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Sullo sfondo la corsa per i minerali, l’assalto è avvenuto durante una funzione religiosa. Il Papa esprime “Profondo dolore per l’attacco terroristico

Strage in Congo, 43 civili, tra i quali 19 donne, 15 uomini e nove bambini, sono stati brutalmente assassinati sabato notte a colpi di fucile e machete durante la messa in una chiesa cattolica, sempre a Bunia, nell’Ituri. La regione orientale del Congo è nuovamente sotto choc: la carneficina in questo caso è opera dell’Adf, milizia armata islamista che ha aderenze con l’Isis e infiltrazioni di uomini e armi dall’Uganda. “Diciamo stop alla carneficina, tutti hanno diritto alla vita! Quanti morti dobbiamo ancora sopportare in Congo per arrivare alla pace?”, gridavano ieri i fedeli della comunità di Komanda, durante la cerimonia funebre.
Nonostante due accordi di pace firmati nella regione, non è la religione la causa delle violenze quanto invece ciò che l’African security Analysis definisce “a dangerous mix”, “un mix pericoloso”. Vale a dire la “presenza straniera paramilitare, il riallineamento di milizie armate e il collasso delle alleanze”. L’islam e la persecuzione cristiana, anche in questo caso c’entrano poco o nulla. A dirlo sono gli stessi vescovi congolesi guidati da Fulgence Muteba Mugalu, arcivescovo di Lubumbashi, che, pur dichiarandosi sotto attacco, definisce l’Adf una “associazione terrorista nella costellazione delle nebulose di milizie”. I vescovi rilanciano “un’iniziativa congiunta tra Conferenza episcopale nazionale del Congo e Chiesa Protestante (Église du Christ au Congo)”. Monsignor Muteba Mugalu si chiede poi da chi siano appaltati “questi assassini seriali”.
La Monusco, missione Onu in Congo, ha invitato “i gruppi armati stranieri a tornare nei loro Paesi d’origine e a lasciare le armi senza condizioni”. Il riferimento è alla vicina Uganda. Ma anche al Ruanda, che nel nord Kivu non molla la presa. “Non credo affatto alla narrazione della guerra di religione: direi semmai che il tema è sempre lo stesso: l’approvvigionamento delle ricchezze minerarie”, dice ad Avvenire.it Kitutu, nel Sud Kivu, don Davide Marcheselli, che da tempo è impegnato per i diritti dei lavoratori delle miniere d’oro. “Le milizie terrorizzano la popolazione anche nell’Ituri, più a nord, perché vogliono che la gente fugga via per potersi prendere la terra - ha spiegato -. A stupirmi è più il fatto che in Occidente si gridi allo scandalo solo quando sotto tiro ci sono delle chiese cattoliche che non questa barbarie in sé!”. Marcheselli ha ricordato che nei mesi scorsi gli episodi di violenza non si sono mai fermati.
Secondo Avvenire.it, a muovere i fili della guerriglia è la ricchezza del territorio, a partire dalla conquista di zone di confine piene di oro, coltan, cassiterite. I fiumi di sangue per l’approvvigionamento di terre e sottosuolo si sostiene con l’indottrinamento religioso di giovani miliziani, sfruttando l’odio religioso. Ora, riporta ancora Avvenir.it, per i civili non resta che lasciare le proprie case e andarsene. Esattamente quello che i terroristi speravano di ottenere. “È verosimile che per ‘motivare’ il singolo miliziano, e fargli compiere barbarie come queste, lo si debba indottrinare, anche con motivazioni religiose - ha spiegato don Marcheselli -, ma io distinguerei bene tra ciò che è all’apice della piramide e quello che avviene sul campo, a livello motivazionale”. Per il sacerdote più preoccupante è il continuo invio di armi da fuori, anche da Arabia Saudita e Qatar che foraggiano l’Adf. Poi c’è l’intensificarsi delle tensioni ad Est (tutta la zona di confine con il Ruanda è attraversata da movimenti di milizie e riallineamento di soldati, spiega il quotidiano) proprio dopo la firma dell’accordo di pace tra Ruanda e Rdc. “Ogni volta che c’è stato un negoziato di pace, le cose poi sono peggiorate”, spiega un missionario comboniano a Butembo. Nel frattempo Papa Leone XIV ha rinnovato “profondo dolore per il brutale attacco terroristico avvenuto a Komanda”. Il Papa, concludendo l'udienza generale del mercoledì in Piazza San Pietro, ha poi detto di pregare per le vittime, i feriti e per i cristiani nel mondo "che continuano a subire violenze e persecuzioni". Da Prevost poi un appello a chi ha responsabilità "a collaborare per prevenire simili tragedie". 

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