di Pino Cabras
La strage di Parigi del 13/11 non è solo un evento terroristico e spettacolare. È un evento militare di notevole entità, un messaggio che porta la guerra in casa
La tremenda strage di Parigi del 13 novembre 2015 non è solo un evento terroristico spettacolare. È anche un evento militare di notevole entità nel cuore di una grande metropoli europea. Abbiamo già visto in altre circostanze, nel corso degli ultimi 15 anni, una serie di attentati coordinati con precisione e con risorse organizzative capaci di creare forti shock stragisti in grandi città. La macabra contabilità accelera e aumenta ormai la frequenza dei massacri (a Beirut appena ieri).
Anche stavolta si fa notare una manovalanza di assassini che si rifà al jihadismo. Non c'è da stupirsi che essa abbia un peso militare sempre maggiore, essendo una legione di avventurieri istruiti con tecniche sofisticate, schierata su molteplici linee del fuoco geopolitiche, pronta a prestare i suoi servizi per demolire interi Stati, e allo stesso tempo ricca di coperture e sovvenzioni statali, persino degli Stati che ne subiscono le interferenze nella loro sicurezza nazionale. Non si penserà che non abbia conseguenze il fatto che i jihadisti europei arruolati nelle guerre di oggi si contino a migliaia. Si è creato un tipo di soldato che in Libia, in Siria e altrove non si vuole far rispondere alle convenzioni di Ginevra, per poter fare il massimo danno con il minimo di responsabilità.
Ai governanti ci sarebbe da dire: per i vostri sogni neocoloniali dalla tasca avete tirato lo scorpione, non un gattino. Dopo la strage di Charlie Hebdo, fu facile fare una profezia fredda e precisa: «Lo scorpione pungerà ancora in Europa. I governanti europei, fra i più ricattabili e ricattati in ogni campo, subiranno pressioni enormi contro gli interessi dei propri paesi. È l'Impero del Caos che bussa, non l'Islam».
Il Caos ha lambito il presidente François Hollande, preso di peso mentre assisteva alla partita di calcio Francia-Germania, al momento in cui fuori dallo stadio si udivano esplosioni. Il messaggio, data la circostanza, non certo casuale (proprio quella partita...), lo ha sentito sicuramente anche la Germania. E i lanciatori del messaggio non sono certo da cercare fra i soldati-terroristi, che sono meri esecutori. Gli autori si trovano fra i soggetti che vogliono che l'Europa non si sottragga alla grande guerra che si sta preparando. Sono pezzi di classi dirigenti occidentali, turche, petro-monarchiche. Gli sponsor dell'ISIS e del Caos.
Il governo di Angela Merkel sta sempre più prendendo atto dell'efficacia dei bombardamenti russi in Siria, delle divisioni in seno alle classi dirigenti statunitensi e dei rapidi cambiamenti negli equilibri strategici internazionali. Berlino sta dunque cercando di ritirarsi da una battaglia tutto sommato persa e di giocare un nuovo ruolo pacificatore in Siria. Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, punta da settimane a organizzare un incontro del tipo 5+1 (il formato diplomatico che a Vienna ha spinto verso gli accordi per l'Iran) in modo da risolvere il buco nero terroristico che ha investito la Siria. Dentro quello stadio, accanto a Hollande, c'era proprio Steinmeier. Fuori dallo stadio, sui selciati parigini, decine di innocenti ammazzati, lo stato d'emergenza, la solita strategia della tensione. Dentro e fuori dalla fortezza europea, le braci di una guerra che possono incendiarla.
Dove sarà la prossima strage? Un ottimo argomento per l'imminente G-20 di Antalya (Turchia), che inizia domenica.
Tratto da: megachip.globalist.it