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macchinadi Jean Georges Almendras  
È ormai accertato che l’omicidio della coppia paraguaiana avvenuto nella zona costiera Solymar, (dipartiment  Canelones) Uruguay, del 6 Febbraio scorso, è un fatto tipico di violenza mafiosa, in questo caso strettamente legato al narcotraffico.
Le indagini seguono a ritmo serrato e si presume che gli assassini siano sicari della zona del Cerro, quartiere di Montevideo. La polizia è in possesso di ulteriori informazioni sulla coppia. Lui era imprenditore e sua moglie avvocato ed erano entrati in Uruguay insieme al loro bambino all'inizio del mese. La vittima Ramón Agustín Quevedo Arce di 45 anni - in passato vincolato ad un capo narcos - aveva in corso un processo per traffico di droga in Brasile.  
Come ricordiamo, l'attentato è avvenuto mentre Quevedo, alla guida del suo camioncino Toyota, percorreva il Viale Giannattasio, accompagnato da sua moglie, Claudia Rossana Guerrero Camacho e dal figlio di entrambi di 7 anni. Erano circa le 23:30 quando l’imprenditore, dopo essersi fermato al semaforo in un incrocio, è stato affiancato sul lato sinistro da un automobile di colore grigio – come riferiscono alcuni testimoni -, e si presume che una o due persone abbiano aperto il fuoco con delle armi automatiche attraverso il finestrino. 

Ramón Gerrero è stato colpito da quattordici proiettili, mentre altri due hanno raggiunto la donna seduta accanto. L'uomo è morto all’istante, mentre la moglie è deceduta poco dopo nonostante prontamente assistita.
Il veicolo allo sbando è uscito di strada investendo  una ragazzina di 16 anni - Marcela Artagaveytia - che transitava correttamente sul lato destro della strada insieme ad alcune amiche. La minorenne stava andando ad un ballo giovanile ed è morta sul colpo, mentre il camioncino si schiantava contro una  palo della luce che è caduto sopra lo stesso.
Il bambino seduto sul sedile posteriore ha visto ogni fase dell'attacco, salvandosi per miracolo; in stato di shock, è stato subito soccorso da vicini, medici e poliziotti.
Il fatto, uno dei più gravi degli ultimi anni, maturato nel sottomondo dei narcos, è avvenuto in un viale molto popoloso e frequentato della Ciudad de la Costa, generando un forte impatto nei mezzi informativi di Canelones e Montevideo, ma anche del Paraguay.
Sono subito scattate le indagini da parte della polizia di Canelones, dell’Intelligence e di altri reparti del Ministero dell’Interno, sulla vita della coppia, principalmente sull’imprenditore. È emerso che Quevedo, strettamente legato ad un narco trafficante brasiliano, (identificato con il nome di Tomás Rojas), è stato processato e condannato a 14 anni per narcotraffico, associazione criminale e riciclaggio di denaro sporco.
Si è appresso inoltre che nel 2002 fu arrestato in Brasile insieme ad altre sette persone trovate in possesso di un carico di 235 chilogrammi di marijuana. Per questo reato fu espulso dal paese.  
Le informazioni emerse a seguito dell'attentato fanno ipotizzare che il movente dell’omicidio sarebbe proprio il vincolo di Quevedo con il narcotraffico. Le perizie balistiche e altri indizi fanno presupporre che a premere i grilletti potrebbero essere dei sicari del quartiere Cerro di Montevideo.  
Un aspetto da prendere in considerazione è che Quevedo non si aspettava un attacco. Infatti insieme alla moglie e al loro figlio erano senza armi ne protezione, assolutamente vulnerabili, in vacanza in Uruguay.
L’imprenditore sembrava condurre una vita normale e non immaginava di essere a rischio. Gli assassini conoscevano perfettamente la sua vulnerabilità, e anche la sua routine.  Inoltre, le modalità dell’attacco dimostrano che i sicari erano dei professionisti della violenza.  
C'è un fattore che oltre ad essere estremamente doloroso, potrebbe essere  determinante per gli investigatori: ci riferiamo al figlio della coppia, testimone dell’attentato. Potrebbe apportare alcune informazioni - seppure frammentarie - molto utili. Essendo un minorenne serve l’autorizzazione dell’INAU, e sembra che le autorità paraguaiane stiano ostacolando questa possibilità.
Il bambino ora si trova sotto custodia della polizia e seguito da psicologi, mentre sono in corso le pratiche burocratiche, tramite il Consolato paraguaiano a Montevideo, affinché il piccolo possa rientrare in Paraguay per essere affidato ad una zia che sembra si stia recando adesso in Uruguay.
A margine del fatto di sangue, abbiamo il dolore e l'indignazione della famiglia della minorenne di 16 anni investita dal camioncino. Vicini, parenti ed amici dell'adolescente, non trovavano consolazione all'irreparabile perdita.
Al momento di redigere questo articolo prevale un certo riservo da parte delle autorità che sembra stiano concentrando le indagini nella zona del Cerro ed in altri quartieri di Montevideo, eseguendo perquisizioni alla ricerca di un automobile grigio Toyota, esaminando minuziosamente i filmati delle telecamere di sicurezza dei negozi della zona, così come i rapporti dei periti che hanno esaminato indumenti e oggetti personali delle vittime. Le indagini sul duplice delitto sono la priorità della polizia di Canelones e di Montevideo, nonché dell’Interpol.
In definitiva, sono molti gli interrogativi ancora senza risposta. Ma ciò che è più grave  per  il nostro paese, è se confermassero che gli assassini  fossero uruguaiani. In tal caso dovremmo obbligatoriamente chiederci: quale potente narcos uruguaiano ha deciso la morte dei paraguaiani e perché?  E se così fosse, chi da noi ha un tale potere, influenze ed impunità, per disporre azioni di tale natura?  
 

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