Il sociologo risponde alle critiche di Calenda e chiarisce le vere ragioni che hanno impedito la pace in Ucraina
Fin dai primi giorni della guerra, accanto ai combattimenti, è esplosa anche la consueta ondata di propaganda su giornali e televisioni. Una propaganda iniziata nel febbraio 2022, in parallelo all’invasione russa, che continua ancora oggi, tra polemiche e ricostruzioni spesso sommarie. A riaccendere il dibattito è un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, firmato da Alessandro Orsini. Il sociologo torna a parlare dei negoziati di pace tentati nella primavera del 2022 e mai andati a buon fine. Lo fa rispondendo direttamente agli attacchi ricevuti da Carlo Calenda, che durante una recente puntata della trasmissione radiofonica “Radio Anch’io”, condotta da Giorgio Zanchini, ha criticato il Fatto Quotidiano, sostenendo la versione più accreditata dai media occidentali, secondo cui Zelensky avrebbe abbandonato le trattative perché la Russia si rifiutava di garantire la sicurezza dell’Ucraina.
“Punto uno: la ragione profonda per cui Zelensky si ritirò dalle trattative della primavera 2022 non è stata la mancanza di garanzie di sicurezza per l’Ucraina. La ragione profonda – ha precisato Orsini – è che Zelensky si convinse di poter sconfiggere la Russia sul campo, giacché, nella primavera 2022, l’esercito russo non dava buona prova di sé, in quanto Putin aveva sfondato il fronte con un numero di soldati inferiore alle necessità.” E aggiunge: “Zelensky e la NATO sottovalutarono la Russia, e fu fatale. Ai vari Paolo Mieli basta semplicemente raccogliere le migliaia di dichiarazioni di Zelensky dopo il collasso dei colloqui. Zelensky ha dichiarato, insieme con Giorgia Meloni, che egli avrebbe certamente sconfitto la Russia, costringendola a ritirarsi dai territori occupati. Per raggiungere questo fine, la NATO e Meloni hanno armato la controffensiva ucraina, iniziata il 5 giugno 2023, risoltasi in un disastro colossale”.
Un altro punto che Orsini ha precisato, per ribadire quanto la narrativa dominante sia profondamente sbagliata, riguarda la teoria secondo cui sarebbe stato Putin a impedire all’Ucraina di ottenere garanzie di sicurezza. Quando, invece, la vera responsabilità sarebbe riconducibile alla NATO stessa, la quale si è sempre rifiutata di prendere impegni formali. “Putin non ha nessun potere di impedire a Starmer di inviare al governo ucraino la stessa nota che Chamberlain inviò al governo polacco il 29 marzo 1939: una nota con cui l’Inghilterra, in buona sostanza, si impegnava a entrare in guerra con Hitler in caso d’invasione. Putin – ha proseguito – non può impedire a Macron, Starmer e Meloni di firmare un accordo ‘alla Chamberlain’ con Zelensky. Macron, Starmer e Meloni non vogliono obbligarsi a sparare sulla più grande superpotenza nucleare del mondo. Zelensky ha accusato tante volte la NATO di aver tradito la sua promessa di assorbire l’Ucraina”.
La conclusione è, dunque, veramente amara. A provocare un inasprimento degli scontri e il totale fallimento dei negoziati sarebbe stata, in buona parte, la scelta della NATO di puntare tutto sulla vittoria militare. Questo, infatti, ha spinto Mosca a moltiplicare il proprio sforzo bellico, trascinando l’Ucraina in un conflitto devastante che, paradossalmente, ha rafforzato la posizione della Russia.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Foto © Imagoeconomica
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