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di Jean Georges Almendras - 14 aprile 2015
È poco dire che ci pervade un sentimento di commozione. È poco dire che ci pervade un sentimento di sconforto. È poco dire che ci pervade un sentimento di angoscia.
È deceduto Eduardo Galeano. Questi i titoli dei quotidiani di Montevideo, la mattina del lunedì 13 aprile 2015. Gli stessi titoli nella prima pagina dei quotidiani di tutta l'America del Sud. Dei quotidiani del mondo. La stessa notizia che apre tutti i telegiornali delle radio e delle emittenti televisive in Uruguay, in Sudamerica e nel mondo. Perché è morto un cittadino del pianeta. Premiato, ammirato e meritatamente riconosciuto al di là delle frontiere territoriali.
Eduardo Galeano, un grande protagonista dell'America Latina di questo secolo, riuscendo a trasformarla, ci ha lasciato. La malattia che da tempo lo aveva messo alle strette, ha finito per strappargli la vita. Una vita di forte impegno verso i valori universali, verso l'uomo nuovo, l'uomo che soffre, l'uomo sottomesso, l'uomo oltraggiato e l'uomo che combatte per le cause giuste.
Sin da molto giovane Eduardo Galeano si è avventurato a scrivere, un talento innato che coglieva la saggezza del grande cosmo. Era il suo destino di militante. Il suo compito umano di risvegliare coscienze, attraverso la sua penna, incoraggiando fervidamente le generazioni a comprendere il senso della vita, il senso della lotta sociale ed il senso di denunciare il potere, per smantellare quella corrente nociva dell'impunità che regnava nei giorni delle dittature, così come nei giorni delle democrazie.
Non pochi cittadini dell'America Latina, dell'America Latina ‘delle vene aperte’, sentiranno - sentiremo - la sua assenza, nella quotidiana battaglia contro le ingiustizie e le differenze sociali.
Molte figure come Eduardo Galeano hanno sfilato dietro le quinte della storia dell'umanità, come militanti. E molti di questi esseri hanno già raggiunto l'immortalità. In questo terzo millennio che inizia, il turno dell'addio è toccato a lui. E si sente. Ci commuove. A livello personale e professionale.
Chi era rimasto cieco (e lo è ancora ai valori della convivenza umana, alleandosi con i valori materiali del capitalismo perverso, senza badare se la propria comodità magari si erge sulle fondamenta dell’egoismo, del sangue e della morte) ha costantemente insultato e cospirato contro Eduardo Galeano, come appunto in quei giorni in cui, risiedendo a Buenos Aires, dopo il colpo militare in Uruguay, la “Triple A” lo minacciò di morte. Era redattore di un mezzo stampa negli anni virulenti del terrorismo di Stato impiantato dallo stivale militare argentino.
Ricordo Eduardo Galeano mentre ci incrociamo lungo i corridoi di Canal 4 - scambiandoci due parole - negli anni 90, inizio del duemila, quando ci lasciava la sua voce, la sua figura ed il suo dono di parola, nel programma di Omar Gutiérrez o in altri programmi giornalistici del palinsesto televisivo di diversi canali di Montevideo. Lo ricordo nei suoi interventi televisivi, magistrali ed istruttivi, inseriti in un ciclo di puntate trasmesse da "TV ciudad", prodotto in Argentina.
Più recentemente, lo ricordo manifestando davanti all’ingresso della Suprema Corte di Giustizia il giorno in cui la Giudice Mariana Motta venne letteralmente esclusa dalle indagini su militari che avevano violato i Diritti Umani; lo ricordo ancora pochi giorni dopo in un’altra manifestazione riguardanti lo stesso tema, nella Plaza Libertad di Montevideo.
E ancora molto più vicino ai nostri giorni, ho il ricordo molto vivo della sua adesione alla causa dei paraguaiani, in occasione della manifestazione che abbiamo realizzato in Plaza de la Democracia, ad Asunción, nel novembre dello scorso anno, 2014: “Voglio aggiungere il mio nome alle dichiarazioni di condanna contro le esecuzioni di contadini e giornalisti che stanno seminando orrore nella mia amata terra paraguaiana. Chi come me conosce ed ama questo paese sa per esperienza che è il terrorismo messo in atto dal potere ad agire mascherato per assassinare impunemente coloro che difendono le loro tormentate terre e la loro libertà di espressione”, scrisse per noi nella sua adesione al popolo paraguaiano pochi giorni prima della manifestazione.
Il trascorrere degli anni, e quella meta finale che aspetta tutti noi, appena completato il nostro ciclo biologico, accelerato in questo caso da un cancro ai polmoni, ci hanno portato via Eduardo Galeano all'età di 74 anni. Negli ultimi tempi Galeano si era ritirato esclusivamente al calore della sua casa, insieme a sua moglie Helena, ma non ha mai smesso di scrivere, seppure non ha più partecipato ad incontri pubblici ne concesso interviste. Soltanto lo scorso 1° marzo ha fatto un’eccezione ricevendo nella sua casa il presidente dei boliviani, Evo Morales. Un sforzo sovraumano considerando il suo stato di salute.
Fiumi di inchiostro e migliaia di minuti di televisione saranno dedicati adesso a Galeano nei vari mezzi di comunicazione, e saranno migliaia le riflessioni sulla sua persona e sulla sua prolifica opera di denuncia e di coscienza sociale anche a livello internazionale.
La scomparsa fisica dello scrittore e giornalista Eduardo Galeano, nato a Montevideo il 2 settembre del 1940, rappresenta la scomparsa fisica di una parte della voce dei paesi sudamericani che hanno lottato contro i potenti ed i responsabili di violazioni dei diritti umani, nella sua terra natale e nel suolo sudamericano. La sua scomparsa fisica veste a lutto la coscienza e l'anima di una America Latina, ancora sofferente.
Galeano ha inscenato dibattiti politici, recenzioni, narrative e caricature, sempre con quel suo stile incisivo e diretto. Anni di viaggi, di riconoscimenti alle sue opere, ma anche anni di odi e di attacchi verso il suo pensiero e le sue opere. Anni vissuti da rivoluzionario impugnando i suoi scritti ed i suoi libri come fossero armi, facendosi nemici, ma anche molti amici.
Ma in fin di conti, anni di rincontro con quelle anime che sono entrate in sintonia con la sua essenza di educatore della coscienza, godendo della sua personalità, delle sue espressioni e delle sue opere letterarie.
Anni vissuti da semplice cittadino; da uomo amante della sua compagna Helena, e della sua passione per il calcio, ma sempre espressione di quell'irripetibile umiltà che lo teneva lontano costantemente dell'élite sociale e pacata di quel circolo proprio degli ambiti mediatici al servizio del potere e dell'ipocrisia. Anni di militanza a favore della libertà di espressione, dentro un sistema divoratore di uomini e promotore di violenze.
Si sentirà la sua mancanza nel quartiere Buceo, dove risiedeva; si sentirà la sua mancanza al Café Brasilero del Centro storico; si sentirà la sua mancanza nelle manifestazioni e presidi dove dava il suo contributo di giornalista ed scrittore di denuncia e di impegno, in opposizione ad un sistema conservatore e chiuso in se stesso. Si sentirà la sua mancanza per le vie di Montevideo e del mondo.
Lo rimpiangeremo ognuno di noi che leggevamo, una e mille volte i suoi scritti, arricchendoci con i suoi concetti e con la sua opera letteraria, con quella ammirazione, rispetto e fascino che riserva un discepolo al suo maestro.
Inutile dire che ci si sente come se fossimo stati privati dal compagno di lotta che la società sudamericana più apprezzava.
È poco dire che la sua assenza lascia un vuoto indescrivibile. È poco dire che la sua scomparsa fisica ci obbligherà a raddoppiare le nostre forze affinché i suoi ideali ed i suoi pensieri ci portino al cambiamento dell'uomo di oggi, per trasformare il mondo di oggi. È poco dire che rimarrai in noi, scuotendoci, come hai sempre fatto.
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