di Jean Georges Almendras
Non importa se sarò criticato o messo in discussione. Per quanto il governo dica che l’azione disciplinare nei confronti del giudice Enrique Viana rispetti le norme di Diritto, per quanto si cerchi di distorcere la verità dalle file del governo e in particolar modo dal Ministero dell’Educazione e della Cultura. Per quanto si dicano tante cose per giustificare l’azione disciplinare e per quanto la Procura lo accusa di essere venuto meno nel compimento delle sue funzioni (mancata presenza ad alcune udienze), motivo del provvedimento in questione, riteniamo che la risoluzione adottata dal giudice di Corte Jorge Diaz assomigli più ad un sottilissimo attentato di Stato che ad un’azione disciplinare.
Forse un attentato di Stato che richiama alla mente inevitabilmente il terrorismo dei tempi della dittatura? Forse un attentato di Stato mascherato e inserito nella legalità democratica di un governo progressista? Si sono liberati del giudice Enrique Viana, così come fecero – mesi addietro - con il giudice penale Mariana Mota, colpevole di aver ‘osato’ sfidare con le sue investigazioni il sistema di impunità per arrivare alla verità sui tanti crimini commessi dalla dittatura uruguaiana. Lo hanno tolto di mezzo perché Viana presentò nel 2013 un ricorso di incostituzionalità contro la ‘Ley de Minería de gran porte’ (miniera a cielo aperto). Cosa lo ha spinto ad agire in questo modo? Si è messo in gioco precisamente per quei principi che sono alla base della sua funzione di magistrato pubblico e indipendente, come è giusto che sia e come lui pubblicamente afferma di essere.
Con un colpo di penna, con la celerità di un’automobile di grossa cilindrata, i suoi superiori hanno trovato il pelo nell’uovo per allontanarlo decidendo, all’interno della stessa Procura, che dipende dal Ministero dell’Educazione e della Cultura cancellare un percorso fondato su una profonda consapevolezza e professionalità che da tempo non passa inosservata nella nostra società e che riguarda il medio ambiente e la sovranità nazionale.
Viana è conosciuto in Uruguay e oltre frontiera come il “magistrato verde”, per il suo impegno serio e onesto in cause a favore del medio ambiente (l’“Uruguay naturale” anche se di naturale sta rimanendo ben poco ormai) e a difesa della sovranità nazionale per quanto riguarda i progetti stranieri per lo sfruttamento del suolo uruguayo.
A tale arbitraria azione disciplinare si contrappone la voce popolare e la voce di Viana stesso, a difesa incondizionata di fronte ai soprusi. Subito è nato un gruppo di sostenitori di Viana su Facebook, appena la notizia del provvedimento si è diffusa è stata convocata una manifestazione all’ingresso del Ministero di Educazione e Cultura, in via Riconquista, di fronte al cuore della Rambla Sud di Montevideo, con lo slogan “Toccano Viana, toccano tutti noi”, organizzato dall’Assemblea Pachamama Uruguay, con la collaborazione di diverse organizzazioni che difendono l’ecosistema e la sovranità nazionale. Alla nobile causa si è associato un avvocato anti-sistema e difensore dei diritti dell’uomo, il dottor Gustavo Salle, il quale si è arrampicato su una vetusta muraglia della città che sorge di fronte alla sede ministeriale e ad alta voce, emozionato e indignato, si è rivolto ad una moltitudine di cittadini che esponeva un cartellone con scritto “Ricardo Erlich-Jorge Díaz. Cretini, inutili corrieri, sappiate che Viana non è solo”, e poi ha spiegato nei dettagli i fatti.
Dopo la notifica del provvedimento disciplinare il lunedì 9 giugno Viana fu intervistato dalla stampa e rispondendo ad un giornalista della tv ha affermato di avere appresso la notizia “con tranquillità” e “senza alcuna sorpresa perché mi consta perfettamente l’intenzionalità di privare i magistrati dalla loro indipendenza in Uruguay. Un fatto che denuncio da tempo. Un’intenzionalità già emersa in passato e che si ripresenta nuovamente”.
“Ho messo in discussione diverse decisioni della Corte, purtroppo ci sono molti colleghi disposti a perdere l’indipendenza, ma io non sono disposto a farlo”, ha dichiarato al diario El País, l’11 giugno.
Anche i mezzi di comunicazione hanno dato ampio riscontro alla notizia del provvedimento disciplinare contro Enrique Viana. Ad un giornalista della radio El Espectador il magistrato ha affermato che “quanto accaduto non sorprende, ci sono una serie di inesattezze nel comunicato del Ministero che rientrano in questa litis in atto da tempo. I magistrati hanno un’indipendenza tecnica e da tempo c’è un’intenzione manifesta di eliminarla”.
In riferimento al fatto a lui contestato della mancata presenza ad alcune udienze, Viana ha espresso che “i magistrati hanno potestà di agire come parti. Nell'80% dei casi agiamo da terzi, quando abbiamo l’opzione di presenziare all’udienza o attendere il fascicolo, avendo 20 giorni per pronunziarsi sullo stesso. Siamo tenuti ad essere presenti in casi rilevanti o in quei casi dove la legge lo obbliga, sempre in attesa del fascicolo per studiare nel dettaglio i fatti prima di emettere un verdetto”. “Non presenziare fisicamente a delle udienze – ha aggiunto Viana, è una pratica comune tra i colleghi e si sa che non dipende dal correre da un’udienza all’altra il buon adempimento della propria professione”.
Il magistrato ha dichiarato inoltre alla stampa di portare ancora la toga perché fedele alla propria indipendenza: se questa venisse meno non potrebbe più essere magistrato “ma un agente asservito al potere”. “Sono entrato in magistratura 23 anni fa e il primo sentimento che ho provato è stato di libertà”.
“C’è un interesse manifesto nel trasformare il processo giudiziale, in modo particolare quello penale, e di sottomettere la giustizia ad un unico potere. - ha continuato – Se si esercita potere sul magistrato si ha potere decisionale sui verdetti. Significherebbe la fine della separazione dei poteri, è comunque un’imposizione che viene da molto in alto, oltre le autorità competenti. Se lei domina il ministero pubblico ha voce su chi viene arrestato o meno, ecco perché la garanzia dell’indipendenza tecnica è nella Costituzione”.
Intervistato numerose volte nei giorni successivi al 9 giugno Viana ha escluso categoricamente che le sanzioni abbiano un’origine politica “vengono invece da altre sfere, perché si vuole riformare il processo penale seguendo il modello americano”.
La reazione del Ministero dell’Educazione e della Cultura non si è fatta attendere: “Non esiste alcuna relazione tra l’azione disciplinare e qualunque questione che il dottore Viana abbia avanzato in ambito giuridico”.
Proprio il vice segretario del Ministero Óscar Gómez ha insistito nel precisare che sono stati sei i pubblici ministeri messi sotto azione disciplinare, due di essi nazionali, Enrique Viana e Leonel Franzoni, quattro di dipartimento, come ha riportato El Observador secondo fonti della Procura.
Óscar Gómez ha spiegato inoltre a El Observador che la sanzione intrapresa contro Viana potrebbe prolungarsi per un massimo di sei mesi, sostenendo che “non ha a che vedere con i suoi criteri tecnici, bensì con la sua mancata presenza al posto di lavoro”, puntualizzando di essersi sorpreso dal fatto che si possa in qualche modo mettere in relazione la sanzione con il ricorso di incostituzionalità.
Ma per Viana, non c'è alcun dubbio sulla relazione esistente in quanto ha sollevato diverse questioni lo Stato in più occasioni, ad esempio riguardo l'installazione degli impianti di cellulosa ex Botnia, oggi UPM, e Montes del Plata, e la miniera Aratirí; come anche l’istituto del Bambino e dell'Adolescente in Uruguay (INAU). Solo in materia di protezione ambientale, la sua procura ha avviato circa 60 indagini.
Sempre sulle colonne di El Observador Gómez ha insistito facendo riferimento ad una legge adottata nel 2012: "I pubblici ministeri devono essere presenti in tutte le udienze di loro competenza. L'inadempimento potrà essere oggetto di sanzioni”.
Ancora ai cronisti di El Observador Viana, riguardo l’azione disciplinare nei suoi confronti, ha ribadito che “il Codice Generale Processuale che concede 20 giorni per lo studio degli espedienti se il pubblico ministero non presenzia le udienze, non rientra in questa normativa e, a suo giudizio, regge soltanto quando i magistrati sono parte di una causa o c’è una norma specifica, ad esempio il Codice dell'Infanzia”.
A questo punto Viana potrebbe avviare un’azione legale contro Jorge Díaz, il Giudice di Corte, dopo l’udienza in cui gli sarà comunicata la durata di sospensione della sua carica.
Se prendessimo in considerazione i comunicati ufficiali e le dichiarazioni dei portavoce della Procura dovremmo ritenerci tutti un po’ più tranquilli o almeno soddisfati delle spiegazioni. Tuttavia, la reazione da parte dei cittadini è stata di non accettazione, perché Enrique Viana non poteva restare, né lo è, isolato. È sostenuto da chi ha condiviso (e condivide) l’essenza del suo lavoro di magistrato indipendente. In onore alla verità e per senso di onestà riconosciamo pubblicamente la coerenza del procedere di Viana, pienamente coscienti che la manifestazione all’ingresso del Ministero dell’Educazione e della Cultura costituisce la prova innegabile che Viana, quale magistrato indipendente, ha agito sempre a tutela della sovranità nazionale e non al servizio di interessi confusi e molto distanti dall'etica del pubblico ministero.
Abbiamo l'impressione che il governo adotti un atteggiamento ipocrita nel giustificare la sospensione a Enrique Viana basandosi su appigli tecnici, a nostro intendere alquanto forzati, per toglierlo di mezzo. La sua serietà nello svolgimento della funzione pubblica sembrerebbe nuocere agli interessi del governo, perché difendere quelli dell'Uruguay sovrano e naturale risulta essere alquanto controproducente per gli obiettivi dell'amministrazione Mujica. Perché toglierlo di in mezzo, così come si è fatto con il magistrato Mariana Mota? Perché due persone integerrime professionalmente hanno avuto lo stesso destino? Gli interrogativi emergono spontanei. Le risposte si possono trovare nella lucidità della nostra lotta per la verità, utopica e giusta perché sostiene l’impegno di che hanno valori e ideali, che fanno ombra a uomini che pensano e agiscono senza etica. Che sottilmente e sfacciatamente, dagli scranni del potere o meno, costruiscono e apportano veramente poco alla società uruguaiana. Piuttosto distruggono, corrodono, corrompono. Macchiano le istituzioni o attentano contro di esse, godono della loro abilità nel creare intoppi a chi vive nell’etica, nella trasparenza, nell’onestà, nell'espletare le proprie funzioni pubbliche o private.
Nell'Uruguay di oggi, i magistrati Enrique Viana e Mariana Mota. Nell'Italia di oggi, il giudice Nino Di Matteo ed altri suoi colleghi del pool antimafia. Nell'Italia di ieri, l'assassinio dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nell'Uruguay di ieri, i centinaia di desaparecidos vittime della dittatura i cui boia gustano il miele dell'impunità che li protegge ancora oggi dopo 40 anni.
La storia è costellata di attentati mortali, ideologici, giuridici e di provvedimenti disciplinari a danno di uomini e donne che non fanno altro che il proprio dovere, a loro affidato dai vertici del potere. Lo stesso potere che fa di tutto, sottilmente o sfacciatamente, per ammonirli o eliminarli. Si può quindi finire isolati, allontanati dal proprio cammino con un tratto di penna. Ma è vero anche che altre braccia, menti e cuori si eleveranno. Perché questi magistrati non sono più soli, ma appoggiati da molti altri, tanto in Uruguay - ed in altri paesi del Sudamerica - quanto in Italia, perché se toccano Viana, se toccano un singolo magistrato, toccano tutti.
22 Giugno 2014