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di Guido Caldiron - 14 marzo 2013
«Quando la Chiesa argentina benediceva la dittatura militare». I rapporti della Chiesa con la dittatura di Videla e Massera. Intervista al più noto giornalista argentino Horacio Verbitsky.
Classe 1942, ex peronista, ex montonero, Horacio Verbitsky è un sorta di simbolo del giornalismo e della cultura progressista argentina. Con trent'anni di lavoro di inchiesta alle spalle, di cui una gran parte spesa per ricostruire le tante ombre che ancora celano parte della verità, e delle responsabilità, degli anni della dittatura, ha acquisito la statura di interprete della coscienza civile del paese. Dalle colonne del quotidiano Pagina 12 si è misurato con la corruzione della politica, celebre il suo confronto, finito anche davanti ai giudici, con il presidente Menem, e con "il passato che non passa" dell'Argentina, si tratti del ruolo ancora giocato da alcuni militari coinvolti nella dittatura o in quello, simile, svolto dai vertici della Chiesa locale. In particolare ai rapporti tra i vertici ecclesiastici e il regime militare, Verbitsky ha dedicato due opere, entrambe pubblicate nel nostro paese da Fandango, L'isola del silenzio e Doppio gioco. L'Argentina cattolica e militare, due libri in cui punta il dito anche nei confronti dell'ex arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, eletto ieri al soglio pontificio.

«Ho iniziato ad occuparmi della storia della Chiesa argentina dopo che nel 1994 il capitano di vascello Adolfo Scilingo mi ha raccontato che i suoi superiori avevano giustificato la scelta di eliminare gli oppositori politici gettandoli dagli aerei in volo sull'Oceano, spiegando che la gerarchia ecclesiastica argentina aveva approvato tale metodo considerandolo come una "forma cristiana di morte". Non solo, quell'ufficiale mi ha anche confidato che quando lui o i suoi colleghi tornavano da una di quelle missioni terribili ed erano colti da dubbi o rimorsi, i cappellani militari della Scuola di meccanica della Marina, li tranquillizzavano citando le parabole bibliche che parlavano della separazione dell'erba cattiva dal grano. E' allora che ho capito che dovevo riprendere le mie inchieste sulla Chiesa negli anni della dittatura».

Horacio Verbitsky descrive con tono pacato quella che è stata una delle pagine più terribili della storia Argentina: quei voli della morte che partirono con tragica regolarità dall'Esma, la Scuola militare del nord di Buenos Aires, trasformata nel 2004, per volontà del presidente Néstor Kirchner, in un museo per la memoria dei crimini della dittatura, la promozione e la difesa dei diritti umani. Diverse migliaia, tra i trentamila desaparecidos che i militari argentini hanno lasciato dietro di sé nei lunghi anni della dittatura, tra il 1976 e il 1983, sono passati per le stanze dell'Esma, prima di scomparire per sempre in mezzo al mare. E proprio le rivelazioni di Scilingo, uno degli ufficiali protagonisti di quella tragedia sono alla base di El vuelo, il libro più noto di Horacio Verbitsky e uno dei documenti più straordinari e al tempo stesso terribili sulla stagione del potere dei militari, pubblicato in Italia già nel 1996 da Feltrinelli.

C'è un'immagine, cui fa riferimento in "Doppio gioco", che ha a lungo sintetizzato il legame tra Chiesa e militari in Argentina: quella del nunzio apostolico Pio Laghi che gioca a tennis con il generale Massera, uno dei responsabili, con Videla, del golpe del 1976. Il rapporto tra i golpisti e i prelati fu davvero così stretto?
Voglio citare una vicenda: nel 1979 un campo di concentramento clandestino fu allestito in tutta fretta dai militari in una villa privata di proprietà del cardinale arcivescovo di Buenos Aires, fu fatto per trasferire delle persone che erano state fino al quel momento nei locali dell'Esma. Questo per evitare che la Commissione interamericana per i diritti umani, che era in missione nel paese per indagare sulla sparizione degli oppositori politici alla dittatura, potesse incontrare quei prigionieri, sequestrati del tutto illegalmente. La Chiesa argentina diceva pubblicamente una cosa e ne faceva in realtà un'altra. Per questo il mio libro si intitola Doppio gioco. Dopo lunghi anni di ricerche e dopo aver potuto studiare anche i documenti interni all'Episcopato locale, mi sono reso conto che in realtà la Chiesa in Argentina ha offerto l'ispirazione ideologica, o se si vuole la giustificazione teologica, alle azioni dei militari. Perciò indagare il comportamento e le scelte fatte dalla Chiesa allora significa analizzare un elemento centrale nello sviluppo della tragedia che ha colpito il nostro paese.

Ne "Il volo" lei ha spiegato che il progetto dei militari autori del golpe del 1976 era quello di una "rifondazione" dell'Argentina, basata su una "distruzione del passato", da cui la decisione di eliminare fisicamente gli oppositori. La Chiesa aveva a che fare con tutto ciò?
Certamente. I militari volevano fondare una società basata su ideali che potremmo definire "nazional-cattolici", l'enfasi posta sull'idea di nazione si sposava con il riferimento al cattolicesimo più retrivo. Tutti quelli che non erano cattolici, i liberali, gli ebrei, gli atei o gli agnostici, erano considerati come dei "non argentini", passibili di qualunque sorte, anche la peggiore. E ad una Chiesa argentina che assomigliava a quella spagnola del periodo della Guerra civile che appoggiò e sostenne fortemente Franco, questa ipotesi non poteva che piacere molto.

La sua indagine sulla Chiesa argentina non riguarda però soltanto il passato, nelle ultime pagine di "Doppio gioco" si parla di prelati coinvolti nella dittatura che sono ancora al loro posto. Come stanno le cose?
L'attuale arcivescovo di Buenos Aires e presidente della Conferenza episcopale argentina, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, descriveva altri sacerdoti come "sovversivi" – ho trovato un documento che lo prova negli archivi del Ministero degli Esteri – negli anni della dittatura, quando una simile etichetta poteva costare la vita a chiunque. E non a caso, in seguito si è battuto strenuamente contro la politica di verità, memoria e giustizia intrapresa dai governi democratici del paese.

Una prima versione di questa intervista è stata pubblicata su Liberazione del 2/10/2011

(14 marzo 2013)

Tratto da: http://temi.repubblica.it/micromega-online

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