Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

privatizar-megadi Debora Billi - 18 aprile 2012
L'Argentina nazionalizza la sua quota di Repsol. L'antica privatizzazione di Menem torna in mani pubbliche, proprio mentre gli argentini consumano più petrolio di quel che producono.

E' l'argomento del giorno: l'Argentina nazionalizza la sua quota della società petrolifera spagnola Repsol. Orrore e abominio, un esproprio comunista! La Presidenta Kirchner rassicura, ma non ci crede nessuno e sono tutti terrorizzati. Il prossimo passo saranno certamente i gulag: ingegneri petroliferi trascinati in catene nella steppa (steppa??), non vogliamo neppure pensarci per carità.

Oppure, si potrebbe metter giù in un altro modo: l'Argentina si riprende la sua società petrolifera nazionale YPF, venduta agli spagnoli della Repsol durante l'ondata di privatizzazioni liberiste di Menem che ha portato al famoso crack argentino del 2001.

Racconta Gennaro Carotenuto, esperto di cose sudamericane:

Molti anni fa, alla metà degli anni novanta, viaggiai da Buenos Aires a Madrid su di un volo Iberia fianco a fianco con un ingegnere petrolifero dell'AGIP. Mi spiegò molte cose su quell'industria e in particolare mi spiegò quella che già allora era la politica di rapina della compagnia petrolifera spagnola Repsol, che aveva beneficiato, pagando milioni di dollari in tangenti, della privatizzazione a prezzo di saldo della compagnia petrolifera nazionale YPF voluta dal governo Menem nel 1992.

È così che Repsol è diventata una delle più importanti compagnie petrolifere al mondo pur battendo la bandiera di un paese che in sé non possiede una goccia di petrolio. Pagando profumate tangenti ai più corrotti dei politici, profittando fino all'ultimo della stagione neoliberale, imponendo patti leonini sul mercato del lavoro, con uno scarsissimo rispetto per l'ambiente, prosciugando materie prime non rinnovabili dei paesi che ahi loro, avevano aperto le porte.

Vi consiglio di leggere per intero il suo articolo, che ci ricorda come con le "liberalizzazioni" gli argentini si ritrovarono a bere acqua inquinata e a pagare le tariffe telefoniche più alte del mondo. Sappiamo tutti com'è andata a finire: con il crollo finanziario, le rivolte per le strade e la gente alla fame.

Quanto al petrolio argentino, beh, era l'ultimo rimasto in mani private di tutto il sudamerica. Da un punto di vista continentale la mossa è perfettamente logica e direi persino citofonata. Inoltre, anche l'Export Land Model parla da sé: l'Argentina ha appena passato il fatidico punto in cui i consumi interni superano la produzione, e ha assoluto bisogno di gestirsi e investire nei propri giacimenti.

Da un punto di vista globale, invece, è un altro segnale che siamo all'arrembaggio.

Segui Petrolio su Facebook

Foto - Flickr (immagine del 2001)

Tratto da: petrolio.blogosfere.it

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos