Su impulso del senatore Lombardo e delle famiglie delle vittime, la proposta mira a far emergere mandanti e verità nascoste
La morte dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista del World Food Programme Mustapha Milambo, avvenuta in un agguato nella Repubblica Democratica del Congo nel febbraio del 2021, è tornato al centro del dibattito politico e giudiziario italiano. Dopo anni di incertezze, depistaggi e processi inconcludenti, il Parlamento tenta di aprire una nuova via verso la verità, istituendo una Commissione d’inchiesta che possa finalmente fare luce su un delitto rimasto avvolto nelle ombre.
L’agguato è avvenuto nei pressi di Goma, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, una zona instabile e teatro di frequenti attacchi da parte di gruppi armati. Attanasio e Iacovacci stavano partecipando a una missione umanitaria del WFP diretta a visitare un progetto di alimentazione scolastica. Il convoglio, composto da due auto senza scorta armata né protezione ONU, fu attaccato da uomini armati che si presume tentarono un rapimento a scopo di estorsione. Durante l’assalto, Milambo venne ucciso subito, mentre Attanasio e Iacovacci furono portati nella boscaglia. Le indagini successive hanno sempre mostrato numerose zone d’ombra che non hanno mai convinto, anche - e soprattutto - quando le autorità congolesi hanno arrestato alcuni presunti responsabili, accusandoli di omicidio e tentato sequestro.
Oggi, l’iniziativa di istituire una Commissione d’inchiesta, promossa dal senatore Marco Lombardo e sostenuta con determinazione dalle famiglie delle vittime, nasce dal bisogno di superare il muro creato da queste zone d’ombra, con un obiettivo chiaro: avviare un’indagine politica e istituzionale seria che possa ricostruire i fatti, individuare i mandanti e chiarire finalmente le responsabilità. Infatti, la Commissione, se approvata, disporrà di strumenti e poteri d’indagine propri del Parlamento, utili anche per fare luce su altri casi controversi come quello di Mario Paciolla, il cooperante delle Nazioni Unite trovato morto in Colombia nel 2020 in circostanze mai del tutto chiarite.
Il settimanale L’Espresso - che ha dato la notizia e ha seguito il caso fin dall’inizio - ha fatto sapere che sarebbe stato avviato un contatto con una delle sue fonti, la cui collaborazione potrebbe rivelarsi decisiva per comprendere cosa accadde davvero nella missione del 22 febbraio 2021, quando il convoglio del WFP venne attaccato nella regione del Kivu.
Intanto, il pubblico ministero Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo a Roma, sta valutando nuovi elementi forniti dalle parti civili, mentre le famiglie delle vittime non smettono di chiedere giustizia. “A oltre quattro anni dall’omicidio - hanno ricordato il padre di Luca, Salvatore Attanasio, e il fratello del carabiniere, Dario Iacovacci - nessuna verità è stata accertata sui mandanti e sul movente di questa carneficina”.
Fortunatamente, la pressione portata avanti dall’opinione pubblica e da alcune organizzazioni non si è mai spenta. L’associazione Articolo 21, durante la recente marcia PerugiAssisi per la pace, ha rilanciato l’appello per una verità piena, chiedendo al Parlamento di approvare in tempi rapidi la Commissione d’inchiesta. Un’iniziativa che ha trovato eco anche nelle parole di Salvatore Attanasio: “L’omicidio di un ambasciatore e della sua scorta non può essere trattato come un fatto di cronaca nera, ma come un attacco allo Stato e alla sua dignità”.
Foto © Imagoeconomica
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