Marset ha scritto una lettera provocatoria. Per i magistrati del Paraguay è uno dei mandanti dell’omicidio del Procuratore Marcelo Pecci
Ha sbalordito tutti. Sebastián Marset, il più famoso narcotrafficante uruguaiano latitante, ha avuto l'audacia di inviare dall’estero, ad alcuni mezzi stampa uruguaiani, una lettera al fine di intimidire. Marset accusa la giustizia e la società uruguaiana rivolgendosi come se fosse della sua stessa natura. Una missiva in cui punta il dito contro il sistema, mischiando verità a menzogna, provocando dibattito ed in definitiva confusione e sconcerto con il solo fine di manipolare la gente a proprio favore. Allo stesso tempo, in Paraguay, la Procura Generale comincia a ritenerlo uno dei mandanti del delitto del procuratore paraguaiano di origini italiane Marcelo Pecci.
La sfacciataggine e l'arroganza criminale non hanno mai azzardato tanto come oggi. Un affronto simile allo Stato non lo azzardò nemmeno Pablo Escobar durante il suo regno narcos in Colombia.
Marset, a differenza di Escobar, è più subdolo. E’ astuto e cerca di dialogare con la società e con lo Stato, il che, paradossalmente non sarebbe poi così scandaloso dato che ai nostri giorni il tratto di demarcazione tra Stato e criminalità è sempre più sottile. Si potrebbe dire che sono quasi soci, per certi versi.
Soci di un compromesso scarno, e cinico, volto a porre in essere ogni sorta di malefatta, all’ombra dell'impunità, soprattutto, e anche grazie alle abili capacità delle persone coinvolte. Ancora di più quando si tratta di uomini di potere che possono fornire passaporti in un baleno, come avvenuto a Marset, e che possono lasciare fuggire un mafioso italiano dalla prigione come se niente fosse, o rimanere latitante per mesi e mesi, persino anni, come è il caso dello stesso Marset e prima ancora di Rocco Morabito. Ma Cosa Nostra non è stata decapitata, oggi è più viva che mai, e questo lo abbiamo ben chiaro.
Uruguaiano, e con la loquacità propria dell'uruguaiano medio e della malavita, sfacciato e fanfarone, Sebastián Marset ha battuto i piedi maleducatamente, cercando di dire le sue “verità” e cercando l'empatia mediatica ed urbana, il che lo rende ancora più detestabile riguardo un tema che forse l'uruguaiano comune non conosce a fondo, non ha sufficiente conoscenza del problema reale e così rifiutarlo completamente.
C'è in Marset un'aria di romanticismo, di ostilità, di ira, e di ricerca affannosa di farci capire in Paraguay e di passo anche in Uruguay che è innocente, ed inoltre – con puro cinismo –che lui svolge un'attività, come qualsiasi altra, chiedendo ai paraguaiani (e agli uruguaiani) di rispettare il narcotraffico.
Spara una raffica di concetti che ci lasciano a bocca aperta. È evidente non provi un minimo segno di imbarazzo, o pudore, trattandosi di un narcos che conduce questa vita sregolata dal 2018. Una vita fatta di morte e violenza. Quel maledetto universo narco mafioso rappresenta i pilastri della vita di Marset, per quanto pretenda di svincolare sua moglie - in carcere in attesa di processo in Paraguay - da quell'illegalità, presentandola addirittura come innocente. Stesso tentativo di passare come innocente lo fa con la sua persona, nonostante i magistrati paraguaiani stiano addirittura indagando sul un eventuale ruolo di Marset nell’omicidio Pecci.
Il giornalismo dovrebbe ignorare questo individuo, e non dargli conto, non seguire la sua macabra manovra di “innocenza”, e se non possiamo non segnalarlo, allora facciamolo con il dito puntato, come lo facciamo almeno da Antimafia Dos Mil, visto che Marset fa parte di un ingranaggio bestiale che attanaglia non solo il Sud-America, bensì il mondo intero, Italia inclusa. E per quanto ci riguarda voglio ricordare che per esempio in Paraguay la narco politica ha ucciso– a colpi di arma da fuoco - ad una ventina di giornalisti. Tra loro uno della nostra redazione, Pablo Medina.
Purtroppo, però, ci sono anche colleghi, ad esempio in Uruguay - e vorrei sapere con quali parametri e per quali motivi – che hanno presentato a Canal 4 ed all'opinione pubblica, la sua intervista sotto il titolo di “Angelo o demone?” Aprendo così le porte al tentativo di Marset di romanticizzare la sua storia criminale.
Dobbiamo però asserire che quando Marset afferma nella lettera che il Paraguay vive del narcotraffico non dice il falso. Una drammatica realtà del panorama in questione che vede anche i governi coinvolti nel narcotraffico. Ci sono abbondanti prove nella nostra regione e nel mondo, Italia ad esempio. E l’Uruguay? Basta ricordare l'episodio del passaporto dello stesso Marset, la fuga di Morabito, per nominare alcuni casi, e anche le minacce di cui fu oggetto l'ex deputato di Cabilo Abierto, Sebastián Cal. Guardiamo il bosco, non solo l'albero.
E devo menzionare pubblicamente – è nostro dovere visto che siamo nello stesso sentiero di lotta - le parole del mio amico professore di filosofia Pablo Romero, il quale, in una recente intervista a Radio Sarandi, nel programma Las Cosas en su Sitio, affermò con enfasi quanto ripropongo di seguito: “Con Sebastián Marset abbiamo il nostro primo capo narcos internazionale mediatico, la sua vita viene narrata dai media, dal romanticismo, dall'epica della vita narco con ciò che questo implica. Interviste centrali, menzione negli informativi, lettere che fa arrivare alle radio mentre è cercato dall’Interpol, dal mondo intero, conferendo a questi passaggi nei media valori di prodezza, di amicizia, di lealtà. In qualche intervista ha segnalato che la prigione insegna, si presenta anche sempre, in ogni momento, come un padre di famiglia che difende un lavoro come qualunque altro, è arrivato perfino a dire che lui non consumava.
Parla di rispettare, in questa ultima lettera, il narcotraffico, di rispettare il suo lavoro, la sofferenza familiare per colpa di altri ed un costante riferimento che con il denaro si risolve tutto. Tutto questo genera una cultura che irrompe e si insinua nei territori, la narco cultura, che genera un riconoscimento sociale dove la violenza appare inoltre come un tratto di superiorità, un’inversione del senso della vita e la morte, vite veloci, sicari, vite impulsive, una narco cultura che si costruisce da diversi prodotti mediatici. Credo che bisogna capire il potere di seduzione e penetrazione che ha questa cultura tra i giovani.
Porta con sé un fattore negativo, soprattutto nei settori marginali, anche se sempre di più si sta estendendo nei settori di classe media. Impresari che fanno entrare droghe dalle dogane come succedeva in Uruguay, che rispondono a settori di classe media e alta. Lavoriamo su questa linea territoriale con gli adolescenti, è come lanciare una bomba molotov in un campo incendiato, con ragazzini che riscontrano a volte in questi personaggi quel fascino, ed il narcotraffico si presenta come un'alternativa possibile, per sfuggire in molti casi alla precarietà, all'esclusione sociale, nella quale vivono molti dei nostri giovani, i nostri adolescenti”.
Ci sarebbe molto di più da dire, visto che parlare di Marset come elemento criminale richiederebbe più pagine, ma non solamente per elencare l’esteso elenco di delitti commessi, bensì per descrivere tutto quello che lui rappresenta nei nostri giorni, letteralmente uno degli anelli più repulsivi della narcoideologia mafiosa attiva in Sud-America, in connivenza con i gruppi mafiosi italiani, tra questi la 'Ndrangheta. E la sua figura non deve essere un modello, bensì una vergogna nazionale, e come tale affrontarla.
Potrebbe essere mandante del crimine del Procuratore Pecci
Il Procuratore Generale dello Stato del Paraguay, Emiliano Rolón, insieme al procuratore per gli Affari Internazionali Manuel Doldán, ha rilasciato significative dichiarazioni durante una conferenza stampa, segnalando per la prima volta l'uruguaiano Sebastián Marset come uno dei mandanti dell'assassinio del Procuratore Marcelo Pecci, il 10 maggio 2022 in Colombia.
Secondo l’informazione avuta dalla Procuratrice Generale di Colombia, Luz Adriana Camargo, Rolón ha detto che all’interno di questa struttura criminale si destreggiano tre anelli i cui membri parteciparono a questo crimine. Il primo anello sarebbe conformato dagli autori materiali, molti di essi già detenuti ed alcuni condannati. Il secondo anello sarebbe integrato dai mandanti del magnicidio, tra questi Sebastián Marset.
E c’è ancora da arrivare al terzo anello, segnalò Camargo. Esiste anche una ricompensa offerta affinché prossimamente abbiamo una risposta favorevole, ha detto Rolón.
L'incontro tra tutti e due pubblici ministeri generali è avvenuto nel contesto della Riunione Annuale dell'Associazione Ibero-americana di Ministeri Pubblici realizzata a Madrid, Spagna, dove uno dei temi principali è stata la lotta contro il crimine organizzato.
Il Procuratore Generale Emiliano Rolón ha riconosciuto che l'investigazione in Paraguay non riscontra ancora una risposta chiara per quanto riguarda da dove è partito l’ordine di uccidere Marcelo Pecci.
“Abbiamo diverse piste di indagine seguite dall’indagine nazionale, ma non abbiamo ad oggi una risposta chiara sulla paternità intellettuale. Abbiamo detto che alcune linee di indagine si fermavano per mancanza di prove che conducano all’obiettivo fissato”, ha affermato.
Anche il Procuratore Generale Rolón ha riconosciuto che i suoi rapporti con la vedova di Marcelo Pecci sono tesi, poiché Claudia Aguilera in più di un'occasione si è lamentata della mancanza di risultati per arrivare alla paternità intellettuale da parte della Procura paraguaiana: “Noi abbiamo ampiezza di spirito per quanto riguarda l’informazione alla famiglia”, ha detto.
Ha manifestato di essere in buoni rapporti con la madre del procuratore, Maricel Albertini, che è in contatto con Francisco, fratello del pm, e con il padre per cui prova profondo rispetto, non così la moglie.
“Ci sono rapporti tesi con la vedova, ma lei deve capire che informazione non è la stessa cosa che cercare di ottenere dati confidenziali di un fascicolo fiscale. Lo diciamo assolutamente chiaro ogni volta che dobbiamo farlo”, ha puntualizzato.
Lettera di Sebastián Marset in Uruguay
Quasi in contemporanea alle dichiarazioni del Procuratore Generale dello Stato, è stata diffusa da diversi media di Asuncion la lettera del presunto narcotrafficante uruguaiano Sebastián Marset diretta agli Stati Uniti, Uruguay, Bolivia e Paraguay. Il capitolo più lungo è quello rivolto al Paraguay fatto conoscere in principio da una giornalista uruguaiana che l’ha letta integralmente a radio Carve 850 di Montevideo.
Sebastián Marset, attuale latitante internazionale della Giustizia, ha inviato una lettera diretta ai paesi dove è ricercato, ma in particolare si rivolge al Paraguay dove minaccia, insulta e denuncia le autorità dello Stato paraguaiano.
“Voi vivete del narcotraffico, rispettatelo”
Marset, rivolgendosi alle autorità paraguaiane, ha scritto: “Anche voi vivete del narcotraffico in gran parte del vostro paese. Rispettate il narcotraffico, smettete di andare contro la mia famiglia. Avete prigioniera la madre dei miei figli senza neppure una tv nella sua cella, isolata come se fosse una delinquente pericolosa e quella donna non ha commesso nessun tipo di delitto in tutta la sua vita e voi lo avete chiaro”.
“Prima, per emanare ordine di cattura, avete messo organizzazione criminale, narcotraffico e riciclaggio di denaro. Ora che siete riusciti a rinchiuderla lì, è solo riciclaggio e di questo non avete una sola prova perché non c’è mai stato riciclaggio di denaro nel suo nome”.
“Se perseguitate la mia famiglia è bene che abbiate le palle a posto, perché lottare contro fantasmi è difficile, io ho mezza città presa. Non farò niente perché so che il mio problema, con calma e denaro, lo risolvo, ma voi state esaurendo la mia pazienza”.
“L’avete tenuta dieci mesi prigioniera in Spagna, ora le fissano udienza fra sei mesi”.
“La SENAD gestisce la droga che entra ed esce dal paese”
“Voi gestite la droga che entra ed esce dal paese. La SENAD, Segretaria Nazionale Antidroga, principalmente. Daniel Fernández, della SIU (Servizio di Intelligenza Sensibile) che forma parte della Segretaria Nazionale Antidroga… quanti chili portava nei suoi giri. Senza il suo permesso le cose non si facevano, ma è chiaro, siccome è del governo, è un delinquente con diploma. Nessuno gli fa niente. Ma quello è il più grande narcotrafficante del suo paese.
“Se vivete del narcotraffico, rispettate il narcotraffico. Altrimenti vi può andare male. Le uniche prove che hanno contro di me, ed accetto che le hanno perché io non sono bugiardo e neanche mi credo che ho guadagnato il denaro giocando a calcio. Quelle prove non li servono da niente perché hanno violato le leggi di depositare le prove”.
“Per questo vi dico che con tempo e denaro risolverò tutti i miei problemi. Non mi prenderanno mai, perché la loro intelligenza è zero. Voi avete bisogno di infami per catturarmi e quelli che sono al mio fianco sono leali. Potete offrire loro cento milioni di dollari se volete, non mi fa un briciolo di paura”.
“Credete che sono in Venezuela, almeno qui c'è un presidente con gli attributi e tutto il governo è un Narco governo, ma non lo nega né dà potere a quei ‘gringo’, qui si fermano sulla linea e rimangono fermi, non sono come gli ipocriti paraguaiani che leccano i piedi ai ‘gringos’, ma trafficano senza mai smettere”.
“So molte cose per questo vivo non li servo”
“Io so molte cose, forse per questo motivo quando i miei avvocati parlarono con il Procuratore Generale del Paraguay affinché io mi consegnassi e smettessero di disturbare la mia famiglia, non accettarono. Io credo che vivo, non li servo, perché so molte cose che trascinerebbero molti con me. Mi preferiscono morto, ma do loro gratis un consiglio, non lottate con i fantasmi”.
“Se in qualche momento vogliono giungere ad un accordo con me, i miei avvocati possono sedersi ad ascoltare, ma lasciate la mia famiglia in pace. Io so che niente è gratis, ma ditemi la cifra e finiamo con questa farsa”.
Per quanto riguarda l'Uruguay Marset ha scritto: “Sono andato via nell'anno 2018 e mai più ritornato, non capisco che avete con me, perché non vi preoccupate meglio dei problemi del paese e vi dimenticate di me che sono lontano da sette anni”.
Riguardo la Bolivia ha detto: “L'ho detto prima, il narcotraffico è la base della crescita del paese, si sostenta da questo, così tra fantasmi non pestiamoci le lenzuola. Non c’è neanche alcuna prova contro di me e la mia famiglia. Si sono inventati un caso che sto cercando di risolvere con denaro che alla fine di conti è quello che volevano”.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti: “Quei gringos non mi fanno un minimo di paura, glielo dico ben chiaro, ce l’hanno ben chiaro, vogliono anche inventare un caso contro di me, che io nella mia fottuta vita non ho mai parlato di voi, per me non esistete. Quello che abbia fatto quel Federico Santoro, tramite conti bancari, lo ha fatto lui, quello non era il mio lavoro. Se adesso lui è diventato infame che abbia le palle per ammettere che quello era il suo lavoro, io non sono cambiavalute, io gestisco il mio rubro ben fatto e non mi intrometto nei lavori di un altro, mai gli ho chiesto neppure come prelevava i soldi, se lo faceva dagli Stati Uniti, Cina, Cile come dicono, io non l’ho fatto, pertanto non ho commesso alcun reato negli Stati Uniti”.
Foto di copertina: Facebook La Rete
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