di Jorge Figueredo - 10 gennaio 2013
Il 5 gennaio 2013 è decorso il 12mo anniversario della morte, ad opera del crimine organizzato, di Salvador Medina Vélasquez, giovane giornalista paraguense di soli 27 anni.
Salvador Medina, classe 1974, può essere considerato uno dei pochi eroi nazionali genuini, che ha dato la sua vita per la ricerca della verità, della giustizia e per la lotta alla criminalità organizzata.
In una società in cui l’idolatrismo di falsi eroi, l’illegalità, la corruzione, il conformismo e il conservatorismo convivono radicati nella società, Salvador Medina era una delle pochi voci bianche e dissonanti che, dai microfoni di un’emittente radiofonica, denunciava coraggiosamente il traffico illegale di legname, la deforestazione, il traffico di droga, i delitti a sfondo mafioso e collusi col potere politico-economico del periodo.
Una nuova coscienza popolare, secondo Medina, era la ricetta per sconfiggere la mafia; una nuova società sarebbe stata possibile attraverso la partecipazione attiva della gente, l’informazione e la denuncia di tutti i mali.
In un’intervista telefonica, il giornalista Pablo Medina, a proposito di suo fratello, disse: “Mio fratello aveva ricevuto permanenti persecuzioni e minacce di morte, nei sei mesi che precedettero la sua morte, ad opera di una potente banda criminale legata al narcotraffico e al potere politico ed economico del Dipartimento di San Pedro”.
“Salvador Medina è stato un rivoluzionario culturale – malgrado fosse odiato dai politici della comunità e addirittura tradito dai colleghi della Radio Comunitaria della quale era direttore – per aver contrastato fortemente l’apatia e la passività, incoraggiando un atteggiamento protagonista ed impegnato”… “La più grande eredità che mi ha lasciato mio fratello è stato il suo valore e il coraggio nella lotta per combattere frontalmente la delinquenza e la corruzione”.
Agnello sacrificale della società che tanto amava e per cui si batteva, era ben consapevole della fine che lo attendeva: “Mi ammazzeranno, mi ammazzeranno, questa gente mi ammazzerà” disse un giorno a suo fratello.
Ma oltre al sacrificio..la beffa. Nessun riconoscimento nazionale, nessuna manifestazione di sostegno e di reazione politica e ben che meno intellettuale e culturale verso questo figura che ha segnato la storia vera del Paraguay tentando di stravolgerla a beneficio dei suoi stessi connazionali.
Un’ennesima vita perduta invano?