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sinkdi Massimiliano Ferraro - 23 luglio 2012
Si chiamano sinkex (sink exercise), un termine militare con cui si indica la pratica di colpire e affondare una propria nave-bersaglio. Per la Marina degli Stati Uniti si tratta di un modo veloce per smaltire le vecchie navi da guerra e permettere allo stesso tempo l’addestramento dei militari all’uso di nuovi armamenti contro un obiettivo reale. C’è solo un problema: i test di sinkex hanno un forte impatto ambientale a causa dei duraturi effetti nocivi degli inquinanti presenti a bordo delle imbarcazioni da far colare a picco.

Per questo motivo suscita polemiche la decisione della US Navy di confermare l’affondamento di tre navi dismesse nel corso delle grandi operazioni militari che si svolgono questo mese al largo delle isole Hawaii. Si tratta della RIMPAC, una importante esercitazione navale svolta ogni due anni, alla quale parteciperanno i mezzi o il personale militare di Australia, Canada, Cile, Colombia, Francia, India, Indonesia, Giappone, Malesia, Messico, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Perù, Filippine, Russia, Singapore, Corea del Sud, Tailandia, Tonga, Regno Unito e Stati Uniti. Nel fitto programma di test previsti, le unità navali Kilauea, Niagara Falls e Concord, saranno i primi vascelli-bersaglio ad essere affondati con siluri, bombe ed altri ordigni, dopo una moratoria sugli esercizi di sinkex di quasi due anni, messa in atto per i discussi effetti negativi sull’ecosistema marino.
Per decenni la Marina americana ha distrutto le sue navi senza che vi fosse alcun controllo sugli inquinanti rilasciati nell’ambiente. Le zone maggiormente interessate da queste operazioni sono state le aree del Pacifico a nord della Hawaii e quelle al largo della costa californiana. Solo negli ultimi dodici anni sono oltre cento le imbarcazioni da guerra affondate dalla Marina Militare USA. In alcuni casi si tratta di portaerei grandi come tre campi da calcio e contaminate da metalli pesanti, policlorobifenili e PBC, come la USS America o la portaelicotteri classe Iwo Jima. Soltanto a partire dal 1999, in seguito alle pressioni esercitate dall’opinione pubblica, l’Environmental Protection Agency (EPA) ha ordinato alla Marina, almeno sulla carta, di rimuovere buona parte del materiale tossico-nocivo presente a bordo delle imbarcazioni in disarmo e di stilare una relazione annuale con la stima approssimativa delle sostanze tossiche presenti.
Come sostanziosa contropartita, l’EPA ha esentato i militari dall’osservanza di alcune leggi federali antinquinamento che vietano espressamente tali pratiche in mare. Nel 2010, lo stop agli esercizi di sinkex era sembrato mettere la parola fine a questa pericolosa pratica militare, un’aspettativa rivelatasi un’illusione in seguito all’annuncio di un ritorno al passato da parte della US Navy. Una sgradita sorpresa che ha scatenato le proteste di molte organizzazioni ambientaliste e il ricorso ad una petizione da parte del Center for Biological Diversity. I militari vengono accusati di violare molti accordi Ocse e diversi trattati internazionali come la Convenzione di Londra sulla prevenzione dell’inquinamento marino, la Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti e la Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti.
”Chiediamo alla Marina di rispettare la moratoria sui sinkex”, ha detto Sé Colby, responsabile del Basel Action Network, ”se le navi continueranno a finire sui fondali sarà troppo tardi per rimediare ai danni procurati alle nostre preziose risorse marine”. Affondare una nave da guerra obsoleta è infatti una pratica altamente pericolosa per via delle sostanze nocive presenti in molti suoi componenti. In linea generale i materiali tossici che possono venire dispersi nell’ambiente sono l’amianto, usato per l’isolamento, le acque stagnanti di zavorra, i refrigeranti dei motori, i metalli usati per la costruzione, gli agenti chimici del materiale antincendio, gli oli e i combustibili e vari prodotti chimici. Tuttavia, per la US Navy il nuovo ricorso agli esercizi di affondamento non è in discussione. I sinkex vengono ritenuti una preziosa risorsa per lo studio e la progettazione delle future navi da guerra. Ma fino a che punto il progresso dell’ingegneria bellica può giustificare la dispersione nell’ambiente di pericolosi inquinanti? La Marina rassicura che nel corso dei test verrà rispettato scrupolosamente quanto previsto dalle direttive dell’Epa, ovvero una distanza della nave bersaglio di cinquanta miglia nautiche rispetto alla costa, in acque profonde almeno seimila metri.
C’è però anche un altro tema ad infiammare il dibattito contro il ricorso ai sinkex: l’enorme spreco di risorse. Si pensi che soltanto le tre navi che verranno mandate a picco questo mese sono composte da circa 38mila tonnellate di acciaio, alluminio, rame e piombo che potrebbe essere riciclato. Questi test non sono quindi soltanto una minaccia per l’ambiente, sottolinano dal Basel Action Network, ”la scelta della Marina di scaricare i suoi veleni nell’Oceano mette anche a rischio centinaia di posti di lavoro nell’industria americana del riciclaggio navale”. E mentre la polemica non si placa, le manovre al largo delle Hawaii sono già cominciate. Dureranno fino al prossimo 3 di agosto e vedranno in azione migliaia di uomini, quarantadue navi da guerra, sei sottomarini e una decina di aerei da combattimento.

Tratto da: eilmensile.it

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