di Jean Georges Almendras
Gli hanno teso un agguato a casa sua a Taxco de Alarcón, a nord del Messico.
I soliti codardi hanno crivellato di colpi il giornalista messicano Francisco Pacheco Beltrán, 55 anni, nella notte di lunedì scorso. Né i medici, né tutti i soccorsi arrivati sul posto sono riusciti a salvarlo dalla morte.
Il crimine organizzato del Messico ci ha strappato un collega. Un altro dei nostri è stato ammazzato per il solo fatto di esercitare il proprio diritto di libertà, unica arma in una democrazia messicana marcia. Indubbiamente era diventato molto pericoloso per chi dietro le quinte gestisce le redini dell'illegalità. Un'illegalità logorante che sta minando l'anima di un popolo e che oramai è presente in ogni parte del mondo.
Tutto il giornalismo Messicano piange la sua morte. Lacrime di rabbia, perché il senso di impotenza è forte, e purtroppo la violenza e l'ingiustizia ha vinto nuovamente.
Negli ultimi 15 anni i giornalisti assassinati in Messico sono stati centotré, centoquattro dopo lunedì notte. Senza contare che ci sono ben venticinque desaparecidos di cui non si ha notizia.
Un giornalista messicano scrive: "La libertà uccisa", e non possiamo fare altro che condividere l'amarezza del collega Armando Rojas Arévalo.
La distanza fisica che c'è col Messico non deve portare all'indifferenza, cosa che purtroppo spesso avviene. Perchè l'indifferenza lacera tanto quanto il proiettile che ha ucciso il nostro collega.
Gli uomini e le donne che scrivono, che denunciano, e che accusano il potere ed il crimine organizzato attraverso la radio o la televisione in Messico (o in qualsiasi altro paese), vivono una pressione estrema. Perché? I messicani dicono che la Legge a tutela dei giornalisti è estremamente debole e l'impunità che circonda gli uomini di potere invece si è fortificata all'estremo.
L'orizzonte per la nostra professione è senza dubbio cupo. Basti pensare che in Messico, Ecuador e Nicaragua, lo scorso 2015, abbiamo assistito ad un decadimento precipitoso della libertà di espressione.
Le organizzazioni che difendono la libertà di stampa nel mondo avvertono che il Messico è uno dei posti più pericolosi al mondo per i giornalisti. Addirittura ultimamente le autorità messicane sono restie ad ammettere che gli attacchi sotto forma di minacce o anche di violenza sessuale, contro le colleghe giornaliste siano legati al loro lavoro.
Dopo quest'ultimo omicidio si sono sollevate in tutto il mondo voci di protesta: Irina Bokova, direttrice dell'Unesco, ha detto che questo crimine scalfisce la capacità dei mezzi di comunicazione di portare avanti il loro lavoro e penalizza l'accesso pubblico all'informazione.
Perché uccidono i giornalisti in Messico? Chi ordina questi omicidi? Ecco alcuni dati che cercano di dare una risposta a questi interrogativi: il 73 % degli omicidi vede coinvolti gruppi criminali; l' 8 % militari; il 4 % ufficiali governativi; il 8 % residenti locali.
Le dolorose statistiche di morte dei colleghi ci dicono che le città dove sono stati commessi la maggior parte dei delitti sono: Veracruz, Chiuaua, Tamaulipas, Guerriero, Sinaloa, Oaxca, Durango, Distrito Federal, Estado del Mexico, Michoacán, Nuevo León, Sonora, Cohauila, Jalisco, Puebla, bassa California, Chiapas, Morelos, Quinto Roo, Tabasco.
Le autorità messicane continuano a diffondere nuovi particolare sull’omicidio di Pacheco, Offrendo di volta in volta la versione dei fatti della polizia di turno, con ricchezza di sfumature e vedute. Dicono di essere presenti e diffondono comunicati in cui annunciano presto interventi ed indagini. Si dicono servitori dell'ordine, quando in realtà sembrano essere servitori del disordine.
La domanda è se le autorità messicane riusciranno a infondere la fiducia nei loro cittadini che le indagini in corso aiuteranno a trovare gli assassini materiali ed i mandanti della morte del nostro collega. Ma soprattutto se riusciranno a muoversi nella trasparenza necessaria per recuperare la credibilità tra la popolazione. Questo vorrebbe dire anche volere finalmente intensificare la lotta contro l'impunità regnante in quelle città dove vengono commessi il maggior numero di assassini di giornalisti e degli addetti all’informazione. Io voglio sperare che ce la farà l'autorità messicana anche se il dubbio per molti versi è più che legittimo.
Ogni volta che giunge notizia di un crimine a della morte di un giornalista, è una chiara manifestazione dell'impunità regnante e maledetta nel mondo.
* Foto di copertina: www.elsalvador.com
* Foto interna: www.entornointeligente.com
Assassinato il collega Francisco Pacheco
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