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Montevideo. Non c'è posto per il traffico in tutto lo spazio stradale che circonda l'incrocio tra Yackson e l'ultimo tratto di Rivera Avenue. C'è spazio solo per i cittadini che da 30 anni partecipano alla Marcia del Silenzio; il silenzio che frena le rivendicazioni che dovrebbero essere rabbiose e forti, rivolte in primo luogo al potere politico, e a uno Stato che da tre decenni non fa altro che voltare le spalle - in modo quasi sgarbato - alle Madri e ai Famigliari degli Uruguaiani Detenuti e Scomparsi. Non è un caso che in tutte le precedenti edizioni delle Marce l'impronta della rivendicazione del potere politico sia sempre stata presente nello slogan di ogni 20 maggio. E quest'anno è stato più che esplicito “30 volte mai più: ¿Dónde están? (Dove sono?)

“Sappiate adempire” dicono. Un coro che dice tutto. È più che evidente che dopo 30 lunghi anni di attesa, oggi - con un governo progressista all’orizzonte e che pertanto dovrebbe spianare la strada per trovare risposte - si pone l'accento sul “saper adempiere”, ma non tanto per fare un misero esercizio semantico, quanto per ricordare pubblicamente che, data la delicatezza del tema, è ora di agire.

Da parte di chi? Forse da parte dei militari? Io non la vedo così, e sono d'accordo con Elena Zaffaroni che ieri ha detto che non forniranno mai informazioni sensibili sui desaparecidos e sui responsabili. Forse da parte di uno stato che agisca in merito?

In questo caso, credo che siamo meglio orientati. Adempire un governo democratico, come questo governo Orsi, e ancora di più perché è un governo ‘frenteamplista’ (del Frente Amplio)? Sarebbe lecito, anche perché nei quindici anni in cui la sinistra era al potere, credo che il risultato sia stato scarso. Un po' meglio degli altri governi? Sì, è andata un po' meglio, ovviamente perché i partiti rimasti - tradizionali e conservatori - sono tutti funzionali o alla casta militare, o alla cultura dell'impunità, o alla teoria dei “due demoni”, o al negazionismo repulsivo.

Ma i quindici anni del Frente Amplio non sono stati una panacea in termini di risposte: sono stati ritrovati solo sette resti di detenuti desaparecidos; ci sono stati ostacoli nelle istanze di ricerca e ancor più, nelle indagini dei casi contro i repressori, ci sono stati ostacoli a ruota, come ad esempio lo scandaloso episodio di cui è stata vittima la giudice Mariana Mota nel 2013, con la conseguente incriminazione di diverse persone, per il reato di aggressione, solo per aver protestato pacificamente e con altri cittadini fuori dal tribunale - tra cui l'anziano Eduardo Galeano - il loro disaccordo con la sentenza, durante l'amministrazione degli ormai defunti Huidobro e Mujica, rispettivamente ministro della Difesa e presidente della Repubblica.

Quindi chi deve saper adempire? Chi ha fatto poco o nulla per portare pace ai famigliari dei desaparecidos, anno dopo anno, dal sistema politico democratico? O c'è stata molta ipocrisia? O c'è stato un sottofondo di accordi passati che devono essere rispettati alla lettera? Quel che è certo è che la punta dell'iceberg ha continuato a essere l'insensibilità nei confronti di una questione che avrebbe dovuto far parte della politica dello Stato, data la natura stessa del dolore provato da coloro che hanno vissuto la perdita dei propri cari a causa di uno dei crimini più terrificanti, la sparizione forzata.

I nostri desparecidos sono sepolti in strutture militari, alcune situate a 40 minuti o a un'ora da Montevideo, dove si trovano i loro resti. E le risposte sono nelle mani dello Stato, di uomini dello Stato, di militari che fanno parte della società uruguaiana, che vivono in mezzo a noi. Lo Stato ha un potere più che sufficiente per fornire la logistica per una migliore ricerca a un'eccellente équipe di antropologi guidati da una professionista di pari livello, come Alicia Lusiardo; per poter smantellare i demoni che si annidano in una democrazia che non avrà pace finché non si troveranno i desaparecidos, per rendere loro omaggio prima e per dare loro una sepoltura cristiana poi.


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La sera del 20 maggio 2025, migliaia di uruguaiani hanno dato vita alla marcia numero 30. Ancora oggi migliaia di uruguaiani, anno dopo anno, perseverano pacificamente, rispettosamente e silenziosamente in una rivendicazione sommersa dal dolore, a causa dell'indifferenza, prima militare e poi istituzionale presente da 50 anni.

Nelle Marce del Silenzio si è visto - abbiamo visto - la partecipazione di diverse generazioni; centinaia e centinaia di volti giovani; perché le maggioranze presenti, non importa se sotto la pioggia o con i tuoni, erano e sono cittadini liberi, che hanno (abbiamo) discernimento storico e soprattutto sensibilità; e abbiamo anche sentito, con profondo rammarico, la dipartita di madri e nonne avanti negli anni, e anche dovuto alla tristezza.

E a proposito di “cittadini liberi”, quella sera abbiamo visto molti striscioni che riassumono tutto questo; alcuni di essi, ad esempio, che voglio sottolineare: “La verità ci renderà liberi” e un altro, portato dai giovani di Voces Insurgentes: “Basta con le complicità politiche. Fate il vostro dovere. Dove sono? Sensibilità a fior di pelle su tutti i tipi di manifesti, che onorano i nostri desaparecidos e indicano i loro responsabili, molti dei quali impuniti.

Karina Tassino - la donna emblematica, figlia di uno storico desaparecido - che nel giugno 2023 ha dovuto affrontare  una mancanza di rispetto presidenziale in Parlamento, quando il governo Uruguayano ha dovuto riconoscere i crimini contro l'umanità in assenza del presidente Luis Lacalle Pou, recentemente, in occasione di un evento organizzato dal Movimiento Voces Insurgentes nella Ciudad Vieja (su arte e memoria), in qualità di relatore, ha affermato, con buon senso e soprattutto sincerità e coraggio, chiedendo al pubblico: “Perché dobbiamo spiegare che è stato importante, per 50 anni, trovare i nostri desaparecidos?”. E io mi associo e insisto: “Perché?


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La sera del 20 maggio; in questo 20 maggio numero 30, migliaia di persone hanno espresso in libertà - in piena democrazia e ancora con questioni in sospeso - l'urgenza, anche dolorosa che ci fa sanguinare l'anima, di recuperare i resti dei loro cari; quella notte, come sempre, le foto dei nostri desaparecidos sono state esposte sulla base di un unico presupposto: la ricerca della Verità. Quella verità che ci renderà liberi, ma veramente liberi, sinceramente.

La sfida ora è con questo governo entrante, che per la quarta volta entra in campo con una sfida importante, così importante che quella sera migliaia di Uruguaiani hanno ratificato le loro speranze di raggiungere un risultato positivo. Elena Zaffaroni ci aveva detto all'inizio di maggio, in un'attività presso la Escuela Experimental de Malvín, che questo governo aveva mostrato maggiore sensibilità e che ci teneva ancora a galla. Secondo lei, ora dovremo essere tutti testimoni di quanti progressi si faranno o meno per uscire da galla. E dovremo anche essere noi a chiederlo, se possibile quotidianamente.

I diretti protagonisti di questa richiesta trentennale hanno vissuto un'altra notte di mobilitazione silenziosa, desiderosi di risposte, con la speranza di non aggiungere un giorno ancora altre marce. O forse, in mancanza, di raddoppiarle per tutti i 365 giorni dell'anno.

C'è solo un modo per avere la vera libertà e per avere una democrazia piena, e piena di pace. Ed è la giustizia, quindi, che 161 Uruguaiani possano recuperare i loro cari desaparecidos per onorarli come Dio comanda.


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E se siamo arrivati al punto in cui le meschinità della casta militare e del terrorismo di Stato possono essere definitivamente messe da parte dal potere politico (se è davvero così), è perché il potere politico ha ancora una certa dignità.

Riuscire a farlo con le mani sull'aratro potrebbe essere una delle risposte migliori e più sane del governo in carica questa volta, dopo 50 anni di negazione, amnesia e indifferenza. Realizzare questo sarebbe davvero la metamorfosi più lodevole per l'anima di una società che si è trovata ad assimilare con orrore che ci sono persone che sono state torturate e uccise, e che sono state sepolte in proprietà militari, in tombe collettive, in parole povere, che sono in vista del pubblico, e come se nulla fosse accaduto.

Che orrori nel mio Paese!

Foto by Antimafia Dos Mil
  
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