di S.B.
Il Brasile è in crisi. La sua presidentessa Dilma Rouseff è stata sospesa dal proprio incarico lo scorso 12 maggio perché la maggioranza dei senatori ha votato a favore del suo rinvio a giudizio. Sarà giudicata dal Senato per aver mentito sulle dimensioni del deficit di bilancio. Il verdetto è praticamente scontato.
Questi i fatti. Quello che, invece, è volutamente taciuto dai principali mass media è che tutta questa manovra ha il sapore di un golpe. Un golpe bianco. I militari (per ora) non si sono visti. Ma è innegabile che la richiesta di impeachment sa di vendetta più che di strategia politica. Vendetta della classe ricca, bianca che negli anni ha dovuto rivedere – anche se solo in minima parte – l’enorme blocco di privilegi su cui poggiava il proprio benessere a discapito di una moltitudine di miserabili.
Ora il Brasile rischia un’involuzione politica e un arretramento sociale esiziali. La crisi finanziaria ed economica del Brasile con ogni probabilità sarà pagata, ancora una volta, dalle classi più povere. Quella politica sarà oscurata dalla patina luccicante delle Olimpiadi del 5 agosto prossimo a Rio de Janeiro.
La tenuta del Gigante dai piedi d’argilla è garantita fino alle Olimpiadi, ma “chiusa questa parentesi il futuro è nero e i residenti restano ancora una volta i soggetti più a rischio in una guerra che non è la loro. In mezzo a un fuoco incrociato”, testimonia il giornalista Luigi Spera.
Quelli che lui chiama “residenti” sono gli abitanti delle favelas. Sulla condizione delle migliaia di persone che abitano questi gironi della disperazione Spera ha recentemente condotto uno studio sul campo, tradotto in libro Crimine e favelas, edito da Eiffel edizioni.
L’opera è uno spaccato sull’evoluzione del “sistema” favela, dalle origini ad oggi. L’autore ne studia minuziosamente gli aspetti storici, urbanistici, sociali e criminali, senza preconcetti. Analizzata la piaga dilagante del crimine organizzato e di come abbia fatto a prendere possesso delle favelas, Spera si addentra nel cuore della trattazione: il processo di pacificazione delle favelas, attraverso la creazione della Unidade de Policia Pacificadora (Upp), una sorta di Polizia di prossimità che avrebbe dovuto riconquistare la sovranità territoriale di aree completamente in mano ai trafficanti di droga. La favela dal volto umano, secondo i piani: il progetto partì non a caso nel 2008, quando la città si candidò per ospitare i Giochi olimpici 2016.
Spera analizza la politica di pacificazione “olimpica” portata avanti dalle istituzioni con la Upp, che nel tempo, lungi dal rappresentare un progetto di vicinanza e servizi ai residenti, sta fallendo pericolosamente “sia per la tenuta delle strutture democratiche, che per la vita di tutti i cittadini carioca dentro e fuori dalle favelas”, denuncia l’autore.
E’ su questi temi che si gioca la credibilità istituzionale di uno Stato. Il Brasile si sta preparando a offrire al mondo lo spettacolo e il gioco: ne è maestro da sempre. Ma spente le luci delle Olimpiadi se vuole davvero cambiare rotta non può ritrarsi dal pianificare un’indispensabile modifica della politica di sicurezza. Non basta rassicurare il comitato olimpico. Altrimenti il Gigante sprofonderà nella stessa arretratezza da cui era faticosamente uscito con l’arrivo di Lula al potere. Altrimenti sarà violenza, ancora una volta. Quella violenza che nelle favelas si è tornati a vedere, dopo un breve periodo di pacificazione. Luigi Spera lo spiega, lo preannuncia e ci permette di vedere una realtà che il mondo per ora ha scelto di accantonare.
Tratto da: narcomafie.it