha interpretato nessun altro che se stesso. E conosce bene le dinamiche dei reality. Ecco come...
Dialogo tra persone comuni nell'anno 2070 d. C. circa, in America.
"Ti ricordi di quel tipo veramente figo, Donald Trump? Che vinse quel famoso reality quando eravamo ragazzi".
"Mmmmh sì. The Donald. Stava sempre in televisione, era forte. Ma non vinse un reality, erano le presidenziali".
"Yò man, hai ragione. Non era un reality ma le presidenziali. Beh ma più o meno sono la stessa cosa, no?".
Stavo riflettendo su come sia stato possibile che Donald Trump abbia potuto vincere le presidenziali avendo tutto il sistema mediatico contro di lui. Oltre a tutti gli apparati politici (democratici, ovviamente, ma anche repubblicani) aveva contro tutte le televisioni, i giornali, le star dello show business, il mondo accademico. Insomma, tutta l'intellighenzia americana al gran completo e a ranghi compatti. Eppure, seppur per un soffio, ce l'ha fatta.
Poi, ho avuto una illuminazione. Il Grande Fratello. Ma non Orwell, bensì il gioco televisivo creato da John De Mol per la sua società Endemol. E mi è tornato in mente, udite udite, una edizione del GF italiano di qualche anno fa, in cui vinse un concorrente totalmente "unfit", surreale, guascone, strambo, simpaticissimo e verace ma matto come un cavallo. Un tale che si chiamava Mauro Marin e che poi scomparve dalla circolazione (nel senso del circo mediatico-salottiero).
Ma non è questo che conta. Quello che conta fu la particolarissima dinamica che si sviluppò in quel gioco, in quella edizione. Il Marin se ne usciva spesso con modi del tutto irrituali per la convivenza dentro "la casa" e per le stesse logiche televisive. Gli altri partecipanti al gioco lo individuarono ben presto come l'elemento estraneo di cui sbarazzarsi. Cominciarono l'ostracismo, il mobbing, l'isolamento, gli attacchi sempre più feroci. Tutti uniti contro di lui. Ad ogni puntata nominato per il televoto. E immancabilmente il Marin metteva in fila uno via l'altro, di settimana in settimana, gli altri concorrenti, e gli spettatori da casa li decapitavano. Finché, alla fine, il gioco lo vinse lui.
Scattò una fibrillazione che montò irrefrenabile. Un sentimento di immedesimazione. In fondo chi non si è mai sentito vittima di un gruppo, di una situazione, in cui ti sembra che il mondo intero ce l'abbia con te. Chi non si è mai sentito irrimediabilmente "unfit", eppure, dentro di sé, consapevole che magari sono gli altri, questo mondo ad essere sbagliati, mica tu. E quando ti capita di inciampare in una storytelling del genere all'interno di un grande show popolare, succede che ti identifichi, che ti ci butti dentro e fai vincere Marin. Perché se vince lui, vinci anche tu, almeno per una volta, cazzo!
La metafora l'avrete capita. Non c'è bisogno che ve la spieghi, credo. Ci sono da aggiungere però un paio di considerazioni, perché il raccontino non sembri del tutto banale.
Primo: non è che il meccanismo dell'ostracizzato funzioni sempre. Funziona se coglie "lo spirito del tempo". In quel momento vince lui, ed è un meccanismo dirompente. Ma magari l'edizione dell'anno prima, o dell'anno dopo (come dire, quattro anni prima, o fra quattro anni) sarà tutt'altro meccanismo ad essere vincente: il personaggio mite e rassicurante; quello anticonformista che non accetta le regole; il brillante che risolve i problemi.
Secondo: per gli spin doctor della politica i reality show sono un immenso serbatoio di esperienza sul campo. Si possono valutare scientificamente dinamiche umane che scaturiscono naturalmente, o che a volte possono essere un po' agevolate, ma che forniscono immediatamente un responso. Il televoto è un sondaggio istantaneo che ti dice qual è il candidato che ha vinto o perso. Ti rivela quanto paga un atteggiamento, un modo di essere, oppure un colpo di scena, e quali gruppi sociali sono sollecitati e rispondono. Se stai dietro le quinte, vedi in diretta l'afflusso dei dati mentre i personaggi-candidati agiscono e le cose accadono.
Terzo: oggi il reality show è in onda ininterrottamente H24 sette giorni su sette e riguarda miliardi di personaggi. Siamo noi, e il Grande Fratello sono i social-media. Chi sta dietro le quinte e ha la possibilità di osservare i flussi dei dati, incrociarli, verificarli, interpretarli, ha una visione illimitata sullo "spirito del tempo". Chi detiene i metadati (i big data se vogliamo rimanere agganciati al format) detiene il potere di sapere chi vincerà le elezioni presidenziali americane in maniera molto molto più accurata e precisa di qualunque sondaggio di opinione, controllato da troppe variabili senza alcun controllo.
Donald Trump è un animale televisivo. Da Willy il principe di Bel Air a I Simpson, dal concorso di Miss Universo al mondo del wrestling, giusto per fare qualche esempio, in America da decenni Trump è un divo della televisione popolare in cui ha interpretato nessun altro che se stesso. Ed è un conoscitore sapiente delle dinamiche dei reality o talent show, tanto da averne concepito e condotto uno di enorme successo, per un decennio, The Apprentice.
Sono un convinto assertore del fatto che gli Stati Uniti siano guidati da un'élite. Credo che tutti i presidenti che gli Stati Uniti hanno avuto nella loro storia siano stati espressi da questa élite. Credo altresì che tale élite non sia un blocco monolitico ma sia divisa per bande, ognuna con proprie strategie politiche ed obiettivi o interessi particolari da conquistare o difendere ferocemente. Credo infine che l'élite vincente che ha espresso Donald Trump non abbia mai avuto il minimo dubbio che il proprio candidato stesse prevalendo, anche quando aveva contro tutti gli apparati della banda avversa, anzi, trasformando tale dinamica in un asso vincente.
Alla fine, anche se noi popolo di spettatori abbiamo fatto il tifo per lui, per Trump, perché ci è scattato dentro un qualche meccanismo di identificazione o di rivalsa, non è affatto detto che stia dalla nostra parte. È successo solo che, a 'sto giro, The Donald abbia vinto il Grande Fratello dell'Impero che si disputa ogni quattro anni in America.
Grazie per aver televotato e postato i vostri commenti. Per info sui costi rivolgersi al proprio gestore di telefonia mobile.
Tratto da: megachip.globalist.it